Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18129 del 04/08/2010

Cassazione civile sez. lav., 04/08/2010, (ud. 13/07/2010, dep. 04/08/2010), n.18129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CAREMAR – CAMPANIA REGIONALE MARITTIMA – S.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA CRESCENZIO 62, presso lo studio dell’avvocato GRISANTI FRANCESCO,

rappresentata e difesa dall’avvocato BALLETTI EMILIO, giusta mandato

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MEROLLA GIUSEPPE, giusta mandato a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CALIULO LUIGI,

CORRERA’ FABRIZIO, SGROI ANTONINO, giusta delega in calce alla copia

notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 38/2006 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il

16/01/2006 R.G.N. 44075/97 + 1;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/07/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’Avvocato MARCO PAOLO FERRARI per delega EMILIO BALLETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato il 17.10.1992, P.A., premesso di essere dipendente della Caremar – Campania Regionale Marittima s.p.a., con il grado e la qualifica di Comandante dall’1.8.1986, ma di avere espletato le relative funzioni dal 14.7.1983; di essere stato assicurato presso l’Inps, laddove aveva diritto all’iscrizione presso l’INPDAI, si rivolgeva al Pretore di Napoli, in funzione di Giudice del Lavoro, chiedendo che, accertata e dichiarata la natura dirigenziale delle mansioni espletate, la società fosse condannata all’assolvimento degli oneri contributivi presso l’INPDAI. Conveniva, altresì, in giudizio l’Inps chiedendo che fosse ad esso ordinata la cancellazione della posizione contributiva esistente presso la propria gestione speciale e la restituzione delle somme versate in eccedenza.

Conveniva anche l’INPDAI chiedendo che gli fosse ordinato di accendere una posizione contributiva in suo favore con trasferimento dei contributi già versati dal datore all’Inps.

Il pretore adito, con sentenza del 20 febbraio 1997, accoglieva la domanda dichiarando il diritto del ricorrente all’inquadramento ai fini previdenziali come dirigente a far data dal 14.7.83, il diritto dell’INPDAI ad iscrivere il P. presso di se, ordinando all’Inps di cancellarne la posizione previdenziale trasferendo all’INPDAI le somme relative ai contributi e alla posizione previdenziale dello stesso.

2. Con ricorso depositato il 10.06.97, l’Inps proponeva appello.

Deduceva che con L. n. 413 del 1984 lo stato maggiore dipendente da società di navigazione doveva essere assicurato presso l’inps. Il D.L. n. 184 del 1993, poi convertito in L. n. 236 del 1993, dava un’interpretazione autentica di questa norma, chiarendo che nella dizione “stato maggiore” rientrassero anche i comandanti di nave.

Stabiliva che quelli già iscritti presso l’inpdai, potevano esercitare l’opzione, ai fini di mantenere tale iscrizione, entro il 31.10.93. Il P., iscritto alla forma assicurativa cui la legge lo assegnava, non poteva avvalersi della predetta opzione, utilizzabile solo da coloro già iscritti all’Inpdai.

Anche la Caremar – Campania Regionale Marittima s.p.a, proponeva appello avverso la stessa sentenza.

Riuniti gli appelli, interrotto il processo a seguito dell’estinzione dell’Inpdai, questo veniva riassunto dalla Caremar.

Il tribunale di Napoli, con sentenza del 28 novembre 2005 – 16 gennaio 2006, rigettava entrambi gli appelli compensando tra le parti le spese di giudizio del grado.

3. Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la società CAREMAR. Resiste con controricorso il P..

LMNPS ha solo depositato procura.

Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è articolato in un solo motivo cui la società deduce violazione ed errata applicazione, con riferimento all’art. 12 “disp. gen.”, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, art. 6, comma 15 bis, della Legge Di Conversione 19 luglio 1993, n. 236, art. 6, nonchè della L. 26 luglio 1984, n. 413, art. 4, lett. a) ed i) e della L. 9 marzo 1989, n. 88, artt. 4 e 6. In ogni caso errata e contraddittoria motivazione: in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3 e 5.

