Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18137 del 26/07/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 18137 Anno 2013
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: CECCHERINI ALDO

SENTENZA

‘k_

sul ricorso 27791-2010 proposto da:
MARTON

FLAVIO

(C. F.

MRTFLV59M02B879Q),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BASSANO DEL
GRAPPA 24, presso l’avvocato GRAZIANI LUCA, che lo

Data pubblicazione: 26/07/2013

rappresenta e difende unitamente agli avvocati
PANTALEONI MICHELE, BORELLA ALBERTO, giusta procura
2013

in calce al ricorso;
– ricorrente –

1032

contro

BARES LUCIO,

BARES FLAVIO,

ROSINA LOREDANO,

1

quest’ultimo anche in proprio, tutti nella qualità
di soci della cancellata SILE COSTRUZIONI S.N.C. DI
BARES LUCIO & C. IN LIQUIDAZIONE (c.f.
027977990278), elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA

GIOVANNI

BETTOLO

22,

presso

l’avvocato

unitamente agli avvocati MENEGHEL MARILISA, MANILDO
FRANCESCO, giusta procura a margine del
controricorso;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 1446/2010 della CORTE
D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 12/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 13/06/2013 dal Consigliere
Dott. ALDO CECCHERINI;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato GRAZIANI che
ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito,

per

i

controricorrenti,

l’Avvocato

PENZAVALLI che ha chiesto il rigetto del ricorso;

PENZAVALLI GIANCARLO, che li rappresenta e difende

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’appello di Trento, con sentenza non
definitiva in data 19 maggio 2009, in riforma della

l’avvenuta cessione di una quota pari al 24,5% del capitale della Sile Costruzioni s.n.c. di Lucio Bares &
C. dal signor Loredano Rosina al signor Flavio Marton,
e con separata ordinanza ha disposto l’assunzione delle prove per l’accertamento degli utili o delle perdite di spettanza del signor Marton all’esito della liquidazione della società. Con successiva sentenza in
data 12 luglio 2010 la corte territoriale ha condannato il signor Marton a rifondere alla società il 24,5%
dei debiti che risulteranno dalla liquidazione sociale.
2. Contro entrambe le sentenze ricorre per cassazione il signor Marton, per quattro motivi, con atto
notificato alla società e a Loredano Rosina.
Resistono con controricorso la società Bares e gli
altri soci, deducendo che la società è stata cancellata dal registro delle imprese.
La causa, inizialmente assegnata alla sesta sezione con relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata da

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sentenza pronunciata in primo grado, ha accertato

questa rimessa all’udienza pubblica con ordinanza 13
marzo 2012.
Sia il ricorrente e sia i resistenti hanno depositato memorie.

3. Secondo quanto risulta dalle documentate e non
contestate deduzioni dei contro ricorrenti, la società
Sile Costruzioni s.n.c. di Bares Lucio e C. è stata
cancellata dal registro delle imprese in data 14 febbraio 2008, vale a dire dopo l’introduzione del giudizio d’appello e prima della pubblicazione della sentenza non definitiva impugnata (19 maggio 2009). Il
ricorso proposto nei confronti della società, estinta
in conseguenza della sua cancellazione dal registro
delle imprese deve ritenersi pertanto inammissibile,
in applicazione del principio di diritto secondo il
quale, dopo la riforma del diritto societario, attuata
dal d.lgs. n. 6 del 2003, la cancellazione dal registro delle imprese priva la società, a partire dal momento in cui si verifica la sua estinzione, della capacità di stare in giudizio; pertanto, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del
quale la società è parte, e non sia stato fatto con-

4

I
dr.

rel. est.
Ceccherini

RAGIONI DELLA DECISIONE

stare nei modi di legge l’impugnazione della sentenza,
pronunciata nei riguardi della società, deve provenire
o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai
soci o nei confronti dei soci, atteso che la stabiliz-

cedere il grado di giudizio nel quale l’evento estintivo è occorso (Cass. sez. un. 12 marzo 2013 n. 6070).
4. Nella fattispecie, tuttavia, il ricorso è stato
notificato, oltre che alla società, anche a uno dei
soci, Loredano Rosina, quale litisconsorzio necessario
nel giudizio di accertamento del contratto di cessione
della quota sociale, che costituisce il presupposto
della domanda proposta dalla società contro il ricorrente,. Il Rosina, in quanto ex socio, è supposto successore della società in forza del principio di diritto

ricordato,

sicché

si

dovrebbe

disporre

l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli
altri soci ‘,della società estinta, quali litisconsorti
necessari. Tale adempimento è tuttavia superfluo, essendo questi soggetti già presenti nel giudizio, nel
quale hanno depositato un controricorso.
5. In ordine ai requisiti di legittimità del ricorso, a norma dell’art. 366 bis c.p.c., è ancora da
osservare che con l’unico ricorso sono state impugnate

