Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18134 del 22/08/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 18134 Anno 2014
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: TRICOMI IRENE

SENTENZA

sul ricorso 27618-2009 proposto da:
FRANCUCCI ANGELA C. F. FRNNGL49T57C704P, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 52, presso lo
studio

dell’avvocato

rappresenta

e

CLAUDIO

difende

LUCCHI,

unitamente

che

la

all’avvocato

MARGHERITA ALBANI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014
2293

contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato

Data pubblicazione: 22/08/2014

in ROMA,

VIA CESARE BECCARIA n.

29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e
difeso dagli avvocati CLEMENTINA POLLI, ALESSANDRO
RICCIO, NICOLA VALENTE, giusta delega in atti;
– controri corrente –

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, MINISTERO
DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE – DIREZIONE PROVINCIALE
DEI SERVIZI VARI;
– intimati –

avverso la sentenza n. 671/2008 della CORTE D’APPELLO
VAR.C4E

dAZIISTO,

depositata il 16/12/2008 R.G.N. 409/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/06/2014 dal Consigliere Dott. IRENE
TRICOMI;
udito l’Avvocato POLLI CLEMENTINA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

I.

nonchè contro

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d’Appello delle Marche, con la sentenza n. 671/08, decidendo,
sull’impugnazione proposta da Francucci Angela nei confronti dell’INPS e del
Ministero dell’economia e delle finanze, avverso al sentenza del Tribunale di
Ancona n. 644 del 2005, rigettava l’impugnazione.
2. Con ricorso del 16 gennaio 1998, la Francucci, casalinga, aveva chiesto il
riconoscimento dell’assegno di invalidità, oltre interessi legali maturati, con effetto a

partire dal 1°: gennaio 1997, primo giorno del mese successivo a quello in cui era
stata presentata la domanda (23 dicembre 1996).
L’assegno le era stata riconosciuto dal Tribunale solo a decorrere dal 16
giugno 2003, data in cui essa ricorrente aveva domandato l’iscrizione nelle liste
speciali per il collocamento, requisito ritenuto indispensabile a detti fini ai sensi
dell’art. 13 della legge n. 118 del 1971.
3. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre Francucci
Angela, prospettando un motivo di ricorso e sospettando di illegittimità
costituzionale il citato art. 13.
4. Resiste l’INPS con controricorso.
5. Il Ministero è rimasto intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. A fronte della sentenza del Tribunale di Ancona che accertava il diritto di
Francucci Angela all’assegno di invalidità solo dalla domanda di iscrizione agli
elenchi speciali per il collocamento obbligatorio, quest’ultima, in sede di appello,
ha sostenuto non necessaria detta iscrizione in quanto casalinga, e ha chiesto di
provare per testi l’essere la stessa casalinga e, ai sensi dell’art. 437 cpc, con ogni

mezzo di prova, la non occupazione.
2. La Corte d’Appello ha rigettato l’impugnazione precisando che
l’incollocazione è elemento costitutivo del diritto all’assegno per cui l’iscrizione
nelle liste speciali non atteneva ad un profilo probatorio e la necessità della stessa
(essendo comunque necessario uno stato di disoccupazione) è esclusa solo quando la
stessa non è possibile.
Richiamava, quindi la sentenza della Corte costituzionale n. 329 del 2012
che, nell’interpretare l’art. 13, comma 1, della legge n. 118 del 1971, ha ritenuto che
per il disabile maggiorenne che frequenti la scuola, l’ipotesi della frequenza
3

scolastica può essere considerata come condizione per fruire dell’assegno mensile,
in luogo dell’iscrizione nelle liste speciali, poiché rivolta favorire il diritto
all’istruzione funzionale ad un più proficuo successivo inserimento nella società e nel
mondo del lavoro, atteso che la legislazione in materia di soggetti disabili era rivolta
a favorire una effettiva integrazione, valorizzando le abilità residue di soggetti affetti
da gravi minoranze.
La tesi della ricorrente, che escludeva la necessità dell’iscrizione alle liste

