Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18126 del 26/07/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 18126 Anno 2013
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: BISOGNI GIACINTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

Agatino Bonaccorso, elett.te dom.to in Roma, via della
Casetta Màttei 239, c/o lo studio dell’avv.to Sergio
Tropea, rappresentato e difeso, per mandato a margine
del ricorso, dagli avv.ti Antonino e Linka Zangara che
dichiarano voler ricevere le comunicazioni della
cancelleria e le notificazioni tra i difensori, di cui
agli artt. 372 e 390 c.p.c., al n. di fax 0957159532 e
all’ indirizzo studiozangara@iol.it ;

– ricorrente –

353

contro

2013
Benedetto, Domenico e Silvestro Bonaccorso, Lucia
Venezia, Mario Bonaccorso nato a Catania il 22 dicembre

A

Data pubblicazione: 26/07/2013

1967, Grazia Castorina, Agata Bonaccorso, Mario
Bonaccorso nato a Catania il 22 aprile 1976, tutti
elett.te dom.ti in Roma, piazza Sallustio 9 c/o studio
avv.to Bartolomeo Spallina, rappresentati e difesi
dall’avv.to Federico De Geronimo per mandato a margine

– controricorrenti avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania
emessa il 15 giugno 2007 e depositata il

4

settembre

2007, R.G. n. 1802/02;
sentita l’avv.ta Linka Zangara per il ricorrente;
sentito l’avv.to Federico De Geronimo per i
controricorrenti;
sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Federico Sorrentino che ha concluso per
il rigetto del ricorso;

Rilevato che:
1. Benedetto, Domenico, Silvestro, Mario (nato il 22
dicembre 1967), Alessandro, Agata e Mario (nato
il 22 aprile 1976) Bonaccorso, Lucia Venezia e
Grazia Castorina hanno chiesto l’accertamento
della invalidità del recesso, esercitato il 10
luglio 1998, da Agatino Bonaccorso,
dall’associazione in partecipazione, costituita
con scrittura privata del 1 gennaio 1979 per la
gestione di un’attività di farmacia in Nicolosi,

2

gjil(j

del controricorso;

in cui Agatino Bonaccorso, laureato in farmacia,
aveva assunto la qualità di associante. In
subordine hanno chiesto di accertare la sua
efficacia solo dal 10 luglio 1999. Hanno
affermato che, in base alla citata scrittura
privata, il recesso era consentito al Bonaccorso

una giusta causa.
2. Agatino Bonaccorso si è costituito e ha chiesto
il rigetto della domanda rilevando che il
contratto di associazione in partecipazione non
aveva una determinazione di durata e consentiva
pertanto il recesso ad nutum mentre il
condizionamento del recesso a una giusta causa
avrebbe limitato illegittimamente la sua libertà
professionale.

In

subordine,

e

in

via

riconvenzionale, ha chiesto la risoluzione del
contratto per impossibilità sopravvenuta della
prestazione data l’anti-economicità del rapporto
associativo. Alla posizione del Bonaccorso
Agatino hanno aderito gli intervenuti in causa
Filippo e Agata Bonaccorso.
3. Il Tribunale di Catania (con sentenza n.
870/2002) ha respinto le domande e compensato le
spese del giudizio.
4. La Corte di appello ha accolto l’impugnazione
proposta da Benedetto, Domenico, Silvestro, Mario
(nato il 22 dicembre 1967), Alessandro, Agata e
Mario (nato il 22 aprile 1976) Bonaccorso, Lucia

Agatino solo sul presupposto dell’esistenza di

Venezia e Grazia Castorina. Ha dichiarato
inefficace il recesso esercitato da Agatino
Bonaccorso il 10 luglio 1998, e ha accertato che
il contratto di associazione in partecipazione
dovrà durare finché non cesserà da parte di

farmacia con commercio al minuto di sanitari,
cosmetici e prodotti parafarmaceutici, con sede
in Nicolosi, via Etnea 49. Ha compensato le spese
dei due gradi del giudizio.
5. Agatino Bonaccorso ricorre per cassazione avverso
la sentenza della Corte di appello di Catania del
15 giugno 2007 – 4 settembre 2007 affidandosi a
cinque motivi di impugnazione, illustrati con
memoria difensiva, con i quali deduce: a)
violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n.
5

c.p.c.

per

omessa,

insufficiente

e

contraddittoria motivazione su un fatto decisivo
della controversia; b) violazione e falsa
applicazione dell’art. 1375 cc; c) violazione e
falsa applicazione dell’art.

1373

cc;

d)

violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3,
secondo comma, e 4, secondo comma, della
Costituzione; e) contraddittoria motivazione
circa un fatto decisivo per il giudizio per avere
affermato che l’esercizio della farmacia ha sede
in Nicolosi, via Etnea 49.
6. Si difendono con controricorso Benedetto,
Domenico, Silvestro, Mario (nato il 22 dicembre
4

Agatino Bonaccorso l’attività di esercizio di

1967), Alessandro, Agata e Mario (nato il 22
aprile 1976) Bonaccorso, Lucia Venezia e Grazia
Castorina.

