Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18135 del 31/08/2020

Cassazione civile sez. lav., 31/08/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 31/08/2020), n.18135

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11482-2016 proposto da:

T.A.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CUNFIDA 20, presso lo studio dell’avvocato SARA DELL’ARICCIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato FABRIZIO DOMENICO MASTRANGELI;

– ricorrente principale –

TELETRURIA 2000 S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA SALLUSTIO 9,

presso lo studio dell’avvocato LORENZO SPALLINA, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato LORENZO BOMBACCI;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

contro

T.A.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CUNFIDA 20, presso lo studio dell’avvocato SARA DELL’ARICCIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato FABRIZIO DOMENICO MASTRANGELI;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 787/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 19/11/2015 R.G.N. 273/2015.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. T.A.E. convenne in giudizio Teletruria 2000 s.r.l. e chiese che venisse accertata e dichiarata l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con inquadramento nella qualifica di dirigente del settore commercio, o in subordine di quadro, a decorrere dal 1 febbraio 2006 e condannata la società convenuta al pagamento delle differenze retributive, del tfr e dei contributi dovuti per legge. Chiese inoltre che si accertasse l’illegittimità del licenziamento intimato il 28 aprile 2011 con condanna della convenuta, per il caso di accertamento della qualifica di dirigente, al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso e dell’indennità supplementare. Per il caso di accertamento della qualifica di quadro invece chiese di essere reintegrato nel posto di lavoro con condanna della convenuta al risarcimento del danno pari a tutte le retribuzioni maturate dal recesso alla reintegra ed al pagamento dei contributi ovvero al pagamento di un’indennità risarcitoria, oltre che, in ogni caso, al risarcimento del danno conseguente all’anticipato recesso, contributivo patrimoniale e non patrimoniale.

2. Il Tribunale di Arezzo accertò l’esistenza di un rapporto subordinato con la qualifica di quadro dall’11.2.2006 al 25.11.2011 e condannò la convenuta a corrispondere al T. la somma di Euro 33.958,08 oltre accessori a titolo di differenze retributive oltre che al risarcimento del danno che liquidava in e 94.529,17 oltre accessori.

3. La Corte di appello di Firenze, investita del gravame principale di Teletruria 2000 s.r.l. ed incidentale del T., confermava la natura subordinata del rapporto, la qualifica di quadro riconosciuta e la durata convenuta del rapporto fino al 31 gennaio 2014. Accoglieva invece l’appello della società con riferimento all’applicazione del principio dell’assorbimento poichè riteneva che fosse stato provato in giudizio che la retribuzione erogata in concreto era superiore rispetto a quella contrattualmente spettante per la qualifica riconosciuta.

Conseguentemente limitava la condanna alle sole somme chieste a titolo di t.f.r., per un importo di Euro 13.402,87, e, esclusa la maturazione della prescrizione, inoltre confermava la sentenza nella parte in cui aveva condannato la convenuta al risarcimento del danno, nella misura quantificata dal Tribunale, con riferimento all’avvenuta conclusione “ante tempus” del contratto. Del pari confermava il rigetto delle altre domande aventi ad oggetto altre voci di danno osservando, con riguardo al danno conseguente al mancato versamento della contribuzione, che la domanda non era stata proposta nei confronti dell’Inps. Con riferimento al licenziamento escludeva che fosse stata offerta la prova della sua ingiuriosità. Quanto alla domanda di rimborso delle spese in relazione all’uso della propria auto, la Corte escludeva che fosse stata offerta la prova dell’esistenza di un patto tra le parti in tal senso.

4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso T.A.E. affidato a sei motivi. Teletruria 2000 s.r.l. ha resistito con controricorso ed ha proposto a sua volta ricorso incidentale fondato su due motivi, al quale ha opposto difese con controricorso il ricorrente principale. Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

5. Con il primo motivo del ricorso proposto da A.T. è denunciata, in relazione al mancato riconoscimento della qualifica dirigenziale rivendicata, la violazione degli artt. 2095,2103 e 1372 c.c. in relazione al c.c.n.l. dei dirigenti commercio e degli artt. 115 e 116 c.p.c..

5.1. Sostiene il ricorrente che già nella lettera di incarico sottoscritta dalle parti si descrivevano mansioni riferibili alla qualifica dirigenziale in considerazione del livello di autonomia decisionale. Inoltre l’istruttoria aveva confermato che il T. era il direttore commerciale della società ed esercitava i poteri del dirigente.

6. Con il secondo motivo di ricorso, poi, è censurata la sentenza per avere omesso di prendere in esame un fatto decisivo costituito dalla scrittura privata sottoscritta il 10.1.2006, il contratto dell’11.2.2006 e la scrittura del 10.7.2006 oltre che di tenere conto di quanto previsto dai contratti collettivi per i dirigenti del settore del commercio e del terziario.

7. Le due censure che investono sotto diversi profili il diniego della qualifica di dirigente, possono essere esaminate congiuntamente e sono infondate.