5

zazione processuale di un soggetto estinto non può ec-

sia la sentenza non definitiva della Corte d’appello
di Trento in data 19 maggio 2009, quando era ancora
vigente l’art. 366 bis c.p.c., e sia la sentenza definitiva della stessa corte in data 12 luglio 2010, po-

dell’art. 47 della legge 18 giugno 2009 n. 69; per la
prima di esse era stata infatti a suo tempo formulata
rituale riserva di impugnazione.
6. Questa corte ha già affermato il principio che

la disciplina di cui all’art. 366-bis c.p.c. è inapplicabile al ricorso per cassazione, sia principale
che incidentale, proposto a seguito di una riserva
precedentemente formulata nei confronti della sentenza
non definitiva, pubblicata dopo l’entrata in vigore (2
marzo 2006) dell’articolo richiamato (introdotto dal
d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) e prima della data di
entrata in vigore (4 luglio 2009) del d.lgs. 18 giugno
2009, n. 69, che l’ha abolito, allorché la sentenza
definitiva sia stata pubblicata dopo l’entrata in vigore di quest’ultimo d.lgs.; infatti, il riferimento
alla “pubblicazione” è funzionale all’individuazione
del momento a decorrere dal quale può essere proposta
l’impugnazione, mentre, per effetto della riserva,
questa viene differita al momento della pubblicazione

6

Il c
rel. est.
dr. s Ceccherini

steriore alla sua abrogazione avvenuta in forza

della sentenza, ragion per cui la sentenza non definitiva si intende convenzionalmente pronunciata nella
stessa data, come parte della statuizione sull’intera
controversia (Cass. 9 gennaio 2013 n. 343). Pertanto

366 bis c.p.c. neppure con riferimento ai motivi rivolti contro la sentenza non definitiva.
7.

Nel merito, con il primo motivo di ricorso si

censura l’interpretazione data dalla corte di merito
del contratto stipulato tra il ricorrente e l’allora
socio Loredano Rosina. Si riporta il testo del contratto nella parte rilevante, e – in modo parziale la motivazione al riguardo contenuta nella sentenza
impugnata (la quale in verità si richiama anche alla
formulazione testuale dell’atto, nella parte in cui
“Rosina Loredana dichiara di vendere il 50% della quota di sua proprietà a Marton Flavio_ il quale accetta”, e “quindi il signor Marton Flavio diventa proprietario a tutti gli effetti di una quota pari al
23,5%”). Si espongono successivamente gli elementi di
fatto che il giudice di merito avrebbe invece omesso
di valutare e le ragioni per le quali la motivazione
presenterebbe dei vizi logici e giuridici. Lo sforzo
del ricorrente, che necessariamente si focalizza su

7

nella fattispecie in esame non era applicabile l’art.

singoli punti, privilegiando quelli che offrono spazio
a delle censure, non riesce a dissimulare il tentativo
di sollecitare un riesame del testo dell’accordo, per
pervenire ad un’interpretazione di esso diversa a con-

impugnata è tuttavia fondata sulla considerazione complessiva e unitaria del contenuto letterale e logico
del contratto, e della condotta successiva del Marton,
e non può essere discussa in questa sede nei termini
che il ricorrente vorrebbe.
8. Con il secondo motivo si denuncia la violazione
dell’art. 2252 c.c. e un vizio di motivazione della
sentenza impugnata, che a dimostrazione del contenuto
del contratto traslativo della quota sociale adduce
come argomento la circostanza che il contratto fu firmato anche dall’altro socio della società di persone,
alla quale il contratto medesimo non sarebbe stato altrimenti opponibile, ma non considera poi che il contratto non era stato sottoscritto da un terzo socio
(Flavio Bares) che pure faceva parte della società.
9. Il ricorrente richiama una disciplina che è posta a tutela esclusivamente dei diritti dei soci, e la
cui violazione può essere causa d’inefficacia relativa
nei confronti dei soci pretermessi e della società, e

