Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18127 del 26/07/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 18127 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: ACIERNO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 29976-2007 proposto da:
PRUNUS S.P.A. (P.I. 01634740151), in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA SISTINA 42, presso

Data pubblicazione: 26/07/2013

l’avvocato GIORGIANNI FRANCESCO, che la rappresenta
e difende unitamente all’avvocato CAPPA FRANCESCO,
2013

giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –

509

contro

CONDOMINIO CENTRALE DI MILANO SAN FELICE (P.I.

1

83510140151), in persona dell’Amministratore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
ANIENE

14,

BONAVENTURA,
unitamente

che

lo

SORRENTINO

l’avvocato

presso

rappresenta

all’avvocato

CUPIDO

e

difende

MARCO,

giusta

avverso la sentenza n.

controricorrente

831/2007 della CORTE

D’APPELLO di MILANO, depositata il 20/03/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 26/03/2013 dal Consigliere
Dott. MARIA ACIERNO;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato GIORGIANNI che
ha chiesto raccoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

procura a margine del controricorso;

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società Beni Immobili Italia aveva acquistato un
complesso immobiliare comprendente suolo e fabbricato ad
uso uffici nel quadro della convenzione di lottizzazione

“Milano San Felice”. Le strade di lottizzazione vennero
realizzate dalla società ma poiché il Comune di Segrate
non aveva assunto nel proprio demanio due accessi ad una
di esse, il Condominio Centrale San Felice ne aveva
contestato il diritto di passaggio attraverso i suoi
cancelli. La controversia giudiziaria che ne era
scaturita si era composta attraverso una transazione con
la quale, in pendenza del giudizio di cassazione, sul
presupposto della natura privata condominiale di tali
strade di lottizzazione, veniva stabilito in favore del
Condominio un compenso annuale pari a 30.000.000 di
lire.
Dopo alcuni anni la s.p.a. Prunus che era succeduta alla
Beni Immobiliari Italia chiedeva che alle strade in
oggetto venisse riconosciuta la natura di bene pubblico
e, conseguentemente, venisse dichiarata la risoluzione
del precedente accordo transattivo, sulla base dei
seguenti indici :
i

a) il Comune con una propria delibera non impugnata aveva
assunto formalmente tutte le strade tra quelle del

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demanio, una volta realizzato il complesso immobiliare
sulla base alla lottizzazione in questione;
b) Il Comune aveva richiesto per tali strade il pagamento
della TOSAP (tassa di occupazione aree pubbliche);

c) il traffico su di esse veniva disciplinato dalla
Polizia Municipale;
d)

Era stato predisposto un servizio di autobus urbani e
un parcheggio taxi su di esse.
La domanda veniva respinta in primo ed in secondo grado.
La Corte d’Appello di Milano, in particolare, a sostegno
della decisione, aveva affermato :

– non

si

doveva

procedere

all’integrazione

del

contraddittorio nei confronti del Comune di Segrate,
come invece richiesto dall’appellante, in quanto la
controversia aveva esclusivamente natura privatistica;
– la questione della natura pubblica o privata delle
strade in contestazione era coperta dal giudicato
formatosi nel pregresso giudizio tra le parti avente il
medesimo oggetto (sentenza Corte d’Appello n. 995 del
1991). In questo procedimento, dopo la pronuncia
d’appello e nelle more del giudizio di cassazione, vi
era stata una transazione tra le parti nella quale la
s.p.a. Prunus aveva espressamente dichiarato di
“accettare incondizionatamente la pronuncia della Corte
d’Appello di Milano”. Sulla base della

predetta
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transazione le parti avevano rinunciato al giudizio e la
Corte di Cassazione lo aveva estinto;
– nel merito, non si era verificato alcun fatto successivo
idoneo ad escludere la proprietà privata delle strade in

