Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18134 del 26/07/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 18134 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: FORTE FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12854 del Ruolo Generale degli
affari civili dell’anno 2011, proposto:
DA
ITALIANA SERVIZI s.r.1.,

con sede in Taranto, in proprio e

nei limiti di quanto sarà precisato, anche quale capogruppo
mandataria dell’A.T.I. con Eletrojolly di Armando Cavallo e
figli s.r.l. e Bartolomeo Maugeri,

in persona dell’

amministratore e legale rapprentante p.t. dr.sa Daniela
D’Addario, elettivamente domiciliata in Roma, alla Piazza
Mazzini n. 27, presso lo studio dell’avv. Oscar Raimondi,
rappresentata e difesa, per procura in calce al ricorso
notificato il 5 maggio 2011, dall’avv. Pierfrancesco Lupo del

Data pubblicazione: 26/07/2013

foro di Taranto.
RICORRENTE
E
FALLIMENTO ITALIANA SERVIZI s.r.1.,

in persona del curatore

per procura in calce al ricorso per intervento, dall’avv.
Pierfrancesco Lupo del foro di Taranto, autorizzato a stare
in giudizio da provvedimento del G.D. dr. Francesca Zanna
dell’8 aprile 2013, con domicilio eletto in Roma, alla Piazza
Mazzini n. 27, presso lo studio dell’avv. Oscar Raimondi, con
richiesta, ai sensi degli artt. 133 e 134 c.p.c., che gli
avvisi ivi previsti siano comunicati a mezzo fax al numero
099-4534475 o all’indirizzo di posta elettronica info@pec.
studiolupo,com.
RICORRENTE PER INTERVENTO
CONTRO
COMUNE DI TARANTO, in persona del sindaco e per esso, in base
all’art. 22 dello statuto comunale e alla determinazione
dirigenziale n. 409 dell’8 giugno 2011, del Dirigente p.t.
avv. Piera Paola De Florio, rappresentato e difeso, per
procura speciale per notar Ida Laura Lamorgese di Taranto del
28 dicembre 2011, Rep. n. 684, dall’avv. Maria Casiello di
Taranto che con il suo rappresentato elettivamente domicilia
in Roma alla Via Fabio Massimo n. 60, presso l’avv.
Sebastiano Mastrobuono e chiede di ricevere le comunicazioni
2

fallimentare avv. Vincenzo di Lauro, rappresentato e difeso

all’indirizzo PEC casiello.maria@legalmail.it o via telefax
al numero 0997794634.
RESISTENTE
avverso la sentenza non definitiva della Corte d’appello di

febbraio 2011. Udita la relazione del Cons. dr. Fabrizio
Forte e sentiti l’avv. Lupo per il Fallimento ricorrente per
intervento, l’avv. Capace Minatolo del Balzo, per il
resistente e il P.M. in persona del sostituto procuratore
generale dr. Lucio Capasso, che conclude per il rigetto del
ricorso.
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 28 del 3 febbraio 2011, la Corte d’appello di
Lecce sezione distaccata di Taranto – ha accolto
l’impugnazione dell’ente locale e dichiarato la nullità del
lodo del 4 giugno 2009 che aveva condannato il Comune di
Taranto a risarcire il danno di C 862.670,00 alla s.r.l.
Italiana Servizi, per avere ostacolato l’esecuzione del
contratto del 12 marzo 2003/ che regolava la concessione alla
società della gestione dei servizi del Molo S. Eligio, per un
corrispettivo di C 170.000,00 all’anno.
Negata la fondatezza dell’impugnazione del lodo ai sensi
dell’art. 829, comma l, n.ri 5, 11 e 12, per avere il lodo i
requisiti di cui ai n.ri 5, 6 e 7 dell’art. 823 c.p.c. ed
esclusa la mancanza di motivazione, di dispositivo e di
3