7.1. La Corte territoriale da un canto non è incorsa nella denunciata violazione delle norme che dettano i principi in tema di inquadramento del personale e, in esito ad un esame del materiale probatorio acquisito agli atti, nell’esercizio del potere di interpretazione dei fatti acquisiti al processo che appartiene al giudice del merito, ha verificato che le mansioni in concreto svolte dal T.A., pur senz’altro di rilievo e qualificate, erano tuttavia prive delle caratteristiche proprie necessarie per il conferimento della qualifica dirigenziale rivendicata.

7.2. In particolare la Corte territoriale ha posto in evidenza che i compiti commerciali a lui affidati non implicavano una gestione complessiva e strategica anche solo di un ramo dell’impresa e che era privo del potere di rappresentanza della società. Si tratta, come si è detto, di una ricostruzione basata sulle prove acquisite che perviene a negare la qualifica rivendicata proprio dopo aver verificato che le mansioni a lui affidate e in concreto svolte non possedevano quel tratto di responsabilità che la caratterizza anche per essere il dirigente, nel suo ambito, espressione della volontà della società che rappresenta indirizzandone sotto al sua responsabilità, seppur in settori circoscritti, l’attività.

7.3. In tale situazione la censura, che nulla oppone al carattere decisivo della accertata mancanza di poteri di rappresentanza in capo al lavoratore, si risolve allora nella pretesa, inammissibile, di valutare diversamente le emergenze istruttorie ed in particolare di valorizzare alcuni aspetti dei documenti acquisiti al processo di cui tuttavia non è chiarita la decisività.

8. Il terzo motivo di ricorso, con il quale è denunciata la violazione degli artt. 2094 e 2099 c.c. e dell’art. 36 Cost., è inammissibile atteso che, in violazione dell’art. 366, n. 6 non viene riprodotto neppure per estratto o per sintesi il contenuto della consulenza contabile dalla quale evincere il mancato pagamento delle somme chieste.

9. Anche il quarto motivo di ricorso – con il quale è denunciata la violazione dell’art. 1372 c.c. in relazione all’art. 26 del c.c.n.l. dei dirigenti del commercio, della L. n. 604 del 1966, art. 3 e della L. n. 300 del 1970, art. 18 nel testo antecedente le modifiche apportate dalla L. n. 92 del 2012 oltre che del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69 e del D.Lgs. n. 360 del 2001 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – non può essere accolto.

9.1. La tesi del ricorrente che sostiene che il rapporto tra le parti non era regolato da un contratto a termine e che si trattava piuttosto di un contratto a tempo indeterminato con clausola di durata minima, contrasta con l’interpretazione plausibile data dalla Corte di appello delle scritture contrattuali che invece le parti avevano inteso concludere, un contratto a tempo determinato fissando la durata del rapporto ed un termine finale.

9.2. Peraltro la Corte di merito ha evidenziato che l’accertamento in tal senso del Tribunale, che aveva quantificato di conseguenza il danno, non era stato oggetto di specifica contestazione. Ne consegue che è preclusa oggi ogni censura che investa la natura del rapporto definitivamente accertata.

10. Anche il quinto ed il sesto motivo di ricorso – con i quali è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 2099,1218,1223,1226 e 1372 c.c. e dell’art. 36 Cost. (per avere erroneamente la Corte di appello e già il Tribunale parametrato il risarcimento alla retribuzione prevista dalla contrattazione collettiva per il quadro invece che a quella convenuta dalle parti:quinto motivo) e la violazione dell’art. 2116 c.c. (in relazione a contributi che erano parzialmente prescritti: sesto motivo) – sono inammissibili in quanto entrambe le censure pongono questioni che, dalla lettura della sentenza, non risultano essere state sottoposte alla Corte di appello ed il ricorrente non pone il Collegio in condizione di comprendere se vi sia stata al riguardo un’omessa pronuncia che neppure denuncia.

11. Il ricorso incidentale della società non può essere accolto.

12. Il primo motivo – con il quale deduce che in violazione degli artt. 2094 e 2697 c.c. e dell’art. 116 c.p.c. la Corte avrebbe accertato l’esistenza di un rapporto di lavoro in regime di subordinazione sebbene il lavoratore che ne era onerato non avesse offerto elementi di prova al riguardo – è inammissibile. La ricorrente pretende da questa Corte una rivisitazione dei fatti acquisiti al processo ed una diversa valutazione degli stessi che è consentita al giudice di legittimità solo nei ristretti limiti in cui è ancora consentito denunciare un vizio di motivazione della sentenza. Il giudice di appello ha correttamente applicato i principi dettati dall’art. 2094 c.c. adeguandosi all’interpretazione datane dalla giurisprudenza di questa Corte e non ha affatto invertito l’onere della prova, nè tanto meno violato l’art. 116 c.p.c..

12.1. In tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorchè si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali (circostanza questa che qui non è stata neppure allegata), o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (violazione che non ricorre nella specie) (cfr. Cass. n. 27000 del 2016).

13. Quanto alla denunciata violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69 osserva il Collegio che la censura non coglie il decisum e risulta eccentrica ed incoerente rispetto al tema della decisione.

13. In conclusione, per le ragioni esposte, entrambi i ricorsi devono essere respinti e la reciproca soccombenza giustifica l’integrale compensazione delle spese tra le parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater va poi dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale ed incidentale a norma del citato D.P.R., art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale.

Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale ed incidentale a norma del citato D.P.R., art. 13 comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2020

 

 

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