Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18136 del 26/07/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 18136 Anno 2013
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

SENTENZA
sul ricorso 2127-2007 proposto da:
AMAZZONIA S.N.C. DI DI PIETRANTONIO MARIO E C. (C.F.
01248930685), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GERMANICO 96, presso l’avvocato TILLI LETIZIA,
rappresentata e difesa dall’avvocato CIPRIETTI
2013

SABATINO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

1031

contro
LAURETI GIUSEPPE ED ENNIO S.N.C.;

Data pubblicazione: 26/07/2013

- intimata

avverso la sentenza n.

1043/2005 della CORTE

D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 28/11/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/06/2013 dal Consigliere Dott. ROSA

udito,

per la ricorrente,

SCAFARELLI,

con

delega,

l’Avvocato FEDERICA
che

ha

chiesto

l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso o, in subordine
rigetto.

MARIA DI VIRGILIO;

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Svolgimento del processo
La Corte d’appello dell’Aquila, con sentenza 20/928/11/2005, ha respinto l’impugnazione proposta dalla
s.n.c. Amazzonia s.n.c. di Di Pietrantonio Mario & C.

avverso il lodo arbitrale dell’8/2/2002, nella
controversia con la Giuseppe ed Ennio Laureti s.n.c.
Il lodo arbitrale aveva condannato la società Amazzonia
al pagamento alla Laureti della somma di euro 43950,48,
oltre interessi legali dal 7/11/2000 al saldo, quale
penale per l’anticipato ed illegittimo recesso dal
contratto di somministrazione in esclusiva di carburanti
e comodato dei relativi erogatori, mentre aveva rigettato
la domanda intesa al risarcimento del maggior danno, e
respinto la riconvenzionale della Amazzonia.
La Corte aquilana ha ritenuto infondata l’impugnazione
principale della Amazzonia, intesa a far valere la
nullità del lodo, per avere gli Arbitri disatteso
l’eccezione di inoperatività della clausola di cui
all’art.14 della convenzione del 27/12/93, prevedente
struttura binaria, a fronte di rapporto, in tesi,
trilaterale, rilevando che le parti dell’accordo erano
solo le due società.
Ha ritenuto parimenti infondato il secondo motivo, inteso
a far valere l’espressa previsione della devoluzione
della cognizione della controversia al foro di Pescara,
3

rilevando

che

gli

Arbitri

avevano

congruamente

interpretato la clausola, nel senso che le parti avevano
indicato l’autorità deputata a rendere esecutivo il lodo.
Sono state ritenute infondate, infine, tutte le altre
censure,intese a far valere l’omessa pronuncia (sulla

riconvenzionale), la contraddittorietà ed illogicità
della motivazione, la violazione del contraddittorio,
l’inosservanza delle regole di diritto, atteso che gli
Arbitri, con congrua motivazione, avevano ritenuto che la
penale a carico di Amazzonia era conseguente
all’anticipato ed illegittimo recesso dal contratto,
avvenuto prima della scadenza del termine del 30/6/2000
posto per l’adeguamento degli impianti dal d.m. del
Ministero Ambiente del 20/1/1999 n. 76, per il quale
occorrevano solo poche ore, come accertato nel merito, e
quindi prima che alla controparte potesse addebitarsi
l’inadempimento.
Ciò posto, la Corte territoriale ha concluso nel senso
che le questioni sollevate dall’impugnante, al fine di
pervenire ad una diversa soluzione, erano tali da
sfuggire al sindacato di legittimità, proprio della fase
rescindente.
Avverso detta pronuncia ricorre la società Amazzonia,
sulla base di tre motivi.
La società intimata non ha svolto difese.