Lecce – Sezione distaccata di Lecce n. 28, del 14 gennaio – 3

sottoscrizione di tutti gli arbitri (n. 5), la Corte
d’appello ha affermato che il lodo non conteneva disposizioni
contraddittorie (n. 11) ed aveva deciso su tutte le domande
(n. 12), procedendo poi all’esame degli errores in iudicando

Ritenuto che vi era stata gara d’appalto e che essa non era
stata apparente, si è quindi rilevato dalla corte in sede di
impugnazione che era stata solo ipotetica, in assenza di una
condanna definitiva in sede penale, la denunciata esistenza
di reati nell’aggiudicazione della gara presupposto del
contratto d’appalto, anche se tutti i componenti della
commissione di gara erano stati imputati per fatti connessi
alla aggiudicazione del contratto.
La Corte di merito ha affermato che gli arbitri non potevano
che prendere atto che il Consiglio di Stato aveva dichiarato
improcedibile l’appello ad esso rivolto contro la pronuncia
di primo grado del TAR di Lecce, che aveva dichiarato la
nullità del contratto del 12 marzo 2003 in cui era la
clausola compromissoria con sentenza n. 4564 del 2003 ed
aveva poi annullato la decisione del primo giudice.
La corte distrettuale ha escluso che il Comune di Taranto
avesse sollevato nel giudizio arbitrale una eccezione di
nullità di detto contratto, invocando gli effetti del
giudicato della sentenza del Tar Lecce n. 4653 del 2003 che
lo aveva dichiarato nullo, affermando però che nulla impediva
4

della decisione denunciati dal Comune di Taranto.

ad esso di valutare le ragioni di nullità del contratto già
esaminate in precedenza e ritenute esistenti.
Il lodo con l’impugnazione non è stato sindacato nel merito
per non avere considerato la richiamata sentenza che aveva
A

ma solo per non avere

pronunciato sulla eccezione di nullità del contratto
proposta dal comune al collegio arbitrale, eccezione la
quale, anche se delibata dal Tar Lecce con sentenza poi
annullata dal Consiglio di Stato, imponeva un valutazione e
decisione su tale invalidità, anche al solo fine di
disattendere quanto deciso dal giudice amministrativo.
Afferma la Corte di merito che il Consiglio di Stato ha
considerato gli appelli contro la sentenza del Tar di Lecce
che aveva dichiarato nullo il contratto in cui era la
clausola compromissoria, ritenendoli improcedibili per essere
stati proposti dopo che l’A.T.I. ricorrente in primo grado
era ormai giuridicamente non più esistente r per avere cessato
l’attività prevista per le imprese associate.
Gli atti posti in essere dalla capogruppo mandataria che
avevano portato alla estinzione dell’A.T.I. avevano
determinato il sopravvenuto difetto di interesse alla
impugnazione di tale impresa mandataria del raggruppamento
nei confronti delle imprese associate e mandanti; ciò non
escludeva, ad avviso della Corte distrettuale, che il Comune
di Taranto aveva insistito nell’eccepire la nullità del
5

dichiarato nullo il contratto

contratto del 2003, facendo proprie le ragioni a base della
sentenza del TAR Lecce che l’aveva dichiarato nullo.
Conclude sul punto la Corte di merito in sede di impugnazione
del lodo che, venendo in considerazione l’esecuzione del

Lecce, gli arbitri dovevano rilevare anche di ufficio la
nullità della gara e del contratto ai sensi dell’art. 1418
c.c., per essere stato il disciplinare di gara redatto e
firmato da un ingegnere e non da un dottore commercialista o
ragioniere come imposto da esso stesso (art. 17, lett. E, 2)
e sottoscritto da un soggetto non legittimato, con
conseguente nullità del contratto stipulato per effetto di
tale gara e quindi del lodo che si era pronunciato su esso.
La sottoscrizione da un ingegnere invece che da un
commercialista del contratto, come era invece imposto dal
disciplinare di gara, viziava l’iter formativo della
procedura di aggiudicazione per cui, indipendentemente dal
rilievo penale di alcune condotte dei soggetti nella stessa
vicenda, il lodo era comunque nullo, perché fondato su un
contratto invalido, che escludeva la validità della decisione
arbitrale emessa in base ad esso.
Con la sentenza oggetto di ricorso la Corte di merito ha
accolto l’impugnazione del lodo non definitivo e lo ha
dichiarato nullo per omessa pronuncia sulla eccezione di
nullità del contratto in cui era la clausola compromissoria
6