oggetto in quanto gli elementi più significativi,
indicati dalla Prunus, preesistevano alla rinuncia agli
atti del giudizio di cassazione, con particolare
riferimento alla inserzione delle vie del comprensorio
tra i beni indisponibili dell’Ente territoriale o delle
strade comunali, nonché il pagamento dell’imposta.
Inoltre, la Corte d’Appello condivideva l’affermazione
contenuta nella sentenza di primo grado secondo la quale
al fine della qualificazione come pubblico di un bene è
necessario un atto o un fatto (convenzione) idoneo a
trasferire la titolarità del diritto di proprietà da un
privato all’ente pubblico, come richiesto dalla
giurisprudenza di legittimità.
– Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per
cassazione la S.P.A Prunus affidandosi a tre motivi. Ha
resistito con controricorso il Condominio. La parte
ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc.
civ.
Nel primo motivo di ricorso è stata dedotta la
violazione e falsa applicazione art. 102 e 354 cod.
proc. civ. per non avere la Corte d’appello di Milano
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disposto l’integrazione necessaria del contraddittorio
nei confronti del Comune, avendo ritenuto che la natura
pubblica o privata delle strade in contestazione avesse
natura meramente incidentale. Ha affermato, al riguardo,

la parte ricorrente che l’accertamento della demanialità
del bene aveva formato oggetto di una domanda svolta in
via principale, anche se come antecedente logico
giuridico di quella riguardante la caducazione
dell’accordo transattivo. A sostegno della necessità
dell’integrazione del contraddittorio è stata indicata
una pronuncia di questa Corte (n. 12739 del 2004)
riguardante specificamente una controversia tra privati
concernente il diritto di uso su di una strada d’uso
pubblico, nella quale, peraltro, l’accertamento della
natura giuridica del bene, aveva avuto carattere
incidentale. Il motivo si è concluso con rituale quesito
di diritto.
Nel secondo motivo è stata censurata la violazione e
falsa applicazione degli artt. 324 cod. proc. civ. e
2909 cod. civ. nonché degli artt. 390 e 391 cod. proc.
civ., per avere la Corte d’Appello di Milano ritenuto
coperta da giudicato la questione concernente la natura
pubblica delle strade in contestazione, a seguito
dell’estinzione per rinuncia agli atti del giudizio del
procedimento di cassazione intercorso tra le medesime
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parti. Al riguardo secondo quanto affermato nella
sentenza impugnata, il contenuto della transazione posta
a base della successiva rinuncia avrebbe determinato
inequivocamente il formarsi del giudicato, avendo

dichiarato le parti di voler accettare la pronuncia
della Corte d’Appello n. 995 del 1991. Tale assunto è
radicalmente contestato dalla parte ricorrente per le
seguenti ragioni :
in primo luogo la rinuncia agli atti era stata
espressamente fondata sulla intervenuta cessazione della
materia del contendere;
alla

luce

del

consolidato

orientamento

della

giurisprudenza di legittimità, la cessazione della
materia del contendere determina il venir meno delle
pronunce emesse nei gradi precedenti e non passate in
giudicato, senza produrre alcun effetto di giudicato
sostanziale se non sul venire meno dell’interesse
all’accertamento specificamente posto a base del
giudizio estinto;
non può formarsi il giudicato sulla manifestazione di
volontà negoziale espressa nel negozio transattivo come
invece erroneamente sostenuto nella sentenza impugnato,
in quanto il rinvio alla transazione contenuta nella
pronuncia della Corte d’Appello n. 995 del 1991 non

7

poteva spigare l’effetto di rendere irretrattabile il
contenuto della predetta transazione.
Nel terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa
applicazione degli art. 822 e 824 cod. civ., per avere

la Corte d’Appello di Milano ritenuto che non
sussistessero idonei indici in ordine alla natura di
bene pubblico delle strade in questione, con riferimento
a fatti successivi alla formazione del giudicato. Al
riguardo la parte ricorrente non ha condiviso l’assunto
secondo il quale ai fini del riconoscimento della natura
pubblica di un bene è necessario un atto formale di
trasferimento della proprietà, ritenendo che tale
qualità possa scaturire non solo da un atto ma anche da
un “fatto” che indichi in equivocamente il trasferimento
del dominio alla P.A., sulla base della concreta
funzione e destinazione del bene.
Il primo motivo di ricorso è fondato.

