Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18131 del 31/08/2020

Cassazione civile sez. II, 31/08/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 31/08/2020), n.18131

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10254-2016 proposto da:

V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO 23,

presso lo studio dell’avvocato CINZIA DE MICHELI, che lo rappresenta

e difende unitamente agli avvocati GABRIELE BRUYERE, EMANUELA

ROSANNA PERACCHIO;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIAN

GIACOMO PORRO 8, presso lo studio dell’avvocato MARCO DI TORO, che

lo rappresenta e difende;

SEGIM IN LIQUIDAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati

BENEDETTO PELLERITO, GIUSEPPE PELLERITO, SILVIO CHIODO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1830/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 20/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/01/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Dott. DE RENZIS LUISA, la quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

uditi gli Avvocati De Micheli, anche per delega dell’Avvocato

Bruyere, e Viggiano, per delega dell’avvocato Pellerito.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

V.G. ha proposto ricorso articolato in un unico motivo munito di rubrica, e poi suddiviso i cinque paragrafi, contro la sentenza n. 1830/2015 della Corte d’appello di Torino, depositata il 20 ottobre 2015. Resistono con distinti controricorsi il Condominio (OMISSIS), e la SE.G.IM. s.r.l. in liquidazione. La Corte d’appello di Torino ha pronunciato: 1) sull’appello avanzato dal Condominio (OMISSIS), avverso la sentenza n. 1637/2013 del Tribunale di Torino (accogliendo il gravame e così respingendo l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 59/2008 intimato al V. per spese di riscaldamento degli esercizi dal 2001 al 2007); 2) sull’appello formulato da V.G. contro la sentenza n. 2829/2013 del Tribunale di Torino (rigettando l’appello e così respingendo l’impugnazione ex art. 1137 c.c. spiegata dal V. con riguardo alla Delib. di approvazione del consuntivo 2007/2008, che poneva a carico della proprietà V. una quota per la gestione del riscaldamento).

L’impugnata sentenza della Corte d’appello di Torino, dopo aver esposto da pagina 5 a pagina 32 i fatti di causa, ha evidenziato in motivazione come: 1) apparisse incontroverso che, dopo la sostituzione della caldaia per l’erogazione del riscaldamento centralizzato deliberato dall’assemblea 11 settembre 2000 del Condominio (OMISSIS), l’unità immobiliare del condomino V., quanto meno dal 2001, non era più stata collegata all’impianto condominiale; 2) era stato accertato che l’assemblea dell’11 settembre 2000 non avesse autorizzato il V. a distaccare la sua proprietà dall’impianto centralizzato; 3) il distacco comunque operato dal V. costituiva violazione dell’art. 10 del regolamento di condominio, secondo il quale “… è obbligatorio servirsi dell’impianto di riscaldamento centralizzato per il periodo di accensione e per la resa termica prevista dalle vigenti norme, eventuali deroghe, se possibile, dovranno essere approvate all’unanimità dai singoli utenti. Nessun condomino può rinunciare all’utilizzo del riscaldamento centralizzato, anche se temporaneamente…”; 4) l’assemblea del 12 ottobre 2000 fece divieto al V. di staccarsi dal riscaldamento centralizzato, all’unanimità dei presenti e col voto difforme del solo interessato; 5) a seguito della sostituzione della caldaia operata nel 2001, l’unità immobiliare di proprietà V. non venne proprio più collegata con l’impianto centralizzato condominiale, il che aveva dato luogo ad una fattispecie diversa dall’ipotesi del “distacco”, rientrante nel novellato art. 1118 c.c., comma 4; 6) il V. non aveva assolto all’onere della prova che dal distacco operato non derivassero aggravi di gestione o uno squilibrio termico, restando, peraltro, in tal caso esonerato dalle sole spese per l’uso del riscaldamento centralizzato; 7) tali prove di aggravi o squilibri non erano nella specie ipotizzabili, in quanto la proprietà V. era stata non “distaccata”, ma proprio “non collegata” in origine all’impianto centralizzato, così contravvenendo all’art. 10 del regolamento condominiale. La Corte di Torino ha infine dichiarato inammissibili il secondo, il terzo ed il quarto motivo dell’appello di V.G. (consuntivo e preventivo, tardivi pagamenti, spese personali), mentre ha ritenuto infondata la censura concernente la condanna al rimborso delle spese processuali sostenute dalla SE.G.IM. s.r.l., ex amministratrice del Condominio (OMISSIS), da questo chiamata in garanzia.

