Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18135 del 04/08/2010

Cassazione civile sez. lav., 04/08/2010, (ud. 19/07/2010, dep. 04/08/2010), n.18135

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO, giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA TARQUINIA,

5/D (STUDIO AVV. FALLA TRELLA), presso lo studio dell’avvocato RIOMMI

MAURIZIO, che lo rappresenta e difende, giusta mandato a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 728/2006 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 12/03/2007 R.G.N. 122/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/07/2010 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Terni, accogliendo la domanda svolta da C. M. nei confronti dell’Inps con ricorso depositato il 19.12.2002, riconobbe al ricorrente il diritto alla maggiorazione pensionistica di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, sul presupposto dell’accertata sua esposizione all’amianto per il periodo dal 1.1.1982 al 31.5.1983 e dal 10.6.1983 al 31.12.1991.

La Corte d’Appello di Perugia, con sentenza del 23.11.2006 – 12.3.2007, rigettando l’impugnazione dell’Istituto, confermo’ la sentenza impugnata, escludendo la fondatezza dell’assunto secondo cui, al fine di considerare integrato il requisito temporale di esposizione all’amianto non poteva tenersi conto dei periodi durante i quali il lavoratore era stato in CIGS. Avverso tale sentenza della Corte territoriale l’Inps ha proposto ricorso fondato su un unico motivo e illustrato con memoria.

L’intimato C.M. ha resistito con controricorso, eccependo l’inammissibilita’ del ricorso siccome introducente una questione non devoluta al giudice di appello.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo l’Istituto ricorrente denuncia violazione della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, osservando che il termine di esposizione all’amianto del C., secondo quanto gia’ accertato in fatto, era stata di dieci anni esatti, cosicche’ risultava non integrato il requisito dell’esposizione ultradecennale a tale sostanza.

In sede di gravame, com’e’ pacifico, le doglianze dell’Istituto appellante erano state incentrate sulla sussistenza del requisito temporale, benche’ svolte sotto diversi profili (asserito inizio dell’esposizione da data diversa; non computabilita’ dei periodi di CIGS).

Appunto perche’ inerente alla sussistenza del ridetto requisito temporale la questione su cui si fonda il motivo di ricorso non puo’ ritenersi che costituisca un radicale mutamento del sistema difensivo seguito dalla parte nei precedenti gradi di giudizio (cfr, per la ritenuta inammissibilita’ del motivo nella ricorrenza di tale ipotesi, ancorche’ non siano richieste ulteriori indagini in fatto, la risalente giurisprudenza di cui a Cass., n. 3214/1975), ne’ che, al riguardo, si sia formato il giudicato interno.

Cio’ premesso deve rilevarsi che, secondo il condiviso orientamento di questa Corte, nel giudizio di cassazione e’ preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito, a meno che tali questioni non abbiano formato oggetto di gravame o di contestazione nel giudizio di appello, potendosi, al contrario, proporsi nuovi profili e nuove argomentazioni di diritto a sostegno delle azioni o delle eccezioni gia’ precedentemente dedotte in causa, purche’ non presuppongano l’accertamento di nuovi elementi di fatto rispetto a quelli gia’ acquisiti alla materia del contendere (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 15950/2004; 15673/2004).

Nel caso di specie la doglianza svolta non richiede l’effettuazione di qualsivoglia ulteriore indagine di fatto, essendo al contrario fondata proprio sulla durata dell’esposizione all’amianto quale accertata nei gradi di merito e della quale si contesta la sufficienza al fine di integrare il requisito costitutivo quale previsto dalla legge. Deve quindi ritenersi l’ammissibilita’ del ricorso.

2. La L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, come sostituito dal D.L. n. 169 del 1993, art. 1, comma 1 convertito in L. n. 271 del 1993, prevede che, per i lavoratori che siano stati esposti all’amianto “per un periodo superiore a dieci anni”, l’intero periodo lavorativo soggetto all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto, gestita dall’Inail, e’ moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5.

Il D.L. n. 269 del 2003, art. 47 convertito in L. n. 326 del 2003, ha previsto, a decorrere dal 1 ottobre 2003, la riduzione da 1,5 a 1,25 del coefficiente moltiplicatore (comma 1) e, con la stessa decorrenza, la concessione dei benefici esclusivamente ai lavoratori che, “per un periodo non inferiore a dieci anni, fossero stati esposti all’amianto nella concentrazione media annua ivi prevista (comma 3). Inoltre, come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, la L. n. 350 del 2003, art. 3, comma 132 il quale, con riferimento alla nuova disciplina introdotta dal ridetto D.L. n. 269 del 2003, art. 47 convertito in L. n. 326 del 2003, ha fatta salva l’applicabilita’ della precedente disciplina di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13 per i lavoratori che, alla data del 2 ottobre 2003, avessero gia’ maturato il diritto ai benefici previdenziali in base a tale ultima disposizione ovvero avessero avanzato domanda di riconoscimento all’INAIL od ottenuto sentenze favorevoli per cause avviate entro la medesima data, va interpretato nel senso che: a) per maturazione del diritto deve intendersi la maturazione del diritto a pensione; b) tra coloro che non hanno ancora maturato il diritto a pensione, la salvezza concerne esclusivamente gli assicurati che, alla data indicata, abbiano avviato un procedimento amministrativo o giudiziario per l’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva (cfr, Cass., nn. 21862/2004; 15008/2005). La nuova disciplina di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 47 convertito in L. n. 326 del 2003, non e’ pertanto applicabile alla presente causa, rientrando la fattispecie all’esame nei casi per i quali il legislatore ha espressamente fatto salva la regolamentazione precedente, dal momento che il procedimento per ottenere il beneficio era gia’ iniziato ed era in corso alla data del 1 ottobre 2003 (il ricorso introduttivo del giudizio e’ stato infatti proposto il 19.12.2002); la controversia va quindi decisa alla stregua delle disposizioni di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13 costituendo del resto i benefici pensionistici ivi previsti il petitum della domanda svolta.

3. Ne discende che, per il conseguimento di tali benefici, e’ necessario che la durata dei periodi lavorativi di esposizione all’amianto sia stata superiore a 10 anni, giusta l’inequivoca previsione in tal senso della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8.

Poiche’, secondo quanto gia’ accertato dai giudici del merito, nel caso di specie i periodi lavorativi durante i quali l’odierno intimato e’ stato esposto all’amianto ammontano complessivamente a 10 anni esatti, non puo’ ritenersi concretizzato il suddetto requisito temporale.

Il motivo di ricorso deve pertanto ritenersi fondato.

4. Per l’effetto il ricorso merita accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia puo’ essere decisa nel merito, con la reiezione delle domande svolte dall’odierno intimato.

Applicandosi ratione temporis il disposto dell’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo vigente anteriormente alle modifiche di cui al D.L. n. 269 del 2003, convertito in L. n. 326 del 2003, non e’ luogo a provvedere sulle spese di lite relative all’intero processo.

PQM

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le domande svolte da C.M.; nulla sulle spese dell’intero processo.

Cosi’ deciso in Roma, il 13 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2010

 

 

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