Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18130 del 04/08/2010

Cassazione civile sez. lav., 04/08/2010, (ud. 13/07/2010, dep. 04/08/2010), n.18130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.N.P.A.F. – CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BOCCA DI LEONE 7 8, presso lo studio

dell’avvocato LUCIANI MASSIMO, che lo rappresenta e difende, giusta

mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.G., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato CALI’ CARMELO, giusta mandato a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 703/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 10/12/2005 R.G.N. 1362/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/07/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’Avvocato LUCIANI MASSIMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato in data 31/3/02, l’avv. C.G. adiva il Giudice del Lavoro di Catania, e proponeva opposizione avverso l’avviso di mora n. (OMISSIS), notificatole in data 28/2101, per omissioni contributive relative agli anni dal 1992 al 1996 per il complessivo importo di L. 5.062.249.

Lamentava l’opponente l’assoluta genericità dell’avviso di mora per difetto di motivazione e quindi la genericità in ordine alla descrizione del tributo ed inoltre perchè emesso in violazione della L. n. 689 del 1981, artt. 13 e ss..

Deduceva inoltre l’avvenuta estinzione del credito per prescrizione quinquennale e chiedeva,, in accoglimento dell’opposizione, annullarsi nei confronti della Cassa Nazionale di Assistenza e Previdenza Forense l’opposto avviso di mora, con vittoria di spese e compensi.

Si costituiva in giudizio la Cassa Nazionale di Assistenza e Previdenza Forense e chiedeva il rigetto dell’opposizione.

Si costituiva in giudizio anche la Montepaschi Serit s.p.a. deducendo il proprio difetto di legittimazione.

Con sentenza del 23/01/03 il Giudice adito rigettava l’opposizione proposta dall’avv. C..

2. Avverso tale sentenza proponeva appello l’avv. C. con ricorso del 18/10/03, chiedendo che la Corte di appello, in riforma della sentenza appellata, dichiarasse l’opposto avviso di mora carente nei necessari elementi di identificazione e, per l’effetto, annullasse lo stesso; chiedeva altresì, in via subordinata, che, accertato che nella specie si trattava di una prestazione dovuta a titolo di penalità e quindi di una sanzione amministrativa pecuniaria, la Corte dichiarasse l’avvenuta prescrizione delle somme riportate nell’avviso di mora, essendo decorso il periodo di cinque anni in assenza di valida notifica.

La Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto dell’appello.

La Corte d’appello di Catania con sentenza del 22/9/2005 accoglieva l’appello e per l’effetto annullava l’avviso di pagamento esattoriale, condannava la Cassa Nazionale Previdenza e Assistenza Forense alla rifusione delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.

3. Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la Cassa.

Resiste non controricorso la parte intimata.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il ricorso, articolato in due motivi, la Cassa ricorrente addebita alla sentenza impugnata la violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, lett. b), e comma 10, e L. n. 576 del 1980, artt. 17 e 19, ed in subordine la illegittimità costituzionale della suddetta norma della legge del 1995, per avere ritenuto applicabile la prescrizione quinquennale anche alla contribuzione degli enti privatizzati, i quali sono completamente auto finanziati, essendo escluso, in caso di squilibrio, qualunque possibilità di concorso della finanza pubblica, ed essendo connotati da una disciplina particolare, alla quale non si potrebbe estendere la normativa prevista per i contributi Inps. In via subordinata la Cassa ricorrente eccepisce l’illegittimità costituzionale della suddetta normativa: Inoltre la sentenza sarebbe errata per avere applicato lo stesso termine di prescrizione quinquennale alla sanzione di cui alla L. n. 141 del 1992, art. 9, per avere omesso di presentare le comunicazioni annuali obbligatorie, e quindi non essendo la violazione connessa al mancato o tardivo versamento dei contributi non potrebbe applicarsi lo stesso regime sanzionammo previsto per questi casi.

La prescrizione per dette sanzioni rimarrebbe decennale, mentre non sarebbe operante il termine quinquennale previsto dalla L. n. 689 del 1981, art. 28, in quanto previsto in via generale per le sanzioni amministrative e quindi non idoneo a derogare alla disciplina speciale vigente nel regime di previdenza forense.

