Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18125 del 15/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 15/09/2016, (ud. 14/06/2016, dep. 15/09/2016), n.18125

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3102-2014 proposto da:

FONDAZIONE GESU’ E MARIA, C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, CORSO TRIESTE 150, presso lo studio dell’avvocato

MASSIMILIANO DE RENZIS, rappresentata e difesa dall’avvocato STEFANO

COLUCCI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

e contro

M.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1456/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/05/2013, R.G. N. 5297/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l’Avvocato STEFANO COLUCCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 3.7.08, Francesco M. adiva il Tribunale di Avellino premettendo di aver lavorato per la Fondazione Gesù e Maria dal 1.3.99 al 31.5.06, con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato full time ed inquadramento nel 4 livello del c.c.n.l. AGIDAE, nonostante svolgesse mansioni direttive, riconducibili al 6 livello; di essere stato illegittimamente licenziato il 2.5.2006, sicchè chiedeva dichiararsi la nullità del recesso con conseguente condanna della Fondazione al risarcimento dei danni, ed al pagamento delle differenze retributive inerenti l’illegittimo inquadramento.

Si costituiva la Fondazione resistendo alla domanda ed eccependone l’inammissibilità per essere già stata dichiarata inammissibile, per vizio di forma (violazione dell’art. 418 c.p.c.), la medesima domanda, proposta dal lavoratore in via riconvenzionale in diverso giudizio instaurato da essa Fondazione nei confronti del M..

Il Tribunale, con sentenza n. 134/12, dichiarava l’illegittimità del licenziamento, condannando la Fondazione al risarcimento del danno pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione, oltre accessori, rigettandola nel resto.

Avverso tale sentenza proponeva appello la Fondazione, chiedendo in via preliminare la riunione del procedimento con quello pendente tra le stesse parti (avente ad oggetto la prestazione e la relativa retribuzione del M., a tempo pieno o parziale). Resisteva il lavoratore proponendo appello incidentale in ordine alla domanda inerente le differenze retributive.

Con sentenza n. 1456/13, depositata il 10.5.13, la Corte d’appello di Napoli rigettava entrambi i gravami.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la Fondazione, affidato a tre motivi.

Il M. è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo ed il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 151 disp. att. c.p.c., artt. 39, 40 e 274 c.p.c., oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, inerente la mancata riunione delle cause e l’inammissibilità dell’azione proposta dal M. in ordine all’illegittimità del licenziamento. Lamenta di aver chiesto sin dal primo grado, la riunione dei procedimenti iscritti ai nn. 1891/08 e 1404 /07 per esservi identità soggettiva ed oggettiva tra la domanda principale (nrg 1891/08) e quella proposta in via riconvenzionale dal M. (procedimento nrg 1404/07). Si duole che alla data del 3.7.08 (iscrizione a ruolo della causa n. 1891/08) risultavano pendenti dinanzi al Tribunale di Avellino i due procedimenti aventi lo stesso oggetto. Che sia il Tribunale che la Corte d’appello respinsero l’istanza di riunione in contrasto con le norme citate, ed in particolare con le norme in materia di litispendenza.

Il motivo è infondato. Premesso che la mancata riunione di cause ex art. 151 disp. att. c.p.c. non determina alcuna nullità delle sentenze pronunciate nelle cause non riunite (Cass. n. 17612/2013, Cass. n. 26409/2004, Cass. n. 16152/2001), deve considerarsi che l’eccezione di litispendenza può essere proposta, anche nel giudizio di cassazione, a condizione che nei precedenti gradi del processo sia stato almeno allegato il fatto della pendenza della stessa causa davanti a diverso giudice e l’interessato dimostri la persistenza, fino all’udienza di discussione, delle condizioni per l’applicabilità dell’art. 39 c.p.c., con conseguente onere di deposito della relativa documentazione, non soggetto alla preclusione di cui all’art. 372 c.p.c. (Cass. n. 16634 del 03/07/2013).

Nella specie la stessa Fondazione, già nel corso del giudizio di primo grado inerente la presente controversia, ebbe a chiarire che la pretesa medesima domanda (riconvenzionale) era già stata dichiarata inammissibile nel corso del distinto processo (instaurato dalla Fondazione nei confronti del M.), senza alcuna indicazione circa la pendenza di appello sul punto, ammettendo dunque la mancata persistenza della denunciata litispendenza; deve inoltre considerarsi che la Fondazione non censura specificamente l’accertamento della corte di merito secondo cui gli oggetti dei due giudizi erano del tutto diversi, attenendo l’uno all’impugnazione di licenziamento e l’accertamento del diritto al superiore livello 6 c.c.n.l., l’altro ad una domanda di rimborso di somme, in tesi, indebitamente percepite dal M. come lavoratore full time, mentre questi, sempre in tesi, aveva svolto un orario di lavoro part time.

2.- Con il terzo motivo la Fondazione denuncia la violazione dell’art. 418 c.p.c. con conseguente improcedibilità della domanda riconvenzionale del M. e decadenza dall’azione, non sanabile.

Lamenta che le domande del M. inerenti l’illegittimità del licenziamento e le differenze retributive, erano già state proposte nel precedente giudizio n.r.g. 1404/07 dinanzi al Tribunale di Avellino, (erano state da quest’ultimo dichiarate inammissibili per intervenuta decadenza, non avendo il M. richiesto, ai sensi dell’art. 418 c.p.c., la fissazione di nuova udienza; evidenzia che tale decadenza non era sanabile, conseguendone una preclusione assoluta alla proposizione della domanda.

3.- Il motivo è infondato.

Come esattamente osservato dalla sentenza impugnata, la decadenza per la mancata proposizione dell’istanza per la fissazione di nuova udienza, prevista dall’art. 418 c.p.c., ha natura processuale e non già sostanziale. Ciò per l’evidente ragione che la norma tutela il diritto di difesa del convenuto in riconvenzione all’interno del processo (discutendosi poi se l’accettazione del contraddittorio da parte di quest’ultimo abbia o meno efficacia sanante, cfr. in senso affermativo Cass. 1 agosto 2007, n. 16955, contra: Cass. 23815/2007), e non comporta la consumazione del diritto sostanziale dell’attore in riconvenzione (Cass. n. 20167/08). La stessa natura autonoma della domanda riconvenzionale, diretta non già a richiedere il rigetto della domanda avversaria, ma alla proposizione nello stesso giudizio di una domanda diversa, al fine di ottenere una pronuncia giurisdizionale ulteriore ed a sè favorevole, esclude che il diritto sostanziale oggetto di domanda riconvenzionale possa considerarsi definitivamente consumato e dunque non più azionabile in un nuovo processo per essere stata dichiarata in altro processo inammissibile la relativa domanda ex art. 418 c.p.c. Deve infatti considerarsi che l’istanza di fissazione dell’udienza non rappresenta un elemento costitutivo della domanda riconvenzionale, giacchè l’istanza di fissazione concerne la “vocatio in ius” ed è, perciò, “esterna” rispetto alla proposizione della riconvenzionale, la quale, ai sensi dell’art. 416 c.p.c., comma 2, si realizza con la “editio actionis” (Cass. n. 16955/07). Ne consegue, anche alla luce dell’art. 24 Cost., che la domanda riconvenzionale che sia stata ritenuta inammissibile per difetto di istanza di fissazione di nuova udienza, ex art. 418 c.p.c., ben possa essere proposta in altro giudizio.

4.- Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Nulla per le spese, non avendo il M. svolto attività difensiva. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2016

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