Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18135 del 21/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/07/2017, (ud. 21/06/2017, dep.21/07/2017),  n. 18135

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16981-2016 proposto da:

P.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MIRCO GIOVANNI RIZZOGLIO;

– ricorrente –

contro

COMPUPRINT S.R.L. – P.I. (OMISSIS), in persona del Consigliere

Delegato, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA PIO XI 13,

presso lo studio dell’avvocato VINCENZO CROCE, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIOVANNI CARAMELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 298/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 06/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/06/2017 dal Consigliere Dott. GHINOY PAOLA;

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. la Corte d’appello di Torino dichiarò inammissibile il reclamo proposto da P.E. ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1 comma 58, per tardività, considerato che la sentenza del Tribunale di Ivrea era stata comunicata dalla cancelleria in data 18/9/2015 ed il ricorso era stato depositato in data 16/3/2016, oltre il termine di 30 giorni previsto dalla disposizione richiamata.

2. P.E. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, con il quale critica la soluzione adottata dalla Corte territoriale in primo luogo per violazione e falsa applicazione della L. n. 92 del 2012, art. 1, commi 58 e 61, riferendo che il difensore in data 18/9/2015 aveva ricevuto dalla cancelleria esclusivamente la comunicazione del deposito della sentenza del tribunale di Ivrea e non la copia integrale della stessa. Come secondo motivo, deduce l’illegittimità costituzionale della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 58, con riferimento agli artt. 3,24 e 111 Cost., per l’ipotesi in cui il termine per l’impugnativa possa decorrere dalla comunicazione dell’avvenuto deposito e non del testo integrale della sentenza, in quanto essa varrebbe ad impedire il pieno esercizio dei diritti costituzionalmente protetti, quali quello al lavoro e la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti.

3. Compuprint s.r.l. ha resistito con controricorso. Il ricorrente ha depositato anche memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

4. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Questa Corte ha chiarito che ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione di cui alla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 58, non è sufficiente il mero avviso di deposito del provvedimento, ma è necessaria la comunicazione del testo integrale della sentenza che, analogamente a quanto avviene per la notificazione, consente alla parte di avere conoscenza delle ragioni sulle quali la pronuncia è fondata e di valutarne la correttezza (v. da ultimo Cass. 16/01/2017 n. 856, Cass. 19/04/2017 n. 9882).

1.1. Occorre però rilevare che la disciplina per la comunicazione è dettata dall’art. 45 disp. att. c.p.c., comma 2, come modificato dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16,comma 3, lett. b) e c), conv., con modif., dalla L. n. 221 del 2012, che stabilisce che “il biglietto contiene in ogni caso…. il testo integrale del provvedimento comunicato”; necessità della comunicazione del testo integrale poi ribadita dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, che ha modificato l’art. 133 c.p.c., secondo cui, entro cinque giorni dal deposito della sentenza, il cancelliere, “mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza, ne dà notizia alle parti costituite” (cfr. Cass. n. 10017 del 2016).

1.2. Nel caso, a fronte dell’affermazione della Corte territoriale secondo la quale la Cancelleria aveva proceduto alla comunicazione della sentenza in data 18.9.2015, la parte ricorrente avrebbe dovuto dedurre e documentare in questa sede che ciò non era avvenuto nelle forme di rito, producendo la comunicazione a mezzo pec difettante dell’allegato contenente il provvedimento nel testo integrale (testo integrale che invece la difesa della controricorrente attesta di avere ricevuto).

1.3. Occorre qui infatti ribadire che quando il vizio della sentenza impugnata discende direttamente dal modo in cui il processo si è svolto, ossia dai fatti processuali che quel vizio possono aver procurato, la Corte di cassazione è anche giudice del fatto, inteso come fatto processuale (v. Cass. n. 24481 del 2014, Cass. n. 14098 del 2009; Cass. n. 11039 del 2006; Cass. n. 15859 del 2002; Cass. n. 6526 del 2002). Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 8077 del 2012, a composizione di un contrasto di giurisprudenza, hanno definitivamente chiarito che ove i vizi del processo si sostanzino nel compimento di un’attività deviante rispetto alla regola processuale rigorosamente prescritta dal legislatore, così come avviene nel caso che si tratti di stabilire se sia stato o meno rispettato il modello legale di introduzione del giudizio, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere-dovere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda.

1.4. Affinchè questa Corte possa riscontrare mediante l’esame diretto degli atti l’intero fatto processuale, è necessario tuttavia che la parte ricorrente indichi gli elementi caratterizzanti il fatto processuale di cui si chiede il riesame, nel rispetto delle disposizioni contenute nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, (ex plurimis, 28/02/2017 n. 5225, Cass. n. 24481 del 2014, Cass. n. 8008 del 2014, Cass. n. 896 del 2014, Cass. Sez. Un. n. 8077 del 2012).

1.5. Ciò nel caso non è avvenuto, considerato che la difesa non riproduce nel ricorso, nè allega ad esso, la comunicazione di cancelleria come pervenuta al difensore, ma ribadisce (anche nella memoria, depositata ex art. 380 bis c.p.c., dopo che la proposta del relatore aveva evidenziato il profilo d’inammissibilità del ricorso qui confermato) circostanze non univoche e decisive per smentire la valutazione del giudice del reclamo, attinenti alle deduzioni difensive delle parti in quel giudizio.

2. Resta assorbito l’esame del secondo motivo, considerato che la soluzione interpretativa censurata dal ricorrente per violazione delle norme costituzionali e sovranazionali non è quella che viene assunta a fondamento della decisione.

3. Il Collegio, condividendo la proposta del relatore, ritiene quindi che il ricorso risulti inammissibile ex art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1, e debba in tal senso essere deciso con ordinanza in camera di consiglio.

4. La regolamentazione delle spese processuali segue la soccombenza.

5. Risultando ammesso al patrocinio a spese dello stato, il ricorrente non deve invece allo stato essere onerato delle conseguenze amministrative previste dal D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (v. in tal senso da ultimo Cass. ord., n. 21/02/2017 n. 4493).

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2017

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