Ritenuto che
7. Con il primo motivo di ricorso si afferma che la

contratto di associazione in partecipazione a
tempo indeterminato perché il termine finale
(corrispondente alla cessazione da parte
dell’associante dell’attività di farmacista in
Nicolosi) qualificabile come

certus an sed

incertus quando viene equiparato comunemente, in
dottrina, alla non determinazione del termine. Il
ricorrente lamenta che la Corte di appello sia
invece pervenuta ad opposta conclusione con una
motivazione scarna ed enigmatica e pone alla
Corte i seguenti quesiti ex art. 366 bis c.p.c.:
a) se incorra in vizio di illegittimità il
giudice che ometta totalmente o, comunque, nella
motivazione di una sentenza renda non
identificabile l’iter logico – giuridico seguito
per pervenire a una determinata soluzione o che
la medesima motivazione sia viziata da illogicità
o contraddittorietà su un fatto controverso e
decisivo per il giudizio; b) se il termine
fissato dalle parti per la durata di un contratto
di associazione in partecipazione con incertezza
sulla sua scadenza

A2A,

certus an incertus quando –

Corte di appello avrebbe dovuto ritenere il

riferito

alla

cessazione

dell’attività

dell’associante o della sua vita fisica
concreti un contratto a tempo indeterminato dal
quale l’associante possa recedere senza giusta
causa.
8. Il primo quesito è palesemente inammissibile per

rispondersi negativamente perché non vi è alcun
precetto normativo che imponga di considerare a
tempo indeterminato un contratto con la
previsione di un termine finale di efficacia come
quello per cui si discute. In esso la previsione
della durata finale del contratto appare
chiaramente indicata e coincide con la cessazione
dell’attività di farmacia costituita mediante la
stipulazione del contratto.
9. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente
lamenta come l’interpretazione del contratto
recepita dalla Corte di appello si ponga in
evidente contrasto con il principio inderogabile
della temporaneità dei rapporti obbligatori e
chiede alla Corte di affermare che un vincolo
obbligatorio perpetuo viola il predetto principio
nonché il principio di buona fede nell’esecuzione
del contratto di cui all’art. 1375 c.c. Entrambe
onIt_
le prospettazioni devono ritenersi inammissibili:m
~me Alle infondate, in quanto non colgono la

ratio décidendi e si limitano a una affermazione
astratta di violazione di principi generali del
6

la sua genericità. Al secondo quesito deve

diritto delle obbligazioni. Quanto al principio
di temporaneità dei vincoli obbligatori
l’interpretazione della Corte di appello non
consiste affatto nel ritenere che il contratto
debba durare fino all’esaurimento della vita
professionale dell’odierno ricorrente i

ma

quella specifica attività costituita mediante
l’associazione in partecipazione. In sostanza la
dizione del contratto “cessazione dell’attività
descritta in premessa” è stata interpretata dalla
Corte territoriale catanese facendo coincidere
durata del contratto con la durata dell’impresa
costituita a mezzo dell’associazione in
partecipazione e non,

come pretende

il

ricorrente, con la durata dell’attività
professionale dell’odierno ricorrente.
10. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente
rileva che la giurisprudenza, in tema di
associazione in partecipazione, ha riconosciuto
il diritto di recesso dei contraenti in assenza
di previsione della durata del contratto (Caos.
Civ. n. 4473/1993) e ha chiesto alla Corte di
affermare che nel contratto di associazione in
partecipazione, ai sensi dell’art. 1373 c.c., il
diritto di recesso debba riconoscersi a ciascuno
dei contraenti ove manchi o sia nulla la
previsione di durata del contratto. Il quesito
non è attinente alla specie in quanto, per quanto
7

piuttosto sino a quando non venga a cessare

si è detto, nel contratto è previsto il recesso
dell’associante. La deduzione di una nullità
della clausola non risulta proposta nel giudizio
di merito e si rivela comunque infondata se
riferita alla sostanziale ategporalità del
termine di durata che è stata smentita, per

Corte di appello.
//. Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente
lamenta che l’interpretazione della Corte di
appello limita eccessivamente la sua libertà di
attività professionale e imprenditoriale e chiede
a questa Corte di affermare che, se una clausola
contrattuale limita eccessivamente la libertà
professionale e di iniziativa economica di un
individuo è in contrasto con gli artt. 2, 3
secondo comma e 4 secondo comma della
Costituzione. Il quesito è formulato senza
riferimento specifico alla controversia rispetto
alla quale va ribadito che la interpretazione
della Corte di appello ha sostanzialmente
ricondotto la clausola, che prevede il recesso
dell’associante, al contenuto imprenditoriale
dell’attività professionale intrapresa mediante
l’utilizzo del rapporto di associazione in
partecipazione. A tale contenuto organizzativo
dell’attività si fa infatti riferimento, da parte
della Corte di appello, nel ritenere che la
durata del contratto coincida con quella

quanto si è detto, dall’interpretazione della

dell’attività che ne costituisce l’oggetto e non
certamente con quella dell’attività professionale
di farmacista svolta dal ricorrente. Una
interpretazione che appare rispettosa del
principio di liberta di esercizio dell’attività
professionale e di impresa.

denuncia la contraddittorietà della motivazione
che ha identificato l’oggetto dal contratto di
associazione in partecipazione con l’esercizio
della farmacia con sede in Nicolosi via Etnea 49
e non ha rilevato che il ricorrente, sin dal
1982, ha trasferito la sede in Nicolosi piazza V.
Emanuele 39. La censura cade su un aspetto
irrilevante della controversia perché

la

cessazione dell’attività di impresa non si attua
con il semplice trasferimento della sua sede di
esercizio.
13. Il ricorso va pertanto respinto con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del giudizio
di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione liquidate in complessivi euro 4.200 di cui
200 euro per esborsi oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
28 febbraio 2013.

12. Infine con il quinto motivo il ricorrente

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