Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18128 del 04/08/2010

Cassazione civile sez. lav., 04/08/2010, (ud. 13/07/2010, dep. 04/08/2010), n.18128

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XX

SETTEMBRE 3, presso lo studio dell’avvocato MICCOLIS GIUSEPPE, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREUCCI MARIO, giusta

mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore avv.to S.

G.P., che agisce anche quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

– Società di Cartolarizzazione dei Crediti INPS, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

MARITATO LELIO, CORETTI ANTONIETTA, CORRERA’ FABRIZIO, giusta mandato

in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

CASSA DI RISPARMIO DI LUCCA PISA LIVORNO S.P.A., (già CASSA DI

RISPARMIO DI LUCCA S.P.A.), SERVIZIO DELLA RISCOSSIONE DEI TRIBUTI

PER LA PROVINCIA DI LUCCA – CONCESSIONE DI LUCCA – BIPIELLE

RISCOSSIONI S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1542/2006 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 14/11/2006 R.G.N. 35/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/07/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’Avvocato CALIULO LUIGI per delega MARITATO LELIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. A.P.L., con ricorso del 15 dicembre 2000 al tribunale di Lucca, proponeva opposizione avverso l’iscrizione a ruolo di cui alla cartella di pagamento n. (OMISSIS), notificatagli il 10.11.2000, per l’importo complessivo di L. 78.769.851, a titolo di contributi gestione commercianti relativi al periodo 1995/1998.

In particolare l’ A. esponeva che la L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, prevedeva l’obbligo dell’iscrizione alla cassa di previdenza dei commercianti per il soci di società, sia di persone che di capitali, svolgenti unicamente attività di natura commerciale, obbligo che, con riferimento ai soci accomandanti che collaborano nell’impresa, veniva stabilito a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge stessa e, cioè, dal 1.1.1997.

Da quel momento, pertanto, l’opponente aveva provveduto ad iscrivere alla gestione previdenziale dei commercianti il coniuge B. A. ed i figli A.F. ed A.F., in qualità di collaboratori familiari coadiuvanti nell’attività di impresa (esercizio di un’autoscuola ed agenzia di pratiche auto in (OMISSIS)).

Con riguardo al periodo pregresso, lo stesso Istituto previdenziale, nella circolare n. 1595 del 3.1.1978, aveva stabilito che i soci accomandanti non erano, in linea generale, iscrivibili alla cassa di previdenza dei commercianti, potendo, in ipotesi, essere assicurati come coadiutori o come dipendenti. Tale interpretazione era stata ribadita dall’INPS con circolare n. 14162 del 15.3.1993. Ne conseguiva che, tenuto conto dell’espressione “possono”, l’iscrizione alla gestione in esame era solo facoltativa, essendo rimessa all’interessato, fino alla data di entrata in vigore della L. n. 662 del 1996, la relativa decisione.

L’INPS, ritualmente costituitosi, contestava l’opposizione avversaria, sostenendo che la L. n. 613 del 1966, art. 1 (che ha esteso in favore degli esercenti attività commerciali l’assicurazione IVS ) ha previsto per gli ausiliari del commercio, nonchè per i familiari e coadiutori, l’obbligo dell’assicurazione IVS. Come risultava dalla domanda di variazione presentata dalla società nel 1995, la stessa era composta, oltre che dall’opponente quale socio accomandatario, da tre soci accomandanti, l’uno agli altri legati da vincolo di parentela (moglie e figli). Detti soci avevano prestato la propria opera nella società anche negli anni 1995 e 1996, percependo redditi da lavoro autonomo – diversi da quelli di partecipazione -, dichiarati nel modello 740 e sui quali l’Istituto aveva chiesto e calcolato i contributi.

La Cassa di Risparmio di Lucca s.p.a. – società concessionaria del servizio di riscossione della provincia di Lucca -, benchè ritualmente evocala in giudizio, rimaneva contumace.

2. Il Tribunale di Lucca con sentenza n. 426/04 del 27 maggio 2004 accoglieva l’opposizione annullando il ruolo.

Ha osservato il tribunale: “è rilievo pregiudiziale quello concernente la (pacifica) identificazione, nella sas Autoscuole Gigi Aquilini di Aquilini Pierluigi & C. (nella quale fu conferita dall’1.1.1995 la ditta individuale A.P.), del centro di imputazione dell’obbligazione contributiva di cui si discute. Il preteso credito è stato iscritto a ruolo nei confronti di A. P. non quale legale rappresentante della società, ma in proprio.

Consegue l’annullamento del ruolo”.

3. Avverso questa pronuncia proponeva appello l’INPS con ricorso depositato in data 11 gennaio 2005 deducendo l’errata applicazione della L. n. 613 del 1966, per avere ritenuto centro di imputazione dell’obbligazione contributiva la società in accomandita semplice e non l’opponente A.P. nei cui confronti era stato iscritto a ruolo il credito contributivo. Sosteneva l’Istituto che l’obbligo assicurativo del coniuge e dei figli dell’ A., suoi collaboratori familiari fin dal momento della costituzione della s.a.s. nel gennaio 1995, trovava fonte legislativa già nella L. n. 613 del 1966, art. 1.