Il ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Va dapprima agevolmente superata l’eccezione avanzata dal controricorrente Condominio (OMISSIS), secondo cui dovrebbe dichiararsi cessata la materia del contendere, in quanto, nel corso di altra causa tra le parti pendente davanti al Tribunale di Torino, il medesimo Condominio, “senza nulla riconoscere in fatto ed in diritto”, ha provveduto a versare al condomino V. l’importo del decreto ingiuntivo n. 59/2008, nonchè a stornare le somme rendicontate per spese di riscaldamento.

La cessazione della materia del contendere, che può essere dichiarata anche dalla Corte di cassazione, postula la sopravvenienza, nel corso del giudizio, di eventi fattuali o atti volontari delle parti, riconosciuti ed ammessi da tutti i contendenti ed idonei ad eliminare ogni posizione di contrasto. Ciò non è riscontrabile ove una delle parti provveda a pagare o a restituire in corso di causa le somme controverse, “senza nulla riconoscere in fatto ed in diritto”, come si assume avvenuto nella specie, e sono perciò anche inammissibili, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., i documenti prodotti dal controricorrente Condominio (OMISSIS) a sostegno della dedotta cessazione della materia del contendere.

I.L’unico motivo del ricorso di V.G. che abbia una specifica rubrica – nella quale vengono indicate le norme di diritto su cui si fondano le censure e vengono esposti i vizi denunciati mediante richiamo alle tassative categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c. – si trova a pagina 22 dell’atto di impugnazione. Esso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1102,1117,1118,1120,1138,1362 e ss. c.c., degli artt. 112 e 115c.p.c., art. 345c.p.c., comma 3, dell’art. 143 disp. att. c.p.c., ed ancora l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, il “vizio logico di ragionamento” e l’omesso esame circa un fatto decisivo. Il ricorrente deduce la manifesta contraddittorietà della sentenza impugnata, per aver sostenuto che non poteva essere ritenuto in alcun modo legittimo il “distacco” della proprietà V. dall’impianto centralizzato, in quanto la stessa non era mai stata “allacciata” alla nuova caldaia sostituita nel 2000/2001. Le condizioni di legittimità del distacco erano state al contrario, secondo il ricorrente, verificate dal CTU, sicchè egli doveva ritenersi obbligato a partecipare alle sole spese di conservazione dell’impianto.

Seguono alla premessa unitaria del ricorso cinque paragrafi. Nel paragrafo “a) il debito per riscaldamento” (pagina 26 e ss. del ricorso), si afferma l’inoperatività, all’epoca dei fatti di causa, della L. n. 220 del 2012, e la sussistenza di un diritto del singolo condomino a staccarsi dall’impianto di riscaldamento condominiale, senza essere onerato di alcuna prova preventiva, essendo peraltro pacifico che fosse stato “il Condominio a non allacciare l’unità immobiliare del V. alla nuova caldaia installata nel 2001”. Si aggiunge che era stata comunque fornita in giudizio la prova che alcun funzionamento e/o disservizio fosse conesguito al mancato allacciamento della unità immobiliare del ricorrente all’impianto centralizzato.

Il paragrafo “b) Consuntivo 2007/2008 e preventivo 2008/2009” (pagina 31 di ricorso) ipotizza l’omessa motivazione e omessa pronuncia sul secondo motivo di appello inerente proprio al consuntivo gestione ordinaria 2007/2008.

Il paragrafo “c) I tardivi pagamenti” (pagina 32 di ricorso) denuncia ancora l’omessa motivazione e omessa pronuncia, l’error in iudicando ed il vizio di insufficiente e/o omessa motivazione sul relativo motivo di appello.

Il paragrafo “d) Le spese personali” (pagina 33 e ss. di ricorso) deduce l’omessa motivazione “in relazione all’art. 112 c.p.c.”.