Osserva

preliminarmente il Collegio che l’accertamento relativo
alla natura pubblica o privata delle strade in
contestazione costituisce il fatto costitutivo della
domanda proposta dalla parte ricorrente fin dal primo
grado di giudizio. Dalla soluzione di tale quesito
deriva infatti la debenza del contributo versato
periodicamente al Condominio convenuto dal momento in
cui è divenuta efficace la transazione intervenuta tra
8

le parti di cui si è dato atto sia nella esposizione
delle ragioni della decisione impugnata che nel motivo
di ricorso relativo al quesito sul giudicato
determinatosi in virtù dell’estinzione del precedente

giudizio intercorso tra le parti.
Deve essere ulteriormente rilevato che la questione
relativa

alla

necessità

d’integrazione

del

contraddittorio nei confronti dell’ente pubblico
costituisce un prius logico giuridico anche rispetto al
motivo relativo alla contestata eccezione di giudicato,
dal momento che oggetto di valutazione nella specie deve
ritenersi non solo la concreta configurabilità del
giudicato medesimo ma anche la capacità di ricomprendere
in esso la qualificazione giuridica della natura
pubblica o privata delle strade in contestazione, oltre
che l’efficacia diacronica della situazione
cristallizzata nella sentenza d’appello n. 995 del 1991
(e nell’accordo transattivo posto a base della
successiva estinzione del giudizio), messa in
discussione anche nella sentenza impugnata. Si tratta di
un accertamento che coinvolge in ogni suo profilo la
verifica della qualificazione giuridica dei beni in
contestazione e, conseguentemente, la pregiudiziale
esigenza d’integrare il contraddittorio.

9

A tale riguardo deve osservarsi che nella sentenza
impugnata l’esclusione della necessità dell’integrazione
del contraddittorio si è fondata si è fondata sulla
pronuncia delle S.U. n. 365 del 2000, così massimata :

“In una causa tra privati nella quale una delle parti
sostenga la tesi della natura comunale pubblica della
strada e pretenda, quindi, di esercitare su di essa il
diritto di passaggio e l’altra chieda, invece,
l’interdizione di tale passaggio, affermando di essere
la proprietaria della stessa via, non sussiste la
necessità della partecipazione al giudizio del Comune,
nei

cui

confronti

non

deve perciò

ordinarsi

l’integrazione del contraddittorio, in quanto la
questione della natura del bene resta circoscritta tra
parti private, non coinvolgendo in nessun modo l’ente
pubblico”

(cfr. anche i precedenti conformi 3835 del

1985 e 6632 del 1988, del pari riguardanti l’esercizio
contestato del diritto di passaggio su di una strada da
parte di altro proprietario).Come risulta agevole
desumere già dalla lettura della massima, il caso
sottoposto al vaglio delle Sezioni Unite presenta
caratteristiche del tutto diverse dalla fattispecie
formante oggetto del presente giudizio. La controversia
riguarda esclusivamente la legittimità o l’illegittimità
dell’esercizio del passaggio attraverso una strada di
10

dubbia appartenenza al demanio pubblico. La natura
giuridica della strada, nella specie, costituisce
l’esclusivo oggetto di un accertamento incidenter
tantum, di natura meramente strumentale rispetto al

conflitto integralmente interprivato consistente
nell’accertamento dell’esistenza del diritto al
passaggio da parte di uno dei frontisti e dallo
speculare diritto ad intercluderlo da parte dell’altro.
A tale conflitto risulta del tutto estraneo l’ente
territoriale nella sfera giuridica del quale non possono
prodursi diritti od obblighi ulteriori inerenti alla
natura del bene, derivanti dalla soluzione del caso
concreto. A tale orientamento, coerentemente formatosi
all’interno di controversie sorte esclusivamente per
dirimere conflitti relativi alla la titolarità e
l’esercizio di diritti reali contestati, si è affiancato
un indirizzo successivo, rappresentato dalla pronuncia
delle S.U. n. 12739 del 2004 nel quale viene affermata
la necessità dell’integrazione del contraddittorio
quando la controversia sorta tra privati è
potenzialmente idonea a coinvolgere diritti ed obblighi
dell’ente pubblico nell’ipotesi in cui venga
riconosciuta la natura demaniale del bene. Nella
pronuncia viene, infatti, affermato che
,