4

Motivi della decisione
1.1.- Col primo mezzo, la ricorrente denuncia l’omessa
e/o insufficiente motivazione su punto decisivo della
controversia, e l’erronea valutazione ed interpretazione
degli atti, per essere stata prevista nell’accordo di

convenzionamento del 27/12/93 la figura del gestore,
Amazzonia 2 di D’Intino Giulia, e sussistendo clausole
direttamente condizionanti il rapporto col gestore(art.7,
3).
Secondo la parte, di diritto e di fatto, la posizione
della Amazzonia era stata ridotta a semplice beneficiaria,
di un importo, l’abbuono di gestione, per cui è evidente
l’interesse processuale e sostanziale del gestore
Amazzonia 2 a partecipare al giudizio, da cui
l’inapplicabilità della clausola di tipo “binario” a
rapporto trilaterale.
1.2.- Col secondo mezzo, la ricorrente si duole del vizio
di omessa e/o insufficiente motivazione,e del vizio di
violazione e falsa applicazione degli artt.807 e 808
c.p.c.
Secondo la ricorrente, sussiste nullità della clausola,
stante l’insussistenza della chiara volontà di deferire
in Arbitri la controversia, attesa l’ambigua previsione
dell’art.14 dell’accordo, secondo cui tutte le
controversie “dovranno rimettersi al giudizio del foro di
Pescara”.
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1.2.- Col terzo motivo, la ricorrente denuncia vizio di
omessa e/o insufficiente e contraddittoria motivazione,
in relazione alla ritenuta illegittimità del recesso di
Amazzonia, pronunciata senza prendere in considerazione
le motivazioni addotte dalla parte per avvalersi della

risoluzione contrattuale preannunciata con la diffida del
9/6/2000, e comunque per la risoluzione per grave
inadempimento della controparte.
Il termine, nel caso, era stabilito nell’interesse del
creditore, e la Corte, nel ritenere logica e corretta la
statuizione degli Arbitri, non ha valutato che la
Laureti, obbligata ex lege sin dal 20/1/99, si era
(AiM
limitata ad mero sopralluogo nel termine del 30/6/2000;
dal processo è risultato che il tecnico della SOEM non
era andato presso la stazione di servizio di cui si
tratta né il 29 né il 30 giugno, e lo stesso ha
dichiarato che occorrevano giorni per eseguire i lavori e
per il collaudo, ed anche il teste De Luca ha precisato
che occorrevano “anche 4 ore di lavoro” per le pompe
meccaniche, determinandosi l’aumento delle ore di lavoro
per più erogatori, come nel caso.
2.1.- Il primo motivo è infondato.
La Corte del merito ha dato conto della non sussistenza
di

controversia

riguardante

rapporto

trilaterale,

rilevando che le parti dell’flaccordo di convenzionamento”
i
e quindi della clausola compromissoria ivi prevista erano
I
6

solo le due società, rimanendo estranea a detto rapporto
Amazzonia 2 di d’Intino Giulia.
A fronte di detta argomentazione, l’odierna ricorrente ha
opposto del tutto genericamente che Amazzonia 2 aveva un
“evidente

interesse processuale

e

sostanziale_ a

partecipare all’arbitrato, e che la clausola
compromissoria “avrebbe dovuto concernere la presenza di
tutte le possibili parti del giudizio”, riconoscendo
pertanto che la clausola compromissoria, che deve
risultare da atto scritto ex art. 808 c.p.c., riguardava
sole le due società.
2.2.-

Il

secondo

motivo

presenta

profili

di

inammissibilità e di infondatezza.
La

Corte

del

merito,

pur

avendo

dato

conto

dell’interpretazione della clausola adottata dagli
Arbitri, ha poi provveduto direttamente a valutare la
stessa, com’era tenuta: ed infatti, spetta al giudice
dell’impugnazione del lodo interpretare direttamente la
clausola senza le restrizioni valevoli per
l’interpretazione della altre clausole contrattuali,
riservata agli arbitri e sindacabile in sede di
impugnazione soltanto per violazione dei canoni
ermeneutici legali, ai sensi dell’art. 829, 2 ° comma
c.p.c., oltre che per difetto assoluto di motivazione ai
sensi del combinato disposto dell’art. 829 c.p.c.,1 °
comma, n. 5, e art. 823 c.p.c.,1 ° comma, n. 3, atteso che
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tale valutazione rileva agli effetti non già del vizio di
violazione di norme di diritto, ai sensi del già
richiamato art. 829, 2 ° comma c.p.c., bensì della
inesistenza della clausola compromissoria, e dunque della
stessa potestas iudicandl degli arbitri( sul punto, vedi