speciali non perché tale iscrizione non fosse possibile, ad avviso della Corte
d’Appello contrastava con la richiamata finalità di integrazione nel mondo del lavoro
del disabile, che invece era garantita dalla frequenza scolastica.
3. La ricorrente censura la suddetta sentenza d’appello prospettando la
violazione e/o mancata applicazione dell’art. 13 della legge n. 118 del 1971, e degli
artt. 421-437 cpc. Insufficienza e contraddittorietà della motivazione.
3.1. Il quesito è così formulato: in merito all’applicazione dell’art. 13 della
legge n. 118 del 1991, se la prova del requisito dell’incollocamento al lavoro per una
casalinga possa avvenire, in applicazione dell’art. 437 cpc, con l’ammissione di ogni
mezzo di prova atto ad accertare la non occupazione e la mancanza dell’attività
lavorativa senza che venga, altresì, richiesta la domanda di iscrizione nelle liste
speciali di collocamento.
3.2. A sostegno del suddetto motivo, la ricorrente illustra le seguenti
argomentazioni.
Il lavoro svolto dalla casalinga costituisce

una tipologia di lavoro

equiparabile a quello degli addetti ai servizi familiari per i quali l’iscrizione non è
esclusa ma neanche obbligatoria. La Corte di cassazione, con la sentenza n. 1343 del
2009 ha assoggettato a tutela il lavoro della casalinga.
Sussisterebbe disparità di trattamento tra il maggiorenne invalido che
frequenta la scuola e la casalinga, atteso che solo il primo per ottenere l’assegno
sarebbe esonerato dall’iscrizione negli elenchi speciali
Tenuto conto delle fattispecie in cui l’iscrizione non è richiesta poiché si
tratta di soggetti a cui non si applica la disciplina sulle assunzioni obbligatorie, ove
la prova della inoccupazione può essere offerta con gli ordinari mezzi, comprese le
presunzioni, la domanda di iscrizione sarebbe richiestmolo al fine di precostituire
una prova della incollocazione.
4

Il requisito dell’incollocazione non ha carattere teorico ma deve potersi
desumere da tutti i fatti e gli indizi, e l’eventuale valutazione di essi nel loro
insieme, come risultante dagli atti.
Il giudice, anche in grado di appello, ex art. 437 cpc, ove reputi insufficienti
le prove in merito, dovrebbe provvedere d’ufficio agli atti istruttori sollecitati dal
materiale probatorio e idoneo a superare Of incertezza sui fatti costitutivi del diritto.
2. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.

3. Nella presente controversia viene in rilievo l’art. 13, comma 1, della legge
n. 118 del 1971, come modificato dal d.lgs. 23 novembre 1988, n. 509, art. 9, nel
testo da applicare ratione temporis, che prevede: ai mutilati ed invalidi civili di età
compresa tra il diciottesimo ed il sessantaquattresimo armo nei cui confronti sia
accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74
per cento, incollocati al lavoro e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è
concesso a carico dello Stato, un assegno mensile (…).
4. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 203 del 1992, sul
presupposto che lo stato d’incollocamento si riferisce ad una condizione diversa
dallo stato di mera disoccupazione, hanno affermato il seguente principio di diritto
“ai fini del diritto all’assegno d’invalidità previsto dall’art. 13 della legge n. 118 del
1971, l’invalido è da ritenersi “incollocato al lavoro”, non per effetto del mero stato
di disoccupazione o non occupazione nel quale versi ma, solo quando – essendo
iscritto (o avendo presentato domanda l’iscrizione) nelle speciali liste degli aventi
diritto al collocamento obbligatorio – non abbia conseguito un’occupazione in
mansioni compatibili”.
Hanno statuito le Sezioni Unite che la mancanza dell’iscrizione non dà luogo
alla mancanza di una prova qualificata dello stato di disoccupazione (in relazione alla
quale possa porsi il problema dell’ammissibilità di altri mezzi di prova), ma dà luogo
alla mancanza di uno dei fatti costitutivi del diritto.
Secondo la Corte, peraltro,

sono evidenti i nessi di complementarità

intercorrenti fra l’iscrizione in tali elenchi e le provvidenze della legge n. 118 del
1971: ii citato art. 13 prevede infatti fra l’altro, che “l’assegno agli invalidi civili di
cui al precedente comma può essere revocato su segnalazione degli uffici provinciali
del lavoro e della massima occupazione, qualora risulti che i beneficiari non
accedano a posti di lavoro adatti alle loro condizioni fisiche”.
5