L’appellato, tardivamente costituitosi, contestava la fondatezza dell’impugnazione dell’ente previdenziale, di cui chiedeva il rigetto. L’ A. osservava, in particolare, che prima dell’entrata in vigore della L. n. 662 del 1996 non sussisteva un obbligo di automatica iscrizione alla gestione commercianti presso l’INPS dei soci accomandanti di una società che esercitava la sua attività nel campo del commercio.

La società concessionaria è rimasta contumace anche in questo grado.

Con sentenza del 10 novembre 2006 – 4 gennaio 2007, la Corte d’appello di Firenze accoglieva l’impugnazione e rigettava l’opposizione avverso l’iscrizione a ruolo esattoriale di cui alla cartella di pagamento n. (OMISSIS); e condannava l’appellato A.P.L. al pagamento delle spese processuali del doppio grado.

4. Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’ A..

Resiste non controricorso l’INPS; le altre parti intimate non hanno svolto difesa alcuna.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il ricorso, articolato in tre motivi, il ricorrente deduce che l’obbligazione contributiva per i soci accomandanti di una società in accomandita semplice non deriva dalla L. n. 613 del 1966, art. 1;

è stata invece introdotta dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203.

Sostiene inoltre che l’obbligo comunque non può gravare in proprio sul socio accomandatario, che è si responsabile solidale ma con il beneficium excussionis.

Infine deduce che non c’è la prova della collaborazione continuativa.

2. Il primo motivo del ricorso è infondato.

Questa Corte (Cass. sez. lav., 30 dicembre 2009, n. 27824) ha già affermato che la L. n. 613 del 1966 ha esteso l’obbligo assicurativo ai soci di società in nome collettivo o in accomandita semplice a condizione che gestiscano imprese organizzate prevalentemente con il lavoro dei soci e degli eventuali familiari coadiutori di cui all’art. 2 della medesima legge, ponendo l’obbligo del pagamento dei contributi relativi al coadiutore familiare necessariamente a carico del socio iscritto negli appositi elenchi.

In proposito può considerarsi – come questa Corte ha già rilevato – che la assicurazione commercianti è stata istituita come gestione speciale nell’ambito dell’assicurazione obbligatoria i.v.s. nel quadro dell’estensione di questa assicurazione a categorie di lavoratori convenzionalmente qualificati come lavoratori autonomi anche se titolari di piccole imprese, come i coltivatori diretti (L. 26 ottobre 1957, n. 1047), gli artigiani (L. 4 luglio 1959, n. 463) e appunto i titolari di piccole imprese commerciali (L. 22 luglio 1966, n. 613), in ragione della loro partecipazione diretta all’attività lavorativa e del ruolo prevalente del lavoro loro ed eventualmente dei loro familiari.

Per i commercianti, così come precedentemente per gli artigiani, in un primo momento l’individuazione delle posizioni soggette all’assicurazione pensionistica è avvenuta mediante rinvio alla preesistente assicurazione contro le malattie. E, infatti, la L. n. 613 del 1966, art. 1, comma 1, il cui testo tuttora non è stato espressamente abrogato, prevede l’estensione dell’assicurazione obbligatoria i.v.s. “agli esercenti le piccole imprese commerciali iscritti negli elenchi degli aventi diritto all’assicurazione obbligatoria contro le malattie istituita con L. 27 novembre 1960 n. 1367, agli ausiliari del commercio ed agli altri lavoratori autonomi iscritti nei predetti elenchi, nonchè ai loro familiari coadiutori indicati nell’articolo seguente”. La L. n. 1397 del 1960, art. 1, comma 1, oltre a precisare alle lettere a), b) e c) le condizioni di assicurabilità sotto i profili della dimensione dell’azienda, della partecipazione personale e materiale del titolare al lavoro aziendale e della organizzazione basata prevalentemente sul lavoro del titolare e dei suoi familiari, richiedeva, con la lett. d), per gli esercenti le piccole imprese commerciali che gli stessi fossero muniti delle licenze previste, a seconda dell’oggetto dell’attività, dalle norme di legge specificamente indicate, e determinati requisiti di iscrizione (o di adempimenti equivalenti) erano previsti pure, in genere, per le varie categorie degli ausiliari del commercio così come per gli altri soggetti indicati nel secondo comma (come, per esempio, le guide turistiche ed alpine), categorie di soggetti comunque indicate e specificate in maniera analitica.

L’art. 2 della medesima legge poi ha previsto che, qualora la piccola impresa commerciale sia costituita in forma di società in nome collettivo, per titolari d’impresa si intendono tutti i soci che rivestono singolarmente i requisiti richiesti dall’art. 1, lett. a), b), c) e d), della medesima legge.