Il paragrafo “e) Le spese di lite della SE.G.IM” (pagina 35 e ss. di ricorso) attiene al rimborso delle spese della terza chiamata in causa.

I.2. I motivi di ricorso contenuti nei paragfrafi “b) Consuntivo 2007/2008 e preventivo 2008/2009”, “c) I tardivi pagamenti” e “d) Le spese personali” sono inammissibili. La Corte di Torino aveva, infatti, dichiarato inammissibili, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., il secondo, il terzo ed il quarto motivo dell’appello di V.G. (consuntivo e preventivo, tardivi pagamenti, spese personali), mancando in essi “qualsiasi critica alla ratio decidendi” della prima sentenza, ed esaurendosi gli stessi in una “semplice riproposizione” delle tesi difensive avanzate davanti al Tribunale. Avendo il giudice d’appello dichiarato inammissibili tali motivi di gravame per difetto di specificità, al fine di impedire il passaggio in giudicato in parte qua della sentenza, il ricorrente, rimasto soccombente, aveva l’onere di denunziare l’errore della pronuncia gravata come violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., agli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dimostrando che i motivi d’appello, ritenuti non specifici, avessero invece i requisiti prescritti dalla legge, giacchè recanti una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza del Tribunale e, con essi, delle relative doglianze, mediante affiancamento alla parte volitiva di una parte argomentativa contrastante con le ragioni addotte dal primo giudice (cfr. Cass. Sez. 3, 09/03/1995, n. 2749; Cass. Sez. 2, 20/08/2019, n. 21514).

I tre motivi di ricorso in questione allegano, al contrario, censure di omessa motivazione, omessa pronuncia, errores in iudicando, insufficiente e/o omessa motivazione, senza confrontarsi con la peculiare dichiarazione di inammissibilità ex art. 342 c.p.c. contenuta nella sentenza impugnata.

1.2. Il primo motivo di ricorso, con le specificazioni di cui al paragrafo “a) il debito per riscaldamento”, è fondato nei termini di seguito indicati.

La sentenza della Corte d’appello di Torino è errata nella parte in cui ha sostenuto che fosse comunque illegittimo il distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato effettuato dal condomino V., ovvero il “mancato collegamento” della unità immobiliare di proprietà V. all’impianto condominiale dopo la sostituzione della caldaia nel 2001, alla stregua dell’art. 10 del regolamento di condominio, secondo cui “… è obbligatorio servirsi dell’impianto di riscaldamento centralizzato per il periodo di accensione e per la resa termica prevista dalle vigenti norme, eventuali deroghe, se possibile, dovranno essere approvate all’unanimità dai singoli utenti. Nessun condomino può rinunciare all’utilizzo del riscaldamento centralizzato, anche se temporaneamente…”, nonchè della revoca di ogni autorizzazione al distacco deliberata dall’assemblea del 12 ottobre 2000.

La Corte d’appello di Torino ha deciso la questione di diritto ad essa devoluta senza tener conto del consolidato orientamento giurisprudenzlale in base al quale, già prima dell’entrata in vigore del novellato art. 1118 c.c., comma 4, introdotto dalla L. n. 220 del 2012, si riconosce a ciascun condomino il diritto di rinunziare legittimamente all’uso del riscaldamento centralizzato e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condomini, se sia provato che dal distacco non derivano nè un aggravio di spesa per gli altri condomini nè uno squilibrio di funzionamento, restando in tal caso fermo soltanto l’obbligo del concorso nel pagamento delle spese occorrenti per la conservazione e la manutenzione straordinaria dell’impianto. Sono conseguentemente nulle, per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune, la clausola del regolamento condominiale, come la Delib. assembleare che vi dia applicazione, che vietino in radice al condomino di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, seppure il distacco non cagioni alcun notevole squilibrio termico nè aggravio di gestione per gli altri partecipanti. Secondo l’interpretazione giurisprudenziale di questa Corte, infatti, la disposizione regolamentare che contenga un incondizionato divieto di distacco si pone in contrasto con la disciplina legislativa inderogabile emergente dall’art. 1118 c.c., comma 4, L. n. 10 del 1991, art. 26, comma 5 e D.Lgs. n. 102 del 2014, art. 9, comma 5, (come modificato dal D.Lgs. 18 luglio 2016, n. 141, art. 5, comma 1, lett. i, punto i), diretta al perseguimento di interessi sovraordinati, quali l’uso razionale delle risorse energetiche ed il miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale, e sarebbe perciò nulla o “non meritevole di tutela” (Cass. Sez. 2, 11/12/2019, n. 32441; Cass. Sez. 2, 02/11/2018, n. 28051; Cass. Sez. 2, 12 maggio 2017, n. 11970; Cass. Sez. 6 – 2, 03/11/2016, n. 22285; Cass. Sez. 2, 29 settembre 2011, n. 19893; Cass. Sez. 2, 13 novembre 2014, n. 24209; Cass. Sez. 2, 30/03/2006, n. 7518).

