Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18134 del 04/08/2010

Cassazione civile sez. lav., 04/08/2010, (ud. 13/07/2010, dep. 04/08/2010), n.18134

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

TARQUINIA 5/D (STUDIO AVV. FALLA TRELLA), presso lo studio

dell’avvocato RIOMMI MAURIZIO, che lo rappresenta e difende, giusta

mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI e RASPANTI RITA,

giusta mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

AVIR S.P.A.;

– intimata –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO, giusta delega in calce

alla copia notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 735/2006 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 19/04/2007 r.g.n. 718/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/07/2010 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato EMILIA FAVATA per delega LUIGI LA PECCERELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Perugia, con sentenza del 23.11.2006 – 19.4.2007, rigetto’ l’impugnazione proposta da B.G. nei confronti dell’Inps, dell’Inail e della Avir spa avverso la sentenza di prime cure che aveva respinto la sua domanda di riconoscimento dei benefici pensionistici di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8. A fondamento del decisum, per quanto qui ancora rileva, la Corte territoriale, rilevato che il lavoratore era stato reiteratamente collocato in cassa integrazione guadagni, osservo’ che:

– i periodi di assenza non fisiologici, quali quelli derivanti dalla sospensione del lavoro per sottoposizione alla cassa integrazione guadagni, non potendo essere stati previsti dal legislatore nella determinazione del periodo minimo di esposizione, non andavano computati al fine dell’accertamento del requisito della durata ultradecennale dell’attivita’ lavorativa assicurata, purche’ di “significativa durata, incidente sull’esposizione complessiva all’asbesto”;

– nel caso di specie il lavoratore era rimasto assente dal lavoro per un totale di 33 settimane, sicche’ tali periodi si erano prolungati tanto da essere incidenti sull’effettiva esposizione, riducendola”, pur ove fosse stata accolta la tesi dell’appellante secondo cui l’esposizione era cessata nel dicembre 1991, “a meno di 10 anni complessivi”. Avverso tale sentenza della Corte territoriale B.G. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo.

L’intimato Inail ha resistito con controricorso.

L’intimato Inps ha depositato procura. L’intimata Avir spa non ha svolto attivita’ difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione di legge (L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8), nonche’ vizio di motivazione, dolendosi che la Corte territoriale non abbia considerato che le sue assenze per collocamento in cassa integrazione guadagni, singolarmente considerate, erano state di breve durata e dilazionate nel tempo, come tali inidonee a far venir meno a sua esposizione all’amianto.

2. Nella giurisprudenza di questa Corte e’ da considerarsi consolidato l’orientamento ermeneutico secondo cui, in relazione al requisito temporale, deve considerarsi la posizione lavorativa di ogni singolo lavoratore, ivi computando le pause “fisiologiche” proprie di tutti i lavoratori (riposi, ferie, festivita’) e che rientrano nella normale evoluzione del rapporto, in quanto conseguenti alla rilevanza del tempo delle prestazioni spiegate (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 4913/2001; 997/2003).

La questione all’esame riguarda invece la computabilita’, ai fini de quibus, di quelle sospensioni dell’esposizione riconducibili a cause “non fisiologiche”, ossia non rientranti nella normale evoluzione del rapporto e non proprie di tutti i lavoratori, nel novero delle quali rientrano i periodi di sospensione dall’attivita’ lavorativa per collocamento de lavoratore in cassa integrazione guadagni.

3. La Corte territoriale, come detto, ha ritenuto di dover escludere dal computo tali periodi, “purche’ questi abbiano significativa durata, incidente sull’esposizione complessiva all’asbesto”.

Tale criterio di giudizio puo’ ritenersi astrattamente condivisibile, poiche’, avuto riguardo alla ratio della disciplina, ossia all’avvenuta predisposizione di un mezzo di tutela a favore dei lavoratori che abbiano operato per un considerevole periodo di tempo in attivita’ che li ponevano a significativo contatto con la sostanza nociva, le sospensioni dell’attivita’ lavorativa in tanto potranno ritenersi rilevanti, ai fini della loro esclusione dal computo complessivo del periodo di esposizione, in quanto abbiano determinato, a cagione del loro protrarsi e della loro eventuale prossimita’ ad altre sospensioni della prestazione lavorativa, l’effettivo venir meno del rischio tutelato; e cio’ a prescindere dalla circostanza – estrinseca al predetto concetto di tutela – che tali sospensioni siano da considerarsi “fisiologiche”, ossia almeno tendenzialmente comuni a tutti i lavoratori (quali le ferie, le festivita’, i riposi), ovvero riferibili soltanto ad un singolo lavoratore, in dipendenza di condizioni soggettive (ad esempio assenza per malattia) o delle particolari vicende del rapporto (fra cui, appunto, il collocamento in cassa integrazione guadagni).

4. Nella valutazione dell’incidenza dei periodi di sospensione dovuti al collocamento dell’odierno ricorrente in cassa integrazione guadagni la Corte territoriale ha tuttavia tenuto unicamente conto del coacervo delle settimane non lavorate, prescindendo dal fatto che le stesse erano distribuite nell’arco di oltre dieci anni e non valutando affatto se i singoli periodi di sospensione, per la loro durata e per la loro eventuale prossimita’ ad altri, fossero stati effettivamente significativi, ossia tali da avere fatto venir meno, nel loro periodo di svolgimento, il rischio tutelato.

La mancata valutazione della rilevanza, secondo i descritti parametri, delle distinte frazioni temporali di sospensione dell’attivita’ lavorativa per collocamento in cassa integrazione guadagni, investendo un fatto controverso e decisivo per il giudizio, configura il vizio motivazionale della decisione della Corte territoriale, e, pertanto, la fondatezza del motivo.

5. Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio al Giudice indicato in dispositivo, che procedera’ a nuovo esame, conformandosi agli enunciati principi di diritto, e provvedera’ altresi’ sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Firenze.

Cosi’ deciso in Roma, il 13 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2010

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