Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1814 del 24/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 24/01/2017, (ud. 07/12/2016, dep.24/01/2017),  n. 1814

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5081-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, CF. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA dei PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VESTRICIO

SPURINNA 105, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA GALLINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA FABRIZIO SOLIMINI giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 107/11/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA PUGLIA, emessa il 18/10/2013 e depositata il

14/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti di D.B.M. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia n. 107/11/2013, depositata in data 14/11/2013, con la quale in controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanza del contribuente (medico di base convenzionato con il SSN di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal 2005 al 2008 – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame del contribuente, hanno sostenuto che il medico di base convenzionato deve essere considerato “un lavoratore parasubordinato, che partecipa ad un sistema certamente non autonomamente organizzato, in quanto la sua capacità contributiva non aumenta in relazione ad eventuali elementi organizzativi dello studio medico”; nella specie, ciò risultava confermato, in quanto anche i compensi a terzi “non attengono a lavoratori dipendenti… bensì soltanto alle spese di gestione dello studio professionale utilizzato per l’esercizio dell’attività medica”.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 e art. 2697 c.c., avendo i giudici della C.T.R. trascurato di dare il giusto rilievo alla presenza di uno studio professionale e di compensi corrisposti a terzi per prestazioni direttamente afferenti l’attività professionale, nonchè di spese e consumi non indifferenti. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta, poi la nullità della sentenza, sempre ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4, non avendo i giudici della C.T.R. spiegato le ragioni per le quali i dati emergenti dalle dichiarazioni dei redditi del contribuente non fossero sufficienti a dimostrare l’esistenza dell’autonoma organizzazione. Infine, con il terzo motivo, la ricorrente denuncia l’insufficiente motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, circa un punto decisivo controverso, rappresentato sempre dagli elementi risultanti dalla dichiarazione presentata dal contribuente.

2. La prima censura e infondata.

Questa Corte a Sezioni Unite, (Cass. n. 451/2016) ha poi, di recente affermato il seguente principio di diritto: – Con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2 – il cui accertamento spetta al “giudice di merito ed e insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente; a sia, sotto qualsiasi forma, responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”.

Con riguardo specifico all’impiego non occasionale di lavoro altrui, costituente una delle possibili condizioni che configurano l’esistenza di un’autonoma organizzazione, questa Corte (Cass. 23761/9010; Cass. 22674/2014) ha inoltre già affermato che è soggetto ad irap il professionista che, per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività, eroga elevati compensi a terzi, restando indifferente il mezzo giuridico utilizzato e, cioè, il ricorso a lavoratori dipendenti, a una società di servizi o un’associazione professionale.

Ora, la sentenza della C.T.R. e conforme a detti principi di diritto, avendo i giudici d’appello affermato, al di là delle iniziali considerazioni sulla qualità di lavoratore parasubordinato del medico di base, che l’attività professionale non era assoggettabile ad IRAP, in assenza di una “autonomia organizzativa”, atteso che i costi per compensi a terzi erano esclusivamente attinenti a spese di gestione dello studio professionale; comunque detti Costi non possono ritenersi elevati alla luce di quanto riportato anche dalla ricorrente in ricorso (essendo indicate tra gli 11.000,00 ed i 14.000,00 Euro l’anno). Nè risulta la presenza di lavoratori dipendenti ovvero di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile.

3. La seconda censura è ugualmente infondata, avendo i giudici della C.T.R. palesato le ragioni della decisione, non incorrendo nel vizio denunciato di motivazione del tutto omessa o apparente.

4. Il terzo motivo e inammissibile, in quanto viene censurato, ex art. 360 c.p.c., n. 5, un vizio di insufficiente motivazione, non più scrutinabile, alla luce del testo di tale disposizione risultante delle modifiche recate dal D.L. n. 83 del 2012, poichè la sentenza impugnata risulta depositata in data successiva all’11 settembre 2012″.

5. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

In considerazione delle questioni di diritto trattate (sulle quali vi è stata recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte), ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte della ricorrente, poichè il disposto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater non si applica alì Agenzia delle Entrate (Cass. SSUU 9938/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2017

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