Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18132 del 22/08/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 18132 Anno 2014
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: NOBILE VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 18807-2009 proposto da:
TERME DI MONTECATINI S.P.A. P.I. 00466670585, già
societa’ TERME I MONTECATINI IMMOBILIARE S.P.A., in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAMERINO,
N. 15, presso lo studio dell’avvocato ROMOLO GIUSEPPE
2014
2128

CIPRIANI, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato VINCENZO GERMINARA, giusta delega in
atti;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 22/08/2014

- I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e

ANTONINO SGROI, giusta delega in atti;
– controrigorrente –

avverso la sentenza n. 1467/2008 della CORTE
D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 31/10/2008 R.G.N.
1668/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/06/2014 dal Consigliere Dott. VITTORIO
NOBILE;
udito l’Avvocato MATANO GIUSEPPE per delega SGROI
ANTONINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
l’improcedibilità, inammissibilità, in subordine
rigetto del ricorso.

difeso dagli avvocati LELIO MARITATO, LUIGI CALIULO,

R.G. 18807/2009

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 177 emessa il 10-3-2006 in forma contestuale, il Giudice

negativo proposta dalla s.p.a. Terme di Montecatini Immobiliare (STM), la
quale aveva chiesto dichiararsi la insussistenza della ipotesi di intermédiazione
vietata (legge n. 1369 del 1960) nel rapporto da essa instaurato con la s.r.l.
Multimedica Montecatini s.r.l. (MM), e quindi non dovuta la contribuzione
richiesta dall’INPS con verbale ispettivo dell’11-12-2002 relativalente al
periodo maggio 1997/ottobre 2000. Inoltre il detto giudice, in accoglimento
della riconvenzionale dispiegata dall’ente previdenziale, condannava la società
al pagamento di complessivi euro 337.425,00 in favore dell’1NPS per
contributi e somme aggiuntive.
Avverso la detta sentenza la s.p.a. Terme di Montecatini proponeva
appello contestando l’interpretazione delle risultanze probatorie fornita dal
primo giudice e deducendo la mancanza di ogni elemento caratteristico della
figura di cui alla legge n. 1369 del 1960.
L’INPS si costituiva e resisteva al gravame.
Con sentenza depositata il 31-10-2008 la Corte d’Appello di Firenze
rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese.
In sintesi la Corte territoriale, premesso che la fattispecie ricadeva
interamente nel periodo anteriore alla abrogazione della legge n. 1369/1960,
rilevava che, con la scrittura del 30-4-1997 le parti avevano inteso risolvere un
precedente contratto di affitto di ramo d’azienda e dare vita ad un :nuovo

del lavoro del Tribunale di Pistoia respingeva la domanda di accertamento

assetto negoziale mediante il quale STM manteneva in proprio la gestione dei
servizi sanitari e fisioterapici presso l’Istituto Groceo mentre alla MM restava
la mera gestione amministrativa del personale impiegato ed i relativi oneri
economici.

quotidianamente a disposizione le loro energie lavorative di una struttura
organizzata e gestita da STM. Al riguardo significativa era la circostanza
riferita da quasi tutti i lavoratori sentiti in sede ispettiva, secondo la quale essi
avevano ricevuto la direttiva di non rivelare la loro formale dipendenza da
MM in quanto, in occasione di ispezioni della ASL, essi dovevano risultare
come dipendenti di STM, quale titolare del rapporto convenzionale con il SSN.
I lavoratori, inoltre, utilizzavano esclusivamente mezzi, immobili e macchinari
di proprietà STM e la presenza di un direttore di MM aveva la funzione di
curare gli aspetti amministrativi del rapporto e non ostava all’accertamento
della fattispecie interpositoria.
In definitiva la Corte condivideva tutte le considerazioni che avevano
indotto il Tribunale di Pistoia (sez. dist. di Monsummano Terme) – sent. n.
116/2005 – a dichiarare la nullità del contratto 30-4-1997 in quanto stipulato tra
STM e MM per realizzare una causa illecita e contraria a norma imperativa
(nel giudizio introdotto dal curatore fallimentare di MM).
Per la cassazione di tale sentenza la Società Terme di Montecatini s.p.a.
(già Società Terme di Montecatini Immobiliare s.p.a.) ha proposto ricorso con
tre motivi (così enunciati distintamente ma espressi con un unico sviluppo sotto
diversi profili).
L’INPS ha resistito con controricorso.
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La Corte accertava altresì che i dipendenti di MM mettevano