8

Il coi est.
dr. Al s s e . ccherini
.

er

forme alle tesi difensive del ricorrente. La decisione

non di nullità della cessione di quota, senza che ciò
incida sull’interpretazione dell’atto, di cui soltanto
qui si discute. Quanto alla violazione dell’art. 2252
c.c., essa suppone accertata dal giudice di merito la

le dalla lettura della sentenza. Se, come si lascia
intendere nella memoria, un tale accertamento fu effettivamente sollecitato ai fini qui considerati, il
vizio della sentenza sarebbe di omessa pronuncia su un
punto controverso e (secondo la prospettazione) decisivo, e tale vizio andava denunciato sotto il profilo
dell’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., per il quale la
censura deve avere requisiti e contenuto del tutto diversi da quella qui esaminata.
10. Con il terzo motivo di ricorso si lamentano
vizi, tra loro eterogenei, quali l’ultra petizione
(violazione dell’art. 112 c.p.c.) e la violazione
dell’art. 2311 c.c.. Il primo sarebbe ravvisabile nella condanna del ricorrente al pagamento, in proporzione della sua quota di partecipazione – “dei debiti sociali risultanti dall’attività di liquidazione”, laddove la domanda si riferiva “alle perdite” della società in liquidazione. La violazione dell’art. 2311
c.c. non è poi illustrata nel ricorso.

composizione della società: accertamento non desumibi-

11. Sul punto il collegio condivide la relazione
depositata a norma dell’art. 380 bis c.p.c., dove è
ben chiarito che la scorretta espressione adoperata
nella sentenza impugnata non può aver altro significa-

perdite risultanti dal bilancio di liquidazione. Nella
memoria depositata per l’udienza, il ricorrente respinge questa interpretazione della sentenza, con
l’argomento che la pronuncia con corrisponderebbe in
ogni caso al petitum, che sarebbe stato limitato alle
perdite subite dalla società dal 1995 al 2003; ma in
tal modo resta confermato che era stata richiesta la
condanna della società al pagamento pro quota delle
perdite subite, e che la decisione, correttamente interpretata, non è andata oltre la domanda (escludendo
anzi espressamente la rilevanza delle passività non
emerse

in

sede

di

liquidazione).

Irrilevante,

nell’esame della fondatezza del motivo basato
sull’ultrapetizione, appare l’identificazione dei periodi di esercizio nei quali le perdite, risultanti
comunque dal bilancio di liquidazione, si sarebbero
prodotte, e che non erano state ripianate.
12. Il quarto motivo svolge una discussione sul
valore probatorio, di confessione stragiudiziale, che

10

Il c
dr. A do

el. est.
cherini

to che quello di condanna al pagamento pro quota delle

dovrebbe essere attribuito a un documento prodotto
dalla società attrice nel giudizio di primo grado, come “allegato al doc. 2”: esso costituirebbe la prova
di utili maturati dalla società e non riconosciuti

non riprodotto nelle sue parti rilevanti nel corpo del
ricorso, si fonda interamente il motivo, che tuttavia
non rispetta le prescrizioni poste dall’art. 366 primo
comma n. 6, omettendo l’indicazione della sede processuale nella quale sarebbe stato prodotto nel giudizio
di cassazione. Secondo l’insegnamento di questa corte,
infatti, qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, la prescrizione
di legge è soddisfatta mediante l’indicazione che il
documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, quando è disponibile, richiedendosi altrimenti la produzione del documento, ai sensi
dell’art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c., per il caso in
cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità (v. Cass. Sez. un. 25 marzo 2010 n. 7161).
E’ ciò che si è verificato nel caso in esame, in cui
la società che aveva prodotto il documento nel primo
giudizio, e che si è poi estinta, non è presente nel
giudizio di legittimità.

all’esponente nel periodo 1995 – 2003. Sul documento,

13. In conclusione il ricorso è respinto. Le spese

del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e
sono liquidate come in dispositivo.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi E 4.200,00, di cui E
4.000,00 per compenso, oltre agli oneri di legge.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte suprema di cassazione, il giorno 13 giugno 2013.

P. q. m.

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