contratto di gestione del servizio ritenuto nullo dal Tar

ed ha rimesso le parti dinanzi a se medesima per la
precisazione delle domande di merito delle parti e delle
censure mosse alle conclusioni del c.t.u. o in rapporto ad
eventuali altri elementi di fatto che dimostrassero errori

spese al giudizio definitivo.
Per la cassazione di tale sentenza non definitiva della
sezione distaccata di Taranto della Corte di appello di
Lecce, la Italiana Servizi s.r.l. propone ricorso di sei
motivi notificato il 5 maggio 2011, cui resiste, con una c.d.
memoria difensiva del 20 ottobre 2012 contrastante il
ricorso, il Comune di Taranto.
Il Fallimento della Italiana Servizi s.r.1., in persona del
curatore autorizzato dal giudice delegato a subentrare o
intervenire nel presente giudizio, ha notificato a mezzo
posta al Comune di Taranto in data 14-15 aprile 2011 un
ricorso “per intervento” di contenuto identico a quello
proposto dalla società

in bonis, le cui conclusioni sono

state fatte proprie dal nuovo ricorrente.
Motivi della decisione
1. Deve in via preliminare esaminarsi la legittimazione
processuale e sostanziale del Fallimento della s.r.l.
Italiana Servizi che ha depositato altro ricorso identico a
quello proposto originariamente dalla stessa società in bonis
chiedendo l’accoglimento della originaria impugnazione.
7

nella pronuncia degli arbitri, rinviando la disciplina delle

Quale successore universale della società originaria
ricorrente, il Fallimento di questa è di certo legittimato a
subentrare e/o a intervenire nel presente giudizio di
cassazione (sulla successione all’ imprenditore ricorrente

con o senza interruzione di questo, cfr. da Cass. 5 giugno
1984 n. 3360 a Cass. 10 dicembre 2010 n. 24963), potendo lo
stesso anche proporre il ricorso per cassazione in caso di
perdita della capacità del fallito dopo la sentenza impugnata
e nei termini per impugnare (in tal senso Cass. 27 marzo 2003
n. 4547 e Cass. 9 maggio 2012 n. 11059).
La successione del Fallimento della s.r.l. Italiana Servizi
non esclude l’interesse dell’originario ricorrente alla
decisione, ovviamente condizionato al suo solo eventuale
ritorno

in bonis per cui /qualora si verifichi tale

circostanza, la posizione del curatore diverrebbe di mero
interventore, anche se, allo stato la sentenza deve decidere
il ricorso come chiesto dal Fallimento quale successore
dell’originaria parte ricorrente.
Sempre in via preliminare va esaminata la questione della
ammissibilità del ricorso contro una sentenza non definitiva,
di solito precluso ai sensi dell’art. 360, comma terzo,
c.p.c., dovendosi negare tale preclusione espressamente
esclusa dalla stessa norma allorché la pronuncia impugnata
abbia ad oggetto, come nella concreta fattispecie, anche una
8

del Fallimento di esso dichiarato nel corso del giudizio,

o più statuizioni di merito, processuali o sostanziali, su
cui possa ritenersi definitiva (in tal senso Cass. 4 giugno
2012 n. 8919), come le decisioni sulla legittimazione della
impugnante e sulla omessa pronuncia sull’eccezione di nullità