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, denunciando violazione o falsa applicazione dell’art.
1 della legge n. 1369 del 1960, la ricorrente, dopo aver riportato le censure
avanzate in sede di gravame e la motivazione dei giudici di appello, sostiene

per la “confusione” “tra gestione delle Terme su tutto il complesso con
autonomia e gestione imprenditoriale della M.M.” e per la mancata
considerazione della circostanza che “l’attività della M.M. era specializzata in
fisioterapia e riabilitazione”, per cui “richiedeva una elevata capacità
professionale per il cui svolgimento l’utilizzazione dell’attrezzgura era
marginale ed irrilevante”. Inoltre la Corte territoriale, secondo la ricorrente,
non avrebbe “tenuto conto dei principi dettati in analoghe circostanze dalla
Suprema Corte”.
La ricorrente formula poi il quesito di diritto (ex art. 366 bis c.p.c., che va
applicato ratione temporis) chiedendo a questa Corte di affermare “che in tema
di intermediazione ed interposizione di prestazioni di lavoro occorre di volta in
volta – al di là dell’ipotesi di presunzione di interposizione fittizia prevista
dall’art. 1 comma 3 – procedere ad una dettagliata analisi di tutti gli elementi
che caratterizzano il rapporto instaurato tra le parti allo scopo di accertare : a)
se l’impresa appaltatrice, assumendo su di sé il rischio economico dell’impresa,
operi concretamente in condizioni di reale autonomia organizzativa e
gestionale rispetto all’impresa committente; b) se sia provvista di una propria
organizzazione d’impresa; c) se in concreto assuma su di sé l’alea economica
insita nell’attività produttiva oggetto dell’appalto; d) se i lavoratori impiegati

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che tale motivazione “non può ritenersi idonea sotto il profilo logico giuridico

per il raggiungimento di tali risultati siano effettivamei -de diretti
dall’appaltatore ed agiscano alle sue dipendenze”.
Tale motivo risulta inammissibile sotto diversi profili.
Innanzitutto viene denunciata formalmente una violazione di legge ma la

motivazione, sostenendo la ricorrente in definitiva che sarebbe “impossibile
ricostruire il percorso logico giuridico seguito dal giudice del gravame”.
11 quesito, poi, risulta del tutto generico e astratto, in quanto si limita ad
affermare il principio da applicarsi, senza chiarire in alcun modo l’errore di
diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla fattispecie 9oncreta
(v. Cass. S.U. 30-10-2008 n. 26020, v. in specie Cass. 20-6-2008 n. 16941, che
ha chiarito che il quesito di diritto non può “essere ricavato dalla semplice
feirmulazione del principio di diritto che la parte ritiene corretto applicare alla
fattispecie”) e senza integrare alcuna sintesi logico-giuridica della questione
specifica sollevata con il relativo motivo (cfir. Cass. 7-4-2009 n. 8463).
Peraltro anche la censura sviluppata con il motivo risulta articolata in
modo inammissibile, con la pedissequa riproduzione del contenuto letterale
dell’appello e della sentenza (come tale inidonea a soddisfare la necessità della
sintetica esposizione dei fatti, v. Cass. S.U. 11-4-2012 n. 5698) ed altresì del
tutto generica e priva di autosufficienza, in quanto, dopo la detta riprodigione,
si invoca del tutto genericamente una sottovalutazione della specializzazione
della attività della M.M. e si lamenta una, non meglio precisata, mancata
applicazione di principi in materia, di guisa che il motivo in definitiva ‘è del
tutto privo di specificità.

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censura si incentra principalmente in una doglianza di insufficienza di

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta “omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo” in ordine: 1.
alla errata interpretazione del contratto stipulato il 30-4-1997; 2. alla
valutazione dell’organizzazione e gestione della M.M.; 3. alla mancata

produzione dei documenti da parte dell’INPS.
Parimenti la ricorrente al riguardo, dopo aver riportato pedissequamente le
doglianze avanzate in sede di gravame e la decisione relativa della Corte di