Queseultimi sono gli uffici addetti agli elenchi speciali previsti dall’art. 19
della legge n. 482 del 1968, ai quali debbono essere rivolte le richieste di assunzione
da parte delle imprese tenute alle assunzioni obbligatorie. Ove l’invalido che chiede
l’assegno di cui all’art. 13 della legge n. 118 del 1971 fosse svincolato dall’onere di
iscrizione nelle speciali liste di collocamento, il meccanismo delineato dal secondo
comma dello stesso articolo sarebbe destinato a rimanere pressoché inattuato,
venendo meno i presupposti che consentono ai suddetti uffici di rilevare il mancato

accesso degli invalidi alle opportunità di lavoro loro offerte.
L’obbligo di iscrizione nelle liste di collocamento di cui all’art. 19 legge n.
482 del 1968 trova fondamento nell’aspirazione del lavoratore invalido ad essere
avviato al lavoro sulla base di un canale privilegiato, e ad essere destinato ad una
attività lavorativa compatibile con le sue ridotte condizioni fisiche (cfr., Cass. 19
gennaio 1999 n. 473).
5. Tale principio non può trovare applicazione nei confronti degli invalidi
ultracinquantacinquenni (ma infrasessantacinquenni) non aventi diritto, ai sensi
dell’art. 1, comma 2, della legge n. 482 del 1968, all’iscrizione nelle liste predette
(cfr., ex multis,

Cass. n. 9604 del 1997; n. 4555 del 2002, n. 11977 del 2014),

essendosi osservato che il richiamato principio affermato dalle Sezioni Unite,
presupponendo la giuridica possibilità di iscrizione negli elenchi dell’art. 19 della
legge n. 482 del 1968, non è utilizzabile con riguardo ai soggetti per i quali tale
iscrizione è preclusa, ai sensi dell’art. 1, secondo comma, della stessa legge, per il
superamento del cinquantacinquesimo armo di età.
A tale ipotesi l’art. 1, comma, 2, legge n. 482 del 1968, affianca quella di
coloro che abbiano perduto ogni capacità lavorativa, o che, per la natura ed il grado
della loro invalidità, possono riuscire di danno alla salute e alla incolumità dei
compagni di lavoro o alla sicurezza dei compagni (cfr., Cass. n. 2564 del 2001, citata
Cass., n. 11977 del 2014).
6. In particolare, nella vigenza della legge n. 482 del 1968, veniva chiarito
che ai fini dell’attribuzione dell’assegno mensile di invalidità la “incollocazione al
lavoro”

assumeva due diversi significati rispettivamente per gli invalidi

infracinquantacinquenni e per gli invalidi che avessero, invece, superato i
cinquantacinque anni di età (ma non ancora i sessantacinque, questo essendo il limite
preclusivo per beneficiare della prestazione in argomento).
6

Con riguardo ai primi, infatti, per “incollocato al lavoro” deve.intendersi colui
che, essendo iscritto nelle liste del collocamento obbligatorio, non abbia trovato una
occupazione compatibile con le sue condizioni psico-fisiche (a nulla rilevando il fatto
che non abbia ancora ottenuto il riconoscimento della percentuale di riduzione della
sua capacità di lavoro da parte delle competenti commissioni sanitarie, ma essendo
comunque necessaria, in questo caso, la presentazione della domanda di iscrizione
nelle predette liste, non potendosi supplire alla mancanza di tale elemento con la