Il ricorso è quindi ammissibile e può esaminarsi nel merito.
1.1. Il primo motivo del ricorso della s.r.l. Italiana
Servizi deduce omessa pronuncia della sentenza della Corte di
appello su punto decisivo della controversia, con conseguente
nullità della decisione impugnata, ai sensi dell’art. 360
comma 1, n. 4, c.p.c., per avere il Comune proposto la
impugnazione del lodo nei soli confronti dell’attuale
ricorrente in proprio e non anche della società indicata,
quale capogruppo e mandataria dell’A.T.I. con la Elettrojolly
di Armando Cavallo & Figli s.r.l. e Maugeri Bartolomeo.
Deduce la ricorrente che essa s’era costituita in giudizio
anche come mandataria dell’A.T.I. ma aveva eccepito la
inammissibilità e nullità dell’impugnazione non proposta nei
confronti di tutte le parti che avevano partecipato al
procedimento arbitrale e che, su tale eccezione, la sentenza
oggetto di ricorso non s’è pronunciata, in violazione degli
artt. 342 e 163 c.p.c.
La costituzione della ricorrente in proprio e nella qualità
di capogruppo e mandataria dell’A.T.I. di cui sopra è
avvenuta al solo fine di eccepire il difetto di
9

del contratto in cui era la clausola compromissoria.

legittimazione passiva della ricorrente in proprio, dovendosi
negare che possa ritenersi legittimata la s.r.l. Italiana
servizi in luogo dell’A.T.I. ma, su tale eccezione di difetto
di legittimazione, è stata omessa ogni pronuncia dalla

1.2. Il primo motivo di ricorso è infondato e da rigettare.
Il contraddittorio nel giudizio d’impugnazione del lodo
svoltosi dinanzi alla Corte d’appello è stato infatti
rispettato, non solo perché era possibile anche l’azione nei
confronti della sola mandataria dell’A.T.I. come responsabile
in solido con le associate nei confronti dell’ente locale
(Cass. ord. 28 novembre 2011 n. 25204), ma anche perché la
società ricorrente ha comunque speso il nome delle sue
associate e rappresentate, difendendosi in proprio e nella
qualità di mandataria nei confronti della stazione appaltante
verso la quale, solo in detta qualità, poteva contraddire
(Cass. 20 luglio 2007 n. 12732, 20 maggio 2010 n. 12422).
In conclusione, essendosi avuto un contraddittorio tra le
parti dell’appalto in cui era la clausola che consentiva il
giudizio arbitrale, deve negarsi che vi sia stata alcuna
violazione del contraddittorio, svoltosi tra la stazione
appaltante Comune di Taranto e l’A.T.I. appaltatrice
2. Vanno esaminati insieme i motivi dal secondo al quarto del
ricorso, tutti collegati alla eccepita nullità del contratto
contenente la clausola arbitrale e alla pronuncia su essa nel
10

sentenza oggetto di ricorso.

lodo, negata dalla Corte territoriale.
2.1. Il secondo motivo di ricorso deduce la nullità della
sentenza oggetto di ricorso in relazione all’art. 360, comma
1, n. 4 c.p.c., per erronea pronuncia sulla dedotta mancata

del contratto sollevata dal Comune di Taranto nel giudizio
arbitrale, su cui il lodo nulla aveva deciso in violazione
dell’art. 829, 1 ° comma, n. 12 c.p.c.
La Corte d’appello ha dichiarato la nullità del lodo per
omessa pronuncia dagli arbitri sull’eccezione del Comune di
Taranto di nullità del contratto concluso dall’A.T.I. con
l’ente locale, senza considerare che la sentenza del TAR
Lecce n. 4564 del 2003, che aveva dichiarato tale nullità era
stata appellata dall’ente locale con gravame dichiarato
inammissibile dal Consiglio di Stato con sentenza n. 1452/04,
che aveva però annullato la sentenza di primo grado.
Per la ricorrente A.T.I., la affermata nullità del lodo non
escludeva la necessità di dichiarare anche quella del
contratto che il collegio arbitrale aveva implicitamente
negato, per cui non vi era l’omessa pronuncia su tale
eccezione che in realtà s’era rigettata e il lodo non poteva
dichiararsi nullo ai sensi dell’art. 829 n. 12 c.p.c.
Il lodo si pronuncia implicitamente sulla eccezione di
nullità del contratto e la sentenza delle Corte d’appello non
rileva che, anche se con insufficiente motivazione, gli
11