le pronunce 7649/07, 833/1999, 3293/1997, 781/1997,
9162/1995).
Di contro all’interpretazione

offerta dalla Corte del

merito, l’odierna ricorrente si è limitata a far valere
il difetto di motivazione, omessa o insufficiente ( a
fronte di motivazione invero congruamente argomentata), e
del tutto genericamente il vizio di violazione e falsa
applicazione di legge, senza neppure indicare i canoni
interpretativi che la Corte del merito avrebbe, in tesi,
violato, limitandosi a riportare e far valere la propria
diversa interpretazione.
3. – Il terzo motivo è inammissibile.
La ricorrente, nel prospettare la censura di omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione, ha inteso
sostanzialmente riproporre questioni di fatto, oggetto
della valutazione arbitrale, nei cui confronti già la
Corte d’appello si è espressa rilevandone l’estraneità
allo specifico sindacato spettante al Giudice
dell’impugnazione.
A riguardo, è bene evidenziare che il giudizio di
impugnazione per nullità del lodo arbitrale non
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costituisce un comune appello avverso la pronuncia degli
arbitri, in quanto è limitato all’accertamento delle
cause di nullità previste dall’art. 829 c.p.c. e dedotte
con l’atto di impugnazione; che il difetto di motivazione
della pronuncia arbitrale, come vizio riconducibile
829 c.p.c.,

1 0 comma, n.

5,

in relazione

all’art.

all’art. 823 c.p.c., è ravvisabile ove la motivazione
manchi del tutto o sia a tal punto carente da non
consentire di comprendere l’iter del ragionamento degli
arbitri e di individuare la ratio della decisione
adottata

( così le pronunce 8922/1994,

2177/1993,

10321/1992, 9148/1992); che appartiene pertanto alla
valutazione del giudice dell’impugnazione del lodo
determinare se esso contenga un’esposizione dei motivi
sufficiente a far intendere il percorso logico seguito
dagli arbitri, mentre il controllo della Suprema Corte
resta limitato ad accertare se la Corte di appello abbia
adeguatamente motivato in relazione ai motivi di
impugnazione del lodo ( così la pronuncia 7600/2001).
In definitiva, con l’ impugnazione per nullità del lodo
arbitrale non può essere contestata la valutazione dei
fatti dedotti e delle prove acquisite nel corso del
procedimento arbitrale, in quanto negozialmente rimessa
alla competenza istituzionale degli arbitri (così le
pronunce 4397/2006, 4078/2003, 5633/1999, 9063/1994), ed
il controllo da parte della Suprema Corte non può
9

assolutamente concretarsi in una rivalutazione dei fatti,

nemmeno in via di verifica circa l’adeguatezza e
congruenza dell’iter argomentativo seguito dagli arbitri,
ne’ può riguardare il convincimento espresso dal giudice
dell’impugnazione del lodo sulla correttezza e congruità

operata dagli arbitri, concernendo solo la conformità a
logica della motivazione con cui detto giudice ha
considerato e congruamente motivata quella valutazione,
con la conseguenza che il sindacato di legittimità va
condotto esclusivamente attraverso il riscontro della
conformità a legge e della congruità della motivazione
della sentenza che ha deciso sull’impugnazione del lodo
(cfr., tra le tante, le pronunce 13511/07,23670/2006,
23900/2004).
Alla stregua di detti principi, il motivo di ricorso fa
valere censure motivazionali non prospettabili in questa
sede, richiedendo sostanzialmente la rivalutazione di
fatti già esaminati dagli Arbitri.
3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso.
Nulla sulle spese, non essendosi costituita l’intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, in data 12 giugno 2013

Il Consigliere est.

della valutazione degli elementi istruttori siccome

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