prova dello stato di disoccupazione). Con riferimento, invece, agli invalidi
ultracinquantacinquenni (ma infrasessantacinquenni) – che non hanno diritto
all’iscrizione nelle suddette liste – l’ “incollocazione al lavoro” deve essere intesa
come stato di effettiva disoccupazione o non occupazione ricollegato ad una
riduzione di capacità di lavoro che di detto stato è causa e che non consente il
reperimento di una occupazione adatta alla ridotta capacità lavorativa dell’invalido
(la cui prova può essere fornita in giudizio anche mediante presunzioni), senza che
sia necessaria alcuna iscrizione o la domanda di iscrizione nelle liste del
collocamento ordinario (Cass., n. 28852 del 2008).
7. La necessità dell’iscrizione alle liste speciali è stata ribadita anche in
presenza della sopravvenienza della legge n. 68 del 1999, che ha abrogato (a
decorrere dal 17 gennaio 2000) la legge n. 482 del 1968, introducendo per i soggetti
disabili il “collocamento mirato”, previsto dall’art. 2, e la specifica disciplina di cui
al successivo art. 8.
La disciplina in questione risulta più complessa di quella dettata dalla legge
n. 482 del 1968, perché, in base alla stessa, si può richiedere l’iscrizione negli
elenchi previsti dall’art. 8 solo se è stata esperita una fase preliminare volta
all’accertamento dei requisiti sanitari previsti dal primo comma dell’art. 1 della
medesima legge n. 68 del 1999.
Come sottolineato dalla S.C., la novella ha ancor più accentuato il rilievo da
attribuire all’iscrizione o alla domanda di iscrizione nelle liste speciali abolendo, da
un lato, il limite di età per usufruire del collocamento obbligatorio ed essendo,
dall’altro, finalizzata a favorire l’attuazione di un “collocamento mirato” degli
invalidi, la cui buona riuscita presuppone, appunto, l’iscrizione nelle suddette liste.
(Cass. n. 7432 del 2000, n. 8573 del 2000).

7

Essendo rimaste identiche le finalità a cui tende la prescrizione
dell’incollocazione al lavoro quale requisito per il conseguimento dell’assegno di
invalidità, questa Corte ha affermato, anche nella nuova disciplina di cui alla legge
n. 68 del 1999, che non prevede più il limite dei cinquantacinque anni ai fini
dell’iscrizione nell’elenco speciale, la necessità dell’iscrizione (o quanto meno della
domanda di iscrizione) dell’invalido nell’elenco speciale (cfr., Cass., n. 12916 del

vigenza della legge n. 68 del 1999 assuma rilievo il limite del sessantacinquesimo
anno di età, quale età lavorativa con identica valenza sia per l’uomo che per la
donna, indipendentemente dalla diversa età pensionabile).
7.1. Tuttavia le novità relative alla procedura di iscrizione di cui alla legge n.
68 del 1999, hanno fatto affermare a questa Corte, nel confermare la necessità
dell’iscrizione nelle liste speciali, che il disabile che richiede l’assegno d’invalidità
civile deve provare non solo di non aver lavorato, ma anche di essersi attivato per
essere avviato al lavoro nelle forme riservate ai disabili. Questa attivazione, sino a
quando le commissioni mediche competenti all’accertamento delle condizioni
sanitarie per l’iscrizione negli elenchi non si sono pronunciate (circostanza
prodromica all’iscrizione nelle liste speciali), può essere provato dimostrando di aver
richiesto detto accertamento; una volta intervenuto l’accertamento positivo,
dimostrando di essere stato iscritto negli elenchi o quanto meno di aver richiesto
l’iscrizione (Cass., n. 9502 del 2012, n. 19833 del 2013).
8. L’art. 13 è stato sostituito dal comma 35 dell’art. 1, della 24 dicembre
2007, n. 247.
In particolare, in ragione della novella, l’assegno è concesso agli invalidi
civili di età compresa fra il diciottesimo e il sessantacinquesimo, anno nei cui
confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o
superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui
tale condizione sussiste.
Con la modifica introdotta dalla citata legge n. 247 del 2007, art. 1, comma
35, il requisito occupazionale è cambiato: non si richiede più la “ineollocazione al
lavoro”, ma semplicemente lo stato di inoccupazione, in quanto la legge individua il
requisito in questi termini: disabili “che non svolgono attività lavorativa e per il
tempo in cui tale condizione sussiste”.