2. I ricorso – i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto oggettivamente connessi – è infondato.

3. Va premesso innanzi tutto che la giurisprudenza di questa Corte è nel senso dell’applicabilità della nuova disciplina della prescrizione quinquennale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3 alle contribuzioni dovute alle casse di previdenza privatizzate dei liberi professionisti (Cass., sez., lav., 16 agosto 2001, n. 11140; Cass., sez., lav., 6 novembre 2006, n. 23643; Cass., sez., lav., 15 marzo 2006, n. 5622; Cass., sez., lav., 24 febbraio 2006, n. 4153; Cass., sez., lav., 29 dicembre 2004, n. 24138; Cass., sez., lav. 24 marzo 2005, n. 6340; Cass., sez., lav., 10 dicembre 2004, n. 23 116; Cass., sez., lav., 9 aprile 2003, n. 5522; Cass., sez., lav., 1 luglio 2002.

n. 9525; Cass., sez., lav., 27 giugno 2002, n. 9408; 12 gennaio 2002, n. 330).

4. Inoltre, quanto al più specifico profilo delle sanzioni irrogate dalla Cassa, questa Corte (ex plurimis Cass., sez. lav., 24 marzo 2003, n. 4290; Cass., sez. lav., 20 settembre 2006. n. 20343) ha anche precisato in proposito che la penalità prevista dalla L. n. 576 del 1980, art. 17, comma 4, primo periodo, nel testo modificato dalla L. n. 141 del 1991, art. 9, nel caso di omessa (annuale) comunicazione del reddito da parte dei professionisti alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense ha natura di sanzione amministrativa pecuniaria. Cfr. Cass., sez. lav., 26 maggio 2008. n. 13545, secondo cui le norme procedimentali di cui alla L. n. 689 del 1981, trovano applicazione anche per l’irrogazione della sanzione amministrativa relativa all’omesso invio della comunicazione reddituale alla Cassa forense, salvo che per quegli aspetti espressamente derogati (o espressamente disciplinati in modo diverso) da altre norme speciali di pari grado (con conseguente irrilevanza di disposizioni regolamentari contrastanti con la normativa primaria).

Nè la natura amministrativa di tale sanzione – affermata anche dalla giurisprudenza recente di questa Corte – è venuta meno per effetto della privatizzazione della Cassa forense ex D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509 essendo rimasto comunque in capo alla Cassa un potere, previsto dalla legge, di irrogazione di sanzioni per comportamenti degli iscritti in violazione di legge; potere al quale corrisponde una situazione di soggezione degli iscritti stessi; cfr., per altro verso, Cass., sez. lav., 14 novembre 2001, n. 14191. secondo cui anche dopo la privatizzazione ex D.Lgs. n. 509 del 1994, permane in capo alla Cassa forense il potere di fare ricorso al ruolo esattoriale per la riscossione dei contributi.

5. Questa Corte poi si è anche pronunciata in ordine all’ulteriore problema – che è quello posto dal ricorso della ricorrente – del termine prescrizionale (quinquennale o decennale) per l’irrogazione delle sanzioni da parte della Cassa.

Infatti Cass., sez. lav., 20 settembre 2006, n. 20343 – nel ribadire che ha natura amministrativa la sanzione pecuniaria comminata dalla L. n. 576 del 1980, art. 17, comma 4, primo periodo, per inottemperanza all’obbligo di comunicazione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense dell’ammontare del reddito professionale entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi – ha precisato che la stessa, come tale, è soggetta alla prescrizione quinquennale, di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 28, decorrente dal giorno in cui è stata commessa la violazione. Ciò perchè la disciplina generale (di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, cit., art. 28) – in materia di prescrizione delle sanzioni amministrative pecuniarie – non risulta derogata da disposizione speciale in materia di prescrizione della sanzione amministrativa (di cui alla L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 17, comma 4, primo periodo, cit.). Ed infatti – ha ritenuto questa Corte – la prescrizione decennale (di cui alla L. 20 settembre 1980 n. 576, art. 19, comma 1, primo periodo, cit.) riguardante i “contributi dovuti alla Cassa (nazionale di previdenza e assistenza forense)”, nonchè ogni relativo accessorio e – aggiunge la Corte – “sanzione ai sensi della presente legge” risulta, come tale, “tacitamente abrogata a seguito dell’entrata in vigore alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 9 e 10, cit.”.