merito, si limita a sostenere che “nella motivazione della sentenza oggi
impugnata non si riscontra nessuna risposta, neppure in forma sintetica, alle
censure formulate nell’atto d’appello”, avendo la Corte stessa sintetizzato
“quanto già detto dal giudice di primo grado”.
Anche tale motivo risulta inammissibile per diverse ragioni.
Innanzitutto manca del tutto un momento di sintesi (omologo al quesito di
diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare
incertezze in sede di formulazione del motivo di ricorso e di valutazione della
sua ammissibilità (v. Cass. S.U. 1-10-2007 n. 20603, Cass. 20-2-2008 4309),
sintesi che, peraltro, deve essere “evidente ed autonoma” – v. Cass. 30-12-2009
n. 27680, Cass. 7-4-2008 n. 8897, Cass. S.U. 1-10-2007 n. 20603, Cass. 18-72007 n. 16002 – e non può essere ricavata implicitamente dall’esposizione
complessiva del motivo stesso.
Si lamenta, poi, una erronea interpretazione del contratto del 30-4-1997,
senza che dello stesso neppure sia indicato l’avvenuto deposito e la specifica
collocazione all’interno dei “fascicoli dei giudizi di I e II grado” richiamati in
calce al ricorso (v. Cass. S.U. 3-11-2011 n. 22726).
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valutazione del rischio d’impresa; 4. alla domanda riconvenzionale; 5. alla

t

La censura, infine, si incentra nella asserita mancata risposta alle
doglianze avanzate con l’atto di appello e nella riproposizione,

sic et

simpliciter, delle stesse, di guisa che neppure è dato di cogliere specificamente
quali siano le eventuali carenze, incongruenze o illogicità, nelle quali la Corte

Per il resto, attraverso la riproposizione delle argomentazioni svolte
nell’appello, la censura si risolve in una inammissibile richiesta di revisione del
“ragionamento decisorio”, non sussumibile nel “controllo di logicità del
giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 n. 5 c.p.c.” (v., fra le altre, Cass. 7-62005 n. 11789, Cass. 6.3-2006 n. 4766).
Con il terzo motivo, denunciando omessa pronuncia ed error in
procedendo ex art. 3360 c.p.c. con riferimento all’art. 112 c.p.c., la ricorrente,
censura l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui “in definitiva,
meritano di essere altresì condivise tutte le considerazioni” svolte nella
sentenza n. 116/2005 del Tribunale di Pistoia – sez. dist. Di Monsummano T —
che ha dichiarato la nullità del contratto 30-4-1997 “in quanto stipulato tra
STM e MM per realizzare una causa illecita e contraria a norma imperativa
(nel giudizio introdotto dal curatore fallimentare di MM)”.
In particolare la ricorrente lamenta che la suddetta motivazione “per

relationem” “è in assoluto contrasto con la regola che richiede un’autonoma ed
esauriente motivazione, al fine di consentire il controllo di legittimità”, tanto
più che la sentenza richiamata non è passata in giudicato. La ricorrente infine
omette di formulare il quesito di diritto, trattandosi di inosservanza di regole
processuali che danno luogo ad un mero errore di fatto, senza investire una

I.

questione di diritto.
,6

di merito sarebbe incorsa.

Anche tale motivo risulta inammissibile.
Innanzitutto la censura è rivolta contro una affermazione svolta dalla Corte
Li merito sostanzialmente ad abundantiam (“in definitiva, meritano di essere
iltresit condivise…”), dopo il compiuto accertamento della violazione dell’art.
1 della legge n. 1369/1960, sviluppato nelle pagine da 2 a 4 della sentenza
(sulla inammissibilità del motivo di ricorso rivolto contro un’argomentazione

ad abundantiam v. Cass. 22-11-2010 n. 23635, Cass.23-11-2005 n. 24591).
Il motivo, poi, è privo del quesito di diritto, comunque necessario, anche
nell’ipotesi in cui si denunci la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. da parte
del giudice di merito, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, coc1J proc.
civ. (v. Cass. 23-2-2009 n. 4329, Cass. 25-1-2010 n. 1310, Cass. 21-2-2011 n.
4146, Cass. 8-5-2013 n. 10758).
In ogni caso, anche aderendosi al diverso indirizzo che afferma tale
necessità soltanto se la violazione denunciata comporti necessariamente la
soluzione di una questione di diritto (v. Cass. 20-6-2008 n. 16941, Cass. 10-92009 n. 19558), è indubbio che nel caso in esame la denuncia di un error in

procedendo concernente una motivazione per relationem, mediante rinvio ad
una sentenza non ancora passata in giudicato, comportasse senz’altro la
necessità della soluzione di una questione di diritto.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile e la ricorrente, in ragione
della soccombenza, va condannata al pagamento delle spese in favore
dell’INPS
P.Q.M.

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La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a
pagare all’INPS le spese, liquidate in curo 100,00 per esborsi e euro 10.000,00
per compensi oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Roma 12 giugno 2014

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