2009, n. 5085 del 2012, n. 9155 del 2012, che pongono in evidenza come nella

Tra i due concetti vi è evidente differenza, perché il disabile incollocato al
lavoro, come si è detto, non è semplicemente disoccupato: è il disabile che, essendo
privo di lavoro, si è iscritto o ha chiesto di iscriversi negli elenchi speciali per
l’avviamento al lavoro e ha, quindi, attivato il meccanismo per l’assunzione
obbligatoria.
Come si è accennato la novella, che si è riportata per ràgioni di completezza
della disciplina in esame, non trova, tuttavia, applicazione, rottone temporis, nel

caso di specie.
9. Così ricostruito il quadro normativo, rileva il Collegio che la Corte
d’Appello nel ritenere l’incollocazione elemento costitutivo del diritto all’assegno
d’invalidità, con la conseguente necessità dell’iscrizione negli elenchi speciali, ove
ciò sia possibile, senza che quest’ultima possa essere supplita da altri mezzi di
prova, ha fatto corretta e congrua applicazione della giurisprudenza, consolidata, di
legittimità sopra richiamata.
Correttamente, quindi, il giudice di appello non ha dato corso alle richieste
istruttorie relative alla sussistenza della condizione di casalinga, il cui accertamento
non integrando alcune delle ipotesi di deroga al suddetto principio, non avrebbe
escluso la necessità dell’iscrizione, né ha esercitato i propri poteri officiosi ex art.

437 cpc, e ha, altresì, ritenuto che la condizione di casalinga non fosse

assimilabile a quella dello studente maggiorenne invalido parziale.
9.1. La ricorrente nel censurare la sentenza della Corte d’Appello, come si è
riportato in sintesi nell’illustrare il motivo di ricorso, per sostenere l’esclusione della
necessità di iscrizione agli elenchi speciali, prospetta l’assimibilità della posizione
della casalinga ai lavoratori domestici (è richiamata Cass., n. 11487 del 1999), per i
quali l’iscrizione al collocamento non è esclusa ma neanche è obbligatoria.
Occorre precisare che la disciplina del rapporto di lavoro domestico si
rinviene negli artt. 2240-2246 cc, nella legge n. 339 del 1958, nel d.P.R. n. 1403 del
1971 e nel CCNL di settore.
Ai sensi dell’art.1, secondo periodo, della citata legge n. 339 del 1955,
s’intendono per addetti ai servizi personali domestici i lavoratori di ambo i sessi che
prestano a qualsiasi titolo la loro opera per il funzionamento della vita familiare
sia che si tratti di personale con qualifica specifica, sia che si tratti di personale

9

adibito a mansioni generiche. 11 successivo art. 2 stabilisce che l’assunzione del
personale domestico avviene direttamente.
9.2. Il principio richiamato dalla ricorrente secondo il quale i lavoratori
subordinati addetti ai servizi familiari (rapporto di lavoro domestico), per i quali
l’iscrizione al collocamento non è esclusa ma neanche è obbligatoria, possono
dimostrare il loro stato di incollocazione al lavoro con gli ordinari mezzi di prova,
comprese le presunzioni, dato che per detti lavoratori l’iscrizione al collocamento