Tale impostazione non risulta mutata allorquando il testo della L. n. 1397 del 1960, art. 1, venne sostituito prima dalla L. 25 novembre 1971, n. 1088, art. 1 e poi dalla L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, che pur ampliarono via via le categorie di lavoratori assoggettati all’assicurazione contro le malattie istituita per gli operatori del commercio e di conseguenza anche alla assicurazione obbligatoria i.v.s..

Più recentemente poi la L. 28 febbraio 1986, n. 45, art. 3 (Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 30 dicembre 1985, n. 787, concernente fiscalizzazione degli oneri sociali, sgravi contributivi nel Mezzogiorno e interventi a favore di settori economici), ha previsto che le disposizioni sull’iscrizione all’assicurazione contro le malattie contenute nella L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 1, come sostituito dalla L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, si applicano anche ai soci di società in nome collettivo o in accomandita semplice le quali esercitino le attività previste da tale articolo nel rispetto delle norme ad esse relative e gestiscano imprese organizzate prevalentemente con il lavoro dei soci e degli eventuali familiari coadiutori di cui alla L. 22 luglio 1966, n. 613, art. 2. I soci devono possedere i requisiti di cui al citato L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 1, comma 1, lett. b) e c) e per essi non sono richiesti l’iscrizione al registro di cui alla L. 11 giugno 1971, n. 426, e il possesso delle autorizzazioni o licenze che siano prescritte per l’esercizio dell’attività.

Quindi l’assicurazione malattia – e con essa l’assicurazione obbligatoria per IVS – è stata estesa anche ai soci di società in nome collettivo o in accomandita semplice, sempre che ricorrano i requisiti richiesti dalla L. n. 1397 del 1960 cit., art. 1, lett. a), b), c) e d), come correttamente ha ritenuto la sentenza impugnata.

3. Il secondo motivo è parimenti infondato.

Il ricorrente censura l’affermazione della Corte d’appello che ha rilevato che ex art. 2313 c.c. “nella società in accomandita semplice i soci accomandatari rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali”. Ciò significa – secondo la Corte d’appello – che l’iscrizione a ruolo a nome di A.P. di un debito contributivo della società (oggetto della cartella esattoriale opposta), è comunque avvenuta nei confronti del socio accomandatario che, ex lege, è tenuto, in solido con la società, al pagamento delle obbligazioni sociali. In sede esecutiva, comunque, il creditore sociale non può pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l’escussione del patrimonio sociale – il cd. beneficium excussionis, di cui agli artt. 2315 e 2304 c.c. -. Ciò comporta – sempre ad avviso della Corte d’appello – che l’iscrizione a ruolo del debito contributivo verso l’INPS nei confronti del socio accomandatario, tenuto a farvi fronte in via solidale ed illimitata, appare corretta, in quanto rivolto nei confronti di uno dei condebitori solidali. Solo in sede di azione esecutiva l’ A. potrà chiedere che venga prima escusso il patrimonio sociale – costituito, del resto, dalle modeste quote di partecipazione sua e dei familiari.

La censura è però infondata atteso che la citata L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 2, espressamente prevede che qualora la piccola impresa commerciale sia costituita in forala di società in nome collettivo, per titolari d’impresa si intendono tutti i soci sempre che rivestano singolarmente i requisiti richiesti dall’art. 1, lett. a), b), c) e d); disciplina questa che – per quanto sopra argomentato – trova applicazione anche alla piccola impresa commerciale costituita in forma di società in accomandita semplice.

Quindi può dirsi che, in ragione di tale disciplina speciale, l’obbligo contributivo gravi direttamente sul singolo socio accomandatario, che ha la gestione dell’impresa commerciale, e che i soci accomandanti, nella specie “coadiutori familiari”, sono soggetti alla stessa iscrizione per la medesima assicurazione obbligatoria non essendo contestata la sussistenza dei requisiti richiesti dalla L. n. 1397 del 1960 cit., art. 1, lett. a), b), c) e d).

4. Il terzo motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis stante l’inidoneità e comunque l’irrilevanza del quesito genericamente formulato come diretto ad accertare se gravasse sull’INPS l’onere di provare i presupposti dell’assoggettamento all’obbligo contributivo.

5. Il ricorso va quindi rigettato.

Alla soccombenza consegue la condanna al pagamento delle spese di questo giudizio nella misura liquidata in dispositivo in favore dell’INPS; mentre non occorre provvedere sulle spese per l’altra parte intimata che non ha svolto difesa alcuna.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’INPS delle spese di questo giudizio di Cassazione liquidate in Euro 11,00 per esborsi ed in Euro 3.000,00 (tremila) per onorario d’avvocato ed oltre IVA, CPA e spese generali; nulla sulle spese per l’altra parte intimata.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2010

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