Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18140 del 15/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 15/09/2016, (ud. 07/07/2016, dep. 15/09/2016), n.18140

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. ABETE Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14167/2015 proposto da:

G.C. e P.A., elettivamente domiciliati in

Roma, Largo Arenula 34, presso lo studio dell’avvocato Gennaro

Terracciano, rappresentati e difesi, per procura speciale a margine

del ricorso, dall’Avvocato Emanuele D’Alterio;

– ricorrenti –

centro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e

difende per legge;

– resistente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Roma, depositato il 24

novembre 2014.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7

luglio 2016 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che G.C. e P.A. hanno proposto opposizione avverso i decreti depositati in data 18 marzo 2014, con i quali il consigliere designato della Corte d’appello di Roma aveva dichiarato inammissibili le domande di equa riparazione dai medesimi proposte in relazione alla irragionevole durata di un giudizio iniziato dinnanzi al TAR Campania nel 1994, deciso in primo grado nel 2003, proseguito in appello e deciso dal Consiglio di Stato con sentenza del 2 febbraio 2012;

che la Corte d’appello di Roma, in composizione collegiale, ha disatteso le censure degli opponenti – i quali avevano sostenuto che la sentenza del Consiglio di Stato non era stata loro comunicata – sul rilievo che la L. n. 89 del 2001, art. 4, ricollega la decadenza dalla domanda di equa riparazione al decorso del termine di sei mesi decorrente dalla data in cui il provvedimento che conclude il giudizio presupposto è divenuto definitivo, senza condizionare il decorso del termine alla comunicazione del provvedimento conclusivo;

che per la cassazione di questo decreto G.C. e P.A. hanno proposto ricorso sulla base di un unico motivo;

che l’intimato Ministero non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza;

che con l’unico motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4, art. 136 c.p.c., artt. 39 e 136 c.p.a.) i ricorrenti sostengono che il ricorso avrebbe dovuto essere considerato tempestivo, atteso che i loro difensori nel giudizio dinnanzi al Consiglio di Stato sono venuti a conoscenza della sentenza solo casualmente nel settembre 2013, in quanto la comunicazione di cancelleria ai sensi dell’art. 136 c.p.c., a mezzo PEC, era mancante della prova dell’avvenuta ricezione da parte del destinatario; che, d’altra parte, la stessa Corte d’appello di Roma in un altro giudizio di opposizione della L. n. 89 del 2001, ex art. 5-ter, relativo al medesimo giudizio presupposto, ha ritenuto ammissibile il ricorso in quanto il solo dato certo era costituito dalla certificazione del funzionario del Consiglio di Stato, in data 4 febbraio 2014, con la quale si attestava la mancata consegna al difensore dell’appellante dell’avviso di pubblicazione della sentenza;

che il ricorso è fondato;

che questa Corte ha avuto modo di affermare il principio, condiviso dal Collegio, per cui “in tema di irragionevole durata del processo, il termine della domanda di riparazione, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 4, decorre solo da quando la parte ha avuto conoscenza del provvedimento che definisce il giudizio presupposto (nella specie, solo dalla comunicazione e non dal deposito della sentenza di cassazione), valendo il principio per cui il decorso del termine di un atto presuppone che l’interessato conosca il dies a quo” (Cass. n. 21294 del 2015; Cass. n. 23789 del 2004);

che, nella specie, il ricorrente ha dedotto la mancata comunicazione dell’avvenuto deposito della sentenza del Consiglio di Stato che ha definito il giudizio presupposto e la Corte d’appello di Roma si è discostata dall’enunciato principio;

che al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 7 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2016

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