obbligatorio (o la relativa richiesta) sarebbe diretta al solo scopo di precostituire la
prova formale del requisito della incollocabilità, è stato espressamente ritenuto non
applicabile alla casalinga, che tale non è (Cass. n. 11487 del 1999, n. 12036 del
2003).
Ad avviso del Collegio, premesso che i compiti della casalinga risultano di
maggiore ampiezza, intensità e responsabilità rispetto a quelli espletati da un
lavoratore domestico, possono ricomprendere o meno lo svolgimento in proprio
delle faccende domestiche (cfr., 17977 del 2007, Cass. n.16896 del 2010), e sono
compatibili con lo svolgimento anche di attività lavorativa retribuita alle
dipendenze di terzi o lavoro autonomo (cfr., Cass., n. 18092 del 2005), la rilevante
differenza fra la casalinga ed il lavoratore domestico riguarda il regime di
prestazione dell’attività, che per la casalinga non si svolge nell’ambito di un rapporto
di lavoro, non prevede subordinazione nè retribuzione, bensì è svolta a mero titolo
di assistenza e solidarietà familiare.
Tali significativa differenza esclude che si possano assimilare la casalinga e
il lavoratore subordin ato addetto ai servizi familiari, di cui alla giurisprudenza
richiamata dalla ricorrente, ai fini delle modalità di attestazione dell’incollocamento
al lavoro di cui all’art. 13, comma 1, della legge n. 118 del 1971.
9.3. Ciò, peraltro, non incrina la consolidata giurisprudenza di questa Corte,
alla quale fa riferimento la ricorrente, che ritiene risarcibile alla casalinga il danno
per la menomazione della propria attività, e ai congiunti il danno subito per la
riduzione o la perdita delle prestazioni attinenti alla cura ed assistenza fornite dalla
casalinga, le quali, benché non produttive di reddito, sono valutabili economicamente
(Cass., n. 22909 del 2012).
9.4. Né la posizione della casalinga è assimilabile a quella dello studente
maggiorenne invalido parziale, in quanto in ordine a quest’ultimo non si è esclusa
10

tout court la necessità dell’iscrizione negli elenchi, ma si è ritenuto che la stessa
potesse essere integrata dalla frequenza scolastica, idonea a dimostrare la volontà di
inserirsi convenientemente nel mondo del lavoro, senza adagiarsi passivamente sulla
propria condizione di invalido.
Ed infatti, la Corte costituzionale con la sentenza n. 329 del 2002, ha
affermato che l’interpretazione dell’art. 13, comma 1, che permette di considerare
l’ipotesi della frequenza scolastica come condizione per la fruizione dell’assegno

mensile per l’invalido maggiorenne, in quanto rivolta a favorire il diritto
all’istruzione contro ogni possibile ostacolo che di fatto impedisca il pieno sviluppo
della persona umana, si rivela funzionale ad un più proficuo successivo inserimento
nella società e nel mondo del lavoro. La nonna, così ricavata, risponde senz’altro allo
scopo prioritario della legislazione in tema di soggetti disabili rivolta a favorire una
effettiva integrazione lavorativa, valorizzando le abilità residue di soggetti affetti da
gravi minorazioni.
Questa Corte, con la sentenza n. 2034 del 2006, ha condiviso, tale
interpretazione, costituzionalmente orientata, ed ha affermato l’equiparazione della
regolare frequenza scolastica in scuole dell’ordinamento scolastico dello Stato,
all’iscrizione nelle liste di collocamento, ai fini della incollocabilità, in quanto
entrambi i comportamenti dimostrano la volontà di inserirsi convenientemente nel
mondo del lavoro, senza adagiarsi passivamente sulla propria condizione di invalido.
Da una parte, non si può pretendere che l’invalido già menomato fisicamente si
sobbarchi, durante la frequenza scolastica, all’eventuale lavoro derivante dal
collocamento obbligatorio;
dall’altra la frequenza scolastica è propedeutica al lavoro come l’iscrizione nelle liste
degli invalidi.
10. Le argomentazioni sopra esposte

escludono la non manifesta

infondatezza del dubbio di costituzionalità prospettato, peraltro, in modo generico e
senza la formulazione del quesito di diritto, dalla ricorrente (cfr., Cass., n. 1707 del
2013), in riferimento agli artt. 2, 3, comma 2,31, cornmal, e 32, Cost., in relazione
alla diverse condizioni dell’incollocamento per la casalinga e per lo studente
maggiorenne invalido parziale.
Il. Il ricorso deve essere rigettato.

11

12. Nulla spese nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze
rimasto intimato.
Nulla spese nei confronti dell’INPS ai sensi dell’art. 152, disp. att. cpc., nel
testo anteriore alla novella introdotta dall’art. 42, comma 11, del decreto-legge 30
settembre 2003 n. 269, applicabile rottone temporis.
PQM

Così deciso in Roma il 24 giugno 2014.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

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