Sostiene che l’espressione “conservare” contenuta nella norma di interpretazione autentica di cui al D.L. 20 maggio 1993, art. 15 bis, convertito dalla L. 19 luglio 1993, n. 236, non avrebbe potuto intendersi, secondo il significato proprio della parola, che nel senso di salvaguardare una posizione già acquisita dal soggetto (l’iscrizione all’Inpdai) e tale era, del resto, anche lo scopo della legge. Pertanto, di tale norma non avrebbero potuto avvalersi il P., posto che lo stesso era stato sempre iscritto all’Inps.

2. Il ricorso è fondato.

3. Questa Corte (Cass., sez. lav., 3 ottobre 2007, n. 20737; Cass., sez. lav., 17 dicembre 2001, n. 15965; cfr. anche Cass., sez. lav., 14 novembre 2006, n. 24277) ha già affermalo che il D.L. n. 148 del 1993, art. 6, comma 15 bis, convertito nella L. n. 236 del 1993, nella parte in cui consente transitoriamente ai comandanti e ai direttori di macchina della navigazione marittima di optare entro il 31 dicembre 1993 per “conservare” l’iscrizione all’INPDAI non può non essere riferita esclusivamente a coloro che, in base all’indirizzo giurisprudenziale prevalente prima dell’entrata in vigore della disposizione di interpretazione autentica in argomento (emanata proprio per imporre, con efficacia retroattiva, una diversa lettura della normativa di riferimento), avessero già conseguito una posizione assicurativa nell’INPDAI. In particolare ha osservato questa Corte che occorre partire dalla L. 26 luglio 1984, n. 413, sul riordinamento pensionistico dei lavoratori marittimi, che ha abolito la gestione speciale dei marittimi, disponendo, all’art. 4, che dal primo gennaio 1980 questi dovevano essere iscritti “esclusivamente” all’assicurazione sociale obbligatoria Inps. In particolare venivano comprese “le persone di nazionalità italiana o straniera che compongono, ai sensi di legge, l’equipaggio delle navi munite di carte di bordo o di documenti equiparati”. La legge prescriveva quindi, in modo inequivocabile, la iscrizione all’Inps per tutto questo personale.

Una parte della giurisprudenza ritenne però che i comandanti e i direttori di macchina dovessero essere iscritti all’Inpdai, in forza della L. 15 marzo 1973, n. 44, art. 3, che dettava norma integrative della L. 27 dicembre 1953, n. 967, sulla previdenza dei dirigenti industriali. Detta disposizione, infatti, nel determinare i soggetti iscritti all’Inpdai, annoverava i dirigenti delle aziende industriali, perchè precisava dover essere quelli di cui ai punti 1) e 3) dell’art. 2195 c.c. e giacchè al punto 3) figurava la “attività di trasporto per terra, per acqua o per aria”, si ritenne che anche il personale marittimo dirigenziale dovesse essere iscritto all’Inpdai, non considerando però che la citata L. n. 413 del 1984, aveva sicuramente natura di legge speciale dal momento che operava solo per il settore marittimo, ed era anche successiva alla L. n. 44 del 1973.

Fu quindi per sopperire all’anomalia provocata dalla citata giurisprudenza che fu emanata la disposizione oggetto del giudizio.

Ed infatti il D.L. 20 maggio 1993, n. 148, art 6, comma 15 bis, introdotto dalla Legge Conversione 19 luglio 1993, n. 236, dispone:

L’espressione “equipaggio”, di cui alla L. 26 luglio 1984, n. 413, art. 4, comma 2, lett. A), e l’espressione “stato maggiore navigante” di cui al citato comma 2, lett. i), devono intendersi comprensive, anche ai fini previdenziali, delle qualifiche di bordo di comandante e di direttore di macchina (…) I comandanti e i direttori di macchina (…) in servizio la data di entrata in vigore del presente decreto, possono optare, entro il 31 ottobre 1993, per conservare l’iscrizione all’Istituto nazionale di previdenza per i dirigenti di aziende industriali (INPDAI).