“In un

procedimento relativo alla regolamentazione della

11

comunione costituita tra i frontisti di una strada
vicinale venga proposta eccezione di demanialità,
l’accertamento dell’esistenza del diritto di uso
pubblico sulla strada rende necessario integrare il

contraddittorio nel confronti del Comune interessato,
anche perché tale diritto comporta la costituzione
obbligatoria di un consorzio per la manutenzione,
sistemazione e ricostruzione al sensi dell’art. 14 della
legge n. 126 del 1958, con la partecipazione del Comune
stesso, tenuto a concorrere nelle relative spese in
misura variabile ai sensi degli artt. 3 del decreto
legge luogotenenziale primo settembre 1918, n. 1446.” La
specie, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza
impugnata, presenta notevoli profili di analogia con
quella dedotta nel presente giudizio in quanto in
entrambe la qualificazione giuridica del bene non viene
accertata con l’esclusiva finalità di rimuovere o
consolidare l’ostacolo all’esercizio di un diritto reale
contestato, comunque diversamente regolabile alla luce
delle norme codicistiche, ma al fine d’imporre un regime
giuridico complessivo al bene sulla cui natura giuridica
si confligge. Nella pronuncia delle S.U. l’uso pubblico
del bene interferisce con il regime privatistico della
comunione. Nella fattispecie dedotta nel presente
giudizio, l’interferenza è ancora più incisiva, in
12

quanto i beni in contestazione costituiscono parte
integrante di una lottizzazione all’interno della quale
le strade, secondo la pianificazione del Comune di
Segrate, avrebbero dovuto appartenere al demanio

pubblico. Al fine di completare le opere formanti
oggetto della convenzione di lottizzazione era stata
conclusa la transazione con il condominio, in mancanza
di un trasferimento formale delle medesime al demanio
ma, alla luce dei significativi indici conformativi
adottati nel tempo dall’Ente territoriale, era
necessario accertare se potevano dirsi acquisite, per
fatti concludenti o atti autoritativi provenienti dalla
p.a., al demanio le aree in questione. In ordine a tale
accertamento, contrariamente a quanto sostenuto nella
sentenza impugnata, è stata formulata domanda espressa
dall’attuale ricorrente fin dal primo grado di giudizio
(cfr. pag. 2 dello svolgimento del processo della
sentenza impugnata, “_chiedeva riconoscersi la natura di
bene pubblico delle strade della frazione di San Felice
di Segrate”), per cui deve escludersi la natura
meramente incidentale di esso. Inoltre la corretta
qualificazione giuridica del bene non è idonea a
determinare effetti soltanto in ordine alla debenza del
contributo stabilito in via transattiva ma estende i
suoi effetti sull’intero regime giuridico relativo alle
13

strade predette, condizionando in modo estensivo o
limitativo i diritti e i poteri del Condominio
resistente (e dell’Ente territoriale) in mancanza di
atti convenzionali o autoritativi relativi ad esse.

Infine, la proprietà privata o pubblica dei predetti
beni produce una netta diversità della disciplina
normativa relativa al loro esercizio ed ai poteri
disposizione sotto il profilo della proprietà privata e
della proprietà pubblica. Risulta pertanto
indispensabile disporre l’integrazione del
contraddittorio al fine d’individuare in modo definitivo
il regime giuridico relativo alla proprietà e all’uso di
tali beni.
L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento
dei rimanenti.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte,
“Quando risulta integrata la violazione delle norme sul
litisconsorzio necessario, non rilevata né dal giudice
di primo grado, che non ha disposto l’integrazione del
contraddittorio, né da quello di appello, che non ha
provveduto a rimettere la causa al primo giudice al
sensi dell’art. 354, primo comma, cod. proc. civ., resta
viziato l’intero processo e s’impone, in sede

di

giudizio per cassazione, l’annullamento -anche
d’ufficio- delle pronunce emesse ed il conseguente
14

rinvio della causa al giudice di prime cure a norma
dell’art. 383, ultimo coma, cod. proc.
8825 del 2007: S.U.

clv.” (Cass.

3678 del 2009)). Ne consegue

l’annullamento delle pronunce di primo e secondo grado e
la rimessione della causa al primo giudice.
P.Q.M.
La Corte, cassa la sentenza impugnata, dichiara la
nullità delle sentenze di primo e secondo grado e rinvia
al Tribunale di Milano in diversa composizione anche per
le spese del presente procedimento.
Così deciso nella camera di consiglio del 26 marzo 2013

••

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