Nello stesso senso si è successivamente espressa anche Cass., sez. lav., 4 giugno 2008, n. 14779, che – rigettando anche l’eccezione di incostituzionalità – ha ribadito la natura amministrativa della sanzione pecuniaria comminata dalla L. n. 576 del 1980, art. 17, comma 4, primo periodo, (successivamente modificato dalla L. 11 febbraio 1992, n. 141, art. 9), con conseguente assoggettamento alla prescrizione quinquennale decorrente dal giorno in cui è stata commessa la violazione.

6. Questo orientamento – argomentativamente contrastato dalla difesa della ricorrente – va ora ulteriormente confermato.

7. Per quanto riguarda la possibilità dell’abrogazione di una disposizione speciale ad opera di una successiva disposizione a carattere generale (sicchè anche al credito contributivo della Cassa forense, si applica la L. n. 335 del 1995, comma 9, dell’art. 3 – disposizione di carattere generale – con conseguente abrogazione implicita, in parte qua, della L. n. 576 del 1980, art. 19, disposizione speciale) è sufficiente richiamare specificamente Cass., sez. lav., 9 aprile 2003, n. 5522 che ha affermato quanto segue.

“Va premesso che l’art. 15 preleggi, prevede, oltre all’abrogazione espressa ed a quella per incompatibilità, anche quella per “assorbimento”; ipotesi quest’ultima che si verifica allorchè una “nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore”. E’ questo il criterio che regola la fattispecie in cui ad una legge a carattere speciale segue una legge a carattere generale, sicchè “a contrario”, ove ciò non si verifichi, opera viceversa il principio secondo cui “lex posterior generalis non derogat priori speciali”.

Quindi è vero – come sottolinea la difesa della Cassa ricorrente – che, in applicazione di tale principio, si ha che una legge generale successiva non comporta l’abrogazione di una legge speciale precedente; ma se, interpretando la prima, risulta l’intento del legislatore di regolare l’intera materia eliminando quindi la connotazione di specialità in precedenza sussistente, si ha allora non di meno l’abrogazione implicita.

Nella specie per “materia” si deve intendere non già la più ampia disciplina della previdenza obbligatoria, bensì la disciplina della durata del termine di prescrizione del credito contributivo.

Il problema interpretativo si sposta quindi sulla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, che reca appunto la disciplina della durata del termine di prescrizione del credito contributivo.

Il dato testuale di tale disposizione depone nel senso che il legislatore abbia inteso porre una regolamentazione a tutto campo. Ed infatti, mentre il comma 9, lett. a) riguarda il Fondo pensioni lavoratori dipendenti e le altre gestioni pensionistiche obbligatorie, la lett. b) si riferisce a “tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria”;

formulazione questa che è onnicomprensiva (anche della contribuzione di tipo pensionistico, quale quella rilevante nella specie) e non lascia fuori alcuna forma di previdenza obbligatoria. Pertanto per il solo fatto che la previdenza forense abbia carattere (non già facoltativo, ma) obbligatorio, come risulta dalla L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 22, secondo cui l’iscrizione alla Cassa è obbligatoria per tutti gli avvocati che esercitano la libera professione con carattere di continuità, trova applicazione l’art. 3 cit., comma 9, con conseguente abrogazione della citata L. n. 576 del 1980, art. 19.

Del resto questa Corte ha già ritenuto l’applicabilità dell’art. 3 cit., comma 9, ad altre ipotesi di sistemi previdenziali categoriali (geometri e commercialisti): Cass. luglio 2002 n. 9525, Cass. 27 giugno 2002 n. 9408; Cass. 12 gennaio 2002 n. 330, Cass. 16 agosto 2001 n. 11140″.

8. Argomenta ora la difesa della Cassa che la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, contiene sì una disposizione a carattere generale (di norma, la prescrizione quinquennale), ma riguardante i “contributi di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria” e non anche le sanzioni sicchè non potrebbe aversi l’abrogazione per incompatibilità della disposizione speciale dettata per le sanzioni irrogate dalla Cassa quanto alla durata (decennale) della prescrizione in quanto mancherebbe una disposizione a carattere generale.