statuizione degli arbitri in ordine all’eccezione di nullità

arbitri hanno rigettato l’eccezione di nullità del contratto
per cui il lodo non poteva dichiararsi nullo per violazione
dell’art. 829 n. 5 c.p.c. per mancanza di una pur sommaria
motivazione nel rigetto della indicata eccezione.

della sentenza della Corte d’appello in relazione dell’art.
360, comma l, n. 4 c.p.c., anche per violazione dell’art. 829
n.ri 12 e 5 c.p.c., perché non vi era nel lodo una omessa
pronuncia sulla eccezione di nullità del contratto ma il
rigetto di questa, sulla quale anche in sede di conclusionale
il comune aveva insistito, deducendo la nullità del contratto
per le stesse ragioni contenute nella pronuncia del TAR Lecce
n. 4564 del 2003 che l’aveva dichiarata.
Per la Corte d’appello, anche se il comune non aveva indicato
i vizi inficianti il contratto, limitandosi a richiamare per

relationem la motivazione della sentenza del TAR Lecce, il
riferimento, pur se conciso, a tale pronuncia, costituiva
comunque l’allegazione nella impugnazione di un fatto di cui
il lodo doveva tenere conto come eccezione di diritto.
La inidoneità tecnica di alcune delle imprese associate a
partecipare alla gara, nonostante la espressa previsione nel
bando di peculiari requisiti per tale partecipazione, aveva
determinato la nullità del contratto del 2003, che doveva
decidersi senza necessità di ulteriori elementi di prova di
tale invalidità mai forniti dal comune.
12

2.2. Si lamenta, con il terzo motivo di ricorso, la nullità

2.3. Si lamenta in quarto luogo la violazione dell’art. 829,
n. 12 e n. 5 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.,
per la mancata decisione sull’omessa pronuncia dal lodo della
eccezione di nullità del contratto, che imponeva agli arbitri

Lecce, che aveva ritenuto sussistere tale invalidità, mentre
il lodo era insufficientemente motivato su tale patologia del
contratto.
3. I tre motivi di ricorso che precedono, dal secondo al
quarto, devono esaminarsi insieme perché tutti relativi alle
eccezione di nullità del contratto che si denuncia non essere
stata decisa nel lodo e devono tutti rigettarsi, perché
infondati.
3.1. Il secondo motivo di ricorso afferma che erroneamente la
Corte ha annullato il lodo per avere gli arbitri omesso ogni
statuizione sulla eccezione di nullità del contratto, che
invece nel lodo era stata respinta implicitamente con
l’affermazione della competenza arbitrale, che presupponeva
la validità del contratto.
La deduzione non è fondata perché l’affermazione della
competenza arbitrale presupponeva la validità della sola
clausola compromissoria, che poteva esaminarsi separatamente
da quella del contratto in cui essa era (sulla autonomia
della clausola compromissoria rispetto al contratto, anche
dichiarato nullo, cfr. Cass. 10 ottobre 2011 n. 22608, e in
13

di valutarne la portata anche a causa della pronuncia del TAR

senso diverso Cass. 8 febbraio 2005 n. 2529).
L’eccezione di nullità del contratto per vizi nella
individuazione dei requisiti di idoneità delle imprese che
avevano partecipato alla gara a base di esso, ad avviso della