Questa Corte con molteplici pronunzie (Cass. 2 maggio 1995, n. 4814, 24 gennaio 1998, n. 706, n. 15965 del 17 dicembre 2001) già ha posto in rilievo come non possa dubitarsi della natura interpretativa di questa norma, neppure in considerazione de contenuto della sua seconda parte, atteso anche il carattere transitorio di quest’ultima, riflettente, sia pure in contraddizione con l’efficacia retroattiva della prima, la finalità di salvaguardare, entro breve termine, speciali situazioni di fatto. Una disposizione deve infatti, qualificarsi di interpretazione autentica quando, fermo restando il tenore letterale della disposizione interpretata, ne chiarisca il significato, oppure ne privilegi una delle possibili interpretazioni, così imponendola ai Giudici.

Il citato art. 6, comma 15 bis, nell’adottare l’espressione “devono intendersi”, rende evidente il momento interpretativo circa il significato di una norma precedente, e il momento precettivo, consistente nella imposizione di quel significato particolare (Cass. primo aprile 1993, n. 2888; 13 febbraio 1993, n. 1823; 7 luglio 1992, n. 8237).

4. In sintesi l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che aveva riconosciuto la qualifica dirigenziale ai comandanti e direttori di macchina, ai soli fini previdenziali, con conseguente obbligo di iscrizione all’Inpdai (v. Cass., sez. lav., 24 marzo 1993, n. 3467) è stato smentito dal comma 15 bis dell’art. 6 d.l. 20 maggio 1993 n. 148, introdotto dalla legge di conversione 19 luglio 1993 n. 236, che ha interpretato autenticamente la L. n. 413 del 1984, art. 4, nel senso che il comandante e il direttore di macchina devono ritenersi compresi, anche ai fini previdenziali, nell’equipaggio e nello stato maggiore navigante, con conseguente iscrizione all’Inps (ed età pensionabile all’epoca di cinquantacinque anni per le donne e sessanta anni per gli uomini) e non all’ente previdenziale dei dirigenti.

Di qui il mutamento giurisprudenziale sulla qualifica da attribuire ai fini previdenziali (a partire da Cass. 2 maggio 1995, n. 4814, cit), che ha escluso la qualifica dirigenziale ai fini previdenziali.

La medesima legge ha peraltro salvaguardato la posizione previdenziale di coloro che avevano già ottenuto l’iscrizione all’Inpdai (cui peraltro è nel frattempo succeduto l’Inps).

5. Poichè è pacifico che il lavoratore ricorrente in primo grado, era iscritto all’INPS, lo stesso non avrebbe potuto neppure esercitare l’opzione (di fatto esercitata, come risulta dalla sentenza del Tribunale) per conservare l’iscrizione all’INPDAI, opzione eccezionalmente attribuita a coloro che avessero già conseguito, una posizione assicurativa nell’INPDAI, in conformità all’interpretazione giurisprudenziale invalsa, prima dell’entrata in vigore della disposizione legislativa di Interpretazione autentica.

Il contrario convincimento del Tribunale non è condivisibile perchè contrasta con la lettera della legge che ha limitato la intrinseca retroattività della norma di interpretazione autentica ai soli casi in cui – per un giudicato formatosi o per un comportamento acquiescente degli Istituti previdenziali – fosse già in atto l’iscrizione presso l’INPDAI. In via eccezionale il legislatore ha ritenuto di far salva questa iscrizione presso l’INPDAI, già in atto; una sorta di salvezza delle situazioni già definite.

Ma al di là di queste (eccezionali) ipotesi, ha operato la norma di interpretazione che ha escluso, nella fattispecie, l’inquadramento tra i dirigenti d’azienda.

Il sistema così ricostruito appare ispirato ad un criterio di ragionevolezza sicchè manifestamente infondata appare l’eccezione di legittimità costituzionale prospettata dalla parte intimata nella memoria.

6. Il ricorso va quindi accolto.

L’impugnata sentenza va quindi cassata e, potendo la causa essere decisa nel merito, rigetta l’originaria domanda.

Sussistono giustificati motivi per compensare tra le parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda; spese compensate per l’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2010

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