Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18124 del 26/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 18124 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: CARRATO ALDO

SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 15806/07) proposto da:
“VAL D’ITRIA”, società cooperativa edilizia a r.l. in liquidazione (C.F. 00367700739), in
persona del liquidatore sig. Lucio Putignani, rappresentata e difesa, in forza di procura
speciale a margine del ricorso, dall’ Avv. Tommaso Savito ed elettivamente domiciliata
presso lo studio dell’Avv. Orazio Castellana, in Roma, Via Appiano n.8;
– ricorrente –

contro
BLONDA ADDOLORATA (C.F. BLN DLR 41R52D171P), nella qualità di titolare
dell’impresa di costruzioni Ediblonda, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in
calce al controricorso, dagli Avv.ti Pietro Monopoli e Paolo Tata ed elettivamente
doMiciliata presso lo studio dell’Avv. Ruggero Longo, in Roma, Lungotevere Flaminio, n.
– controricorrente –

60;
e

1

Data pubblicazione: 26/07/2013

ABBRACCIAVENTO PAOLO; ACQUAVIVA DOMENICO; ZITO FRANCESCO;
FUMAROLA MARTINA; CIRACI ROCCO; ZACCARIA GRAZIA; FEDELE MARTINO;
SANARICA GREGORIO; EPICOCO LEONARDO ed ACQUAVIVA MARTINO (quest’ultimo
quale erede di Acquaviva Domenico); – intimati Avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce-sez. dist. di Taranto n. 95/2006,

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica dell’8 maggio 2013 dal

Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito l’avv. Ruggero Longo per la controricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Costantino Fucci, che ha concluso per l’inammissibilità od il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, notificato il 14 febbraio 1985, il sig. Fanelli Carmelo, quale
procuratore generale della moglie Bionda Addolorata, titolare dell’impresa Edil Bionda, che
aveva costruito in Martinafranca due palazzine di quindici appartamenti, ciascuna su
commissione della Società Cooperativa Edilizia Val D’itria, conveniva quest’ultima, dinanzi
al Tribunale di Taranto, al fine di ottenere la condanna al pagamento, in proprio favore,
della somma di £. 470.751. 086, quale saldo dei lavori eseguiti. Esponeva di aver realizzato
le opere indicate nel contratto di appalto sottoscritto il 12 luglio 1980 per il prezzo
convenuto di £. 945.000.000, e di aver diritto al pagamento di alcuni lavori non previsti in
contratto, quantificati in £. 186.193.860, agli interessi per un’anticipazione di £.
150.000.000 corrisposta con effetti cambiari, ed alla revisione dei prezzi, ragion per cui,
detraendo le anticipazioni ricevute durante i lavori, l’Impresa riteneva di essere rimasta
creditrice del richiesto ammontare.
Radicatosi il contraddittorio, la Cooperativa convenuta, oltre ad invocare il rigetto della
domanda attorea, proponeva, altresì, domanda riconvenzionale per le opere non eseguite
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depositata il 12 aprile 2006 e non notificata;

od eseguite non a regola d’arte, nonché per la restituzione delle somme che, dall’istruttoria
della causa, sarebbero risultate versate in più.
Intervenivano volontariamente alcuni soci dell’Edil Bionda, dissociandosi dalla posizione
assunta dagli organi della medesima e deducendo di aver corrisposto, dopo la consegna
degli appartamenti loro spettanti, la loro quota per revisione prezzi e lavori non previsti in

ogni rapporto pendente.
All’intrapreso giudizio veniva, poi, riunito quello relativo alla convalida di un provvedimento
d’urgenza richiesto nelle more dalla Cooperativa Val d’Itria e concesso, onde conseguire la
consegna delle chiavi dei restanti quindici alloggi.
Il Tribunale di Taranto, con sentenza n. 843/99, condannava la convenuta a pagare
all’attrice la somma di £. 113.646.480 per l’esecuzione dei lavori extracontrattuali, nonché
le somme contabilizzate per gli scavi eseguiti e quelle indicate dal c.t.u. a titolo di revisione
prezzi; condannava la Edil Bionda a risarcire il danno alla Cooperativa Val d’Itria per
l’imperfetta esecuzione delle opere, quantificato in £. 50.858.937, compensando per 2/3 le
spese di lite tra le parti principali e interamente nei confronti degli interventori.
La Cooperativa Val d’Itria proponeva appello avverso detta sentenza, chiedendo il rigetto di
tutte le domande proposte dal sig. Fanelli Carmelo in primo grado, accogliendo, se del
caso, l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. e dichiarando la fondatezza delle
domande riconvenzionali proposte al Tribunale di Taranto.
Resisteva in giudizio la sig.ra Bionda Addolorata, proponendo appello incidentale
relativamente alla quantificazione delle opere extracontrattuali e delle opere non eseguite
oltre che di quelle non realizzate a regola d’arte.
Integrato il contraddittorio nei confronti degli interventori soci della Cooperativa, ex art. 331
c.p.c., la Corte d’Appello di Lecce-sez. dist. di Taranto, riscontrando la completezza delle
due relazioni del c.t.u., con sentenza n. 95/2006, depositata il 12 aprile 2006 e non
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contratto; chiedevano, inoltre, che si desse atto dell’intervenuta transazione a definizione di

notificata, rigettava l’appello incidentale e, in parziale accoglimento di quello principale,
stabiliva che gli interessi sulla somma rivalutata e liquidata a credito della ditta appaltatrice,
dovevano decorrere dalla sentenza di primo grado. Inoltre, compensava le spese di
giudizio tra tutte le parti.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Cooperativa Val D’Itria

titolare della ditta Edilblonda, ha resistito con controricorso. Gli altri intimati non hanno
svolto attività difensiva in questa sede. Entrambi i difensori delle parti costituite hanno
depositato memoria difensiva ex ari. 378 c.p.c. .

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per omessa,
insufficiente e comunque contraddittoria su un punto essenziale della controversia, in
relazione all’ad. 360 n. 5 c.p.c. . Ai sensi dell’ad. 366 bis c.p.c.

(“ratione temporis”

applicabile nella fattispecie, risultando la sentenza impugnata pubblicata il 12 aprile 2006)
ha formulato i seguenti quesiti di diritto: “- Può una relazione, redatta da un D.L., in tema di
appalto privato assumere natura e funzioni di atto pubblico? – Può uno scritto non richiesto,
né autorizzato, redatto da un D.L. prevaricare l’effettivo accertamento delle opere eseguite
dall’appaltatore, in rapporto al contratto ed al relativo disciplinare tecnico? – Possono gli atti
della contabilità di cantiere, ove impugnati sotto l’aspetto della mancata corrispondenza
delle opere eseguite, prevaricare e ritenersi prevalenti rispetto ad un accertamento delle
reali opere eseguite? — Necessita una querela di falso ove si contesti tale
corrispondenza?”.
2. Con il secondo motivo la ricorrente ha prospettato l’omessa, insufficiente e comunque
contraddittoria su un punto essenziale della controversia, in relazione all’ad. 360 n. 5 c.p.c.,
nonché l’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., in relazione all’ad. 360 n. 3 c.p.c.,
formulando, al riguardo, i seguenti quesiti di diritto: ” — Può ritenersi sufficiente la