erroneamente s’è rilevata la omessa pronuncia dal lodo su
tale invalidità dalla sentenza della Corte d’appello oggetto
di ricorso, la quale, ad avviso della ricorrente, avrebbe
accolto il motivo di impugnazione del lodo, con motivazione
incongrua e senza rilevare la esistenza della sentenza del
Tar Lecce n. 4654/03, peraltro annullata dal Consiglio di
Stato n. 1452/04, che detta nullità aveva dichiarato.
Quanto detto conferma che non vi è stata alcuna pronuncia dal
lodo sulla eccezione del Comune di Taranto, di nullità del
contratto che precede e quindi che esattamente si è ritenuto
nulla la decisione arbitrale che non aveva deciso alcunché su
tale deduzione per cui anche il secondo motivo di ricorso è
infondato e da rigettare.
3.2. Il terzo motivo di ricorso deduce che la mancata
pronuncia del lodo sulla eccezione di nullità del contratto è
stata erroneamente surrogata da una motivazione incongrua del
lodo, relativa alla assenza di prova degli elementi a base
della pretesa invalidità dell’atto concluso dalle parti, da
cui dovrebbe desumersi il rigetto tacito dell’eccezione.
Il motivo è infondato perché non prospetta in questa sede
14

ricorrente, sarebbe stata rigettata dagli arbitri e quindi

quali siano stati gli elementi di fatto sottoposti agli
arbitri e da questi valutati, che potevano fare ritenere
tacitamente accolta l’eccezione di nullità del contratto
proposta dall’ente locale.

erronea motivazione, sono stati implicitamente ritenuti
insufficienti a far dichiarare la nullità dalla sentenza
oggetto di ricorso esclude una mera carente motivazione sul
rigetto dell’eccezione, che doveva dedursi con il ricorso che
allo stesso non fa invece cenno, per cui anche il terzo
motivo di ricorso è da rigettare.
3.3. Con il quarto motivo di ricorso si deduce che non vi è
stata una omessa pronuncia dagli arbitri sulla eccezione di
nullità del contratto e che la Corte di merito in sede di
impugnazione avrebbe dovuto rilevare che di detta eccezione
vi era stato un rigetto implicito, con la decisione sulla
competenza arbitrale che escludeva la nullità per mancanza
dei requisiti di idoneità anche tecnica delle imprese a
partecipare alla gara a base del contratto, da cui sono sorte
le controversie decise dagli arbitri.
La affermata distinzione sopra richiamata tra clausola
compromissoria e contratto in cui essa è inserita, comporta
la chiara infondatezza anche del quarto motivo di ricorso,
essendo compatibile il lodo con un contratto nullo, ove la
clausola compromissoria si sia considerata efficace e valida
15

La mancata esplicazione dei fatti i quali, sia pure con

per la sua autonomia dall’atto in cui è inserita, come deve
ritenersi sia in concreto accaduto nella fattispecie.
4. Gli ultimi due motivi del ricorso vanno esaminati insieme,
in quanto ambedue censurano la sentenza della Corte d’appello

dell’ente locale nell’impugnazione del lodo.
4.1. Il quinto motivo di ricorso denuncia infatti la nullità
della sentenza oggetto di ricorso e del giudizio arbitrale
per violazione dell’art. 829 n. 3 c.p.c. e dell’art. 241 del
D.Lgs. del 12 aprile 2006 n. 163, nella formulazione
precedente alle modifiche di cui all’art. 5 del D.Lgs. 20
marzo 2010 n. 53, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.
All’arbitrato oggetto di causa non s’applica infatti

ratione

temporis il comma 15 bis del D.Lgs. n. 53 del 2010, che
prevede la impugnazione del lodo per violazione di regole di
diritto, poiché l’atto di accesso al giudizio arbitrale è
stato notificato al Comune di Torino il 30 gennaio 2008 e il
terzo arbitro ha accettato l’incarico nel marzo successivo,
prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo da
ultimo indicato.
La violazione delle regole di diritto all’epoca rientrava tra
i casi d’impugnazione del lodo da preveden espressamente con
la clausola dalle parti ovvero dalla legge, non potendosi
altrimenti dedurre come motivo di impugnazione; nel caso
invece né le parti né la legge avrebbero consentito agli
16

per la parte in cui ha accolto le deduzioni di merito

arbitri di entrare nel merito del contratto su cui era sorta
la controversia.
La sentenza non definitiva oggetto di ricorso dichiara nullo
il lodo e non il contratto a base del giudizio arbitrale in