E’ altrimenti incomprensibile la conclusione cui perviene la Corte d’appello di Torino, quando afferma che il condomino V. non poteva essersi legittimamente distaccato dall’impianto centralizzato di riscaldamento, e doveva perciò continuare a sostenerne le spese di funzionamento, in quanto, a seguito della sostituzione della caldaia avvenuta nel 2001, la proprietà V. non era proprio più collegata con il rinnovato impianto centrale condominiale: in sostanza, si legge nella sentenza impugnata: “l’impianto di riscaldamento V. non fu mai collegato “prima” (a caldaia sostituita) e distaccato “dopo” (sempre a caldaia sostiuita) dall’impianto di riscaldamento centrale”.

Di regola, si spiega che il condomino rimane obbligato a pagare le sole spese di conservazione dell’impianto di riscaldamento centrale (ad esempio, proprio quelle per la sostituzione della caldaia), anche quando sia stato autorizzato a rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto comune, atteso che l’impianto centralizzato costituisce un accessorio di proprietà comune, al quale il predetto potrà comunque, in caso di ripensamento, riallacciare la propria unità immobiliare (Cass. Sez. 2, 29/03/2007, n. 7708).

Se, tuttavia, in seguito ad un intervento di sostituzione della caldaia dell’impianto termico centralizzato, il mancato allaccio di un singolo condomino non si intenda quale volontà unilaterale dello stesso di rinuncia o distacco, ma appaia quale conseguenza della impossibilità tecnica di fruizione del nuovo impianto condominiale a vantaggio di una unità immobiliare, restando impedito altresì un eventuale futuro riallaccio, deve ritenersi che tale condomino non sia più titolare di alcun diritto di comproprietà sull’impianto, e non debba perciò nemmeno più partecipare ad alcuna spesa ad esso relativa, essendo nulla la Delib. assembleare che addebiti le spese di riscaldamento ai condomini proprietari di locali cui non sia comune l’impianto centralizzato, nè siano serviti da esso (Cass. Sez. 2, 03/10/2013, n. 22634; Cass. Sez. 2, 10/05/2012, n. 7182).

1.3. L’accoglimento del primo motivo del ricorso, cui consegue la cassazione con rinvio della causa, comporta l’assorbimento dell’ulteriore mezzo di gravame sulla ripartizione dell’onere delle spese di lite introdotto nel paragrafo “e) Le spese di lite della SE.G.IM.”, in quanto la relativa censura è diretta contro una statuizione che, per il suo carattere accessorio, è destinata ad essere travolta dall’annullamento che viene disposto dalla sentenza impugnata, a seguito del quale la liquidazione delle spese delle precorse fasi del giudizio va effettuata dal giudice di rinvio, tenendo conto dell’esito finale del giudizio.

II. Conseguono l’accoglimento del primo motivo di ricorso, “paragrafo a)”, la declaratoria di inammissibilità dei motivi di cui ai paragfrafi “b)” “c)” e “d)” e l’assorbimento del motivo di cui al paragfrafo “e)”. La sentenza impugnata va perciò cassata, nei limiti delle censure accolte, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi e provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, “paragrafo a)”, dichiara inammissibili i motivi di cui ai paragfrafi “b)” “c)” e “d)”, dichiara assorbito il motivo di cui al paragfrafo “e)”; cassa la sentenza impugnata limitatamente alle censure accolte e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2020

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