Il rilievo è esatto in quanto effettivamente tale è il dato testuale dell’art. 3, comma 9, cit: si riferisce ai “contributi di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria”, mentre la disposizione di carattere generale per le sanzioni amministrative è contenuta nella cit. L. n. 689 del 1981, art. 28, comma 1, (“il diritto di riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione”).

Deve però considerarsi che la invocata regola speciale della durata decennale del termine prescrizionale è sì posta dalla L. n. 576 del 1980, art. 19, ma solo per i contributi e per “ogni relativo accessorio”, e non anche per le sanzioni; le quali sono specificamente menzionate solo nel secondo comma che disciplina la decorrenza del termine prescrizionale; nè esse possono qualificarsi come elemento “accessorio” dell’obbligo contributivo, ma attengono a comportamenti inadempienti degli assicurati che possono ben prescindere da una situazione di evasione contributiva.

D’altra parte il secondo periodo dell’art. 19 cit., facendo espressamente riferimento alle “sanzioni” e agli “accessori”, oltre che ai “contributi”, conferma che esse (le sanzioni) sono “altro” rispetto agli elementi “accessori” del credito contributivo.

Pertanto, manca in realtà una specifica disposizione speciale della durata del termine prescrizionale per le sanzioni irrogate dalla Cassa forense, come per i contributi, sicchè opera il termine generale che per le sanzioni amministrative è quello quinquennale previsto dalla L. n. 689 del 1991, art. 28, comma 1.

Se poi, con un’interpretazione sistematica e coordinata dei due commi dell’art. 19, qual è quella che propone la difesa della ricorrente, si dovesse ritenere che le “sanzioni”, ancorchè previste espressamente solo dall’art. 19, comma 2, partecipano comunque della disciplina (della durata decennale della prescrizione) dettata dal primo comma del medesimo art. 19, la “norma” che ne discenderebbe sarebbe formulata solo in termini di equiparazione: alle sanzioni irrogate dalla Cassa forense si applica lo stesso termine prescrizionale previsto per i contributi e “ogni relativo accessorio” dovuti alla Cassa ed, essendo questo decennale (prima della riforma del 1995), si ha di risulta che anche per le sanzioni il termine è decennale.

Se però cade la premessa di questo sillogismo – perchè la disposizione speciale della durata decennale del termine prescrizionale per i contributi (ed accessori) della Cassa è abrogata da una disposizione di carattere generale che prevede, di norma, la prescrizione quinquennale (per le ragioni di cui sopra sub 7) – anche il termine prescrizionale per le sanzioni risulta allineato: è quello stesso operante per i contributi (e “ogni relativo accessorio”) e divenuto quinquennale.

Non c’è quindi un’abrogazione per incompatibilità di una disposizione speciale dettata per la durata del termine prescrizionale per le sanzioni irrogate dalla Cassa; continua invece ad operare la suddetta regola di equiparazione che può estrarsi dall’art. 19 cit.

9. Nè è prospettabile una questione di costituzionalità atteso che la disciplina delle sanzioni irrogate dalla Cassa, per le argomentazioni sopra svolte, risulta conformata, quanto alla durata del termine prescrizionale (quinquennale, quindi), a quella dei contributi ed è la stessa di quella delle sanzioni amministrative in genere. Questa armonizzazione del sistema complessivo appare conforme al principio di eguaglianza.

Nè per altro verso sono compromesse le esigenze di tutela previdenziale degli iscritti alla Cassa e di solidarietà tra gli stessi – pur sempre sottese al regime delle sanzioni – apparendo non esiguo il termine prescrizionale quinquennale per l’irrogazione delle sanzioni; cfr. la giurisprudenza costituzionale secondo cui “l’incongruità del termine di prescrizione può ammettersi, ed è rilevante, solo quando esso sia di durata tale da non rendere effettiva la possibilità di esercizio del diritto cui si riferisce e di conseguenza appaia inoperante la tutela del diritto” (C. cost. n. 1021 del 1988).

10. Il ricorso va quindi rigettato.

Sussistono giustificati motivi (la complessità delle questioni poste dalla controversia) per la compensazione tra le parti delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2010

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