241 del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 cioè del codice dei
contratti pubblici, nella formulazione precedente alle
modifiche della norma j con il decreto legislativo sopra
richiamato del 2010.
La decisione infatti entra nel merito della questione
relativa alla nullità del contratto, già preannunciando
l’esito del futuro giudizio rescissorio e violerebbe per la
ricorrente l’art. 829 n. 3 c.p.c., dovendo qualificarsi nulla
ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.
4.2. Il sesto motivo di ricorso denuncia poi motivazione
contraddittoria ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.,
per la pretesa omessa pronuncia del lodo sulla eccezione di
nullità del contratto, affermandosi dalla Corte d’appello da
un canto l’esistenza di una esposizione sommaria dei motivi
che sorreggerebbero la decisione di rigetto della detta
eccezione del comune per rilevare poi il mancato esame della
eccezione di nullità del contratto, avendo il Consiglio di
Stato annullato la sentenza del Tar che aveva ritenuto
invalido tale atto a base del giudizio arbitrale.
5. Anche i due ultimi motivi di ricorso sono infondati.
17

chiara violazione dell’art. 829 comma 3 c.p.c. e dell’art.

Come emerge con chiarezza dalla sentenza impugnata, la Corte
di appello per la impugnazione ha dichiarato nullo il lodo
per vizi dell’iter formativo del procedimento di
aggiudicazione della gara, sfociato nella stipula del

dell’ATI aggiudicataria, così come altre delle imprese membri
dell’Associazione stessa, i requisiti tecnici per partecipare
alla gara.
Come si rileva a pag. 10 della sentenza impugnata il
disciplinare di gara prevedeva che fossero ammessi ad essa
solo soggetti esperti e in possesso di idonee capacità
tecniche, economiche ed organizzative (art. 9, punto l del
disciplinare citato) e non solo imprenditori in quanto
iscritti al registro delle imprese.
Inoltre lo stesso disciplinare, al detto articolo, imponeva
un piano finanziario per la gestione del servizio per cinque
anni, che fosse sottoscritto da un commercialista o da un
ragioniere e non da un consulente del lavoro come era in
fatto avvenuto, per cui era stata invalida la stessa
aggiudicazione della gara alla Italiana servizi s.r.l.
Il quinto motivo di ricorso è quindi infondato e nello stesso
senso deve decidersi del sesto motivo di impugnazione, che
deduce un’inesistente decisione della Corte d’appello sulla
nullità del contratto di appalto che invece manca.
6. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e le spese
18

contratto, non avendo la Italiana servizi s.r.1., capogruppo

devono, per la soccombenza, porsi a carico del Fallimento
ricorrente per intervento, liquidandosi ai sensi del D.M. 12
luglio 2012 n. 140, da applicare anche per le prestazioni
professionali eseguite nel vigore delle previgenti tariffe non

P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna il Fallimento della
s.r.l. Italiana Servizi ricorrente a pagare al resistente
comune le spese del presente giudizio di cassazione, che
liquida in E 20.200,00, di cui E 20.000,00 per compenso ed E
200,00 per esborsi, oltre alle spese accessorie come per
legge.
Così deciso il 16 maggio 2013 nella camera di consiglio della
prima sezione civile della Corte suprema di cassazione.

più applicabili come chiarisce S.U. 12 ottobre 2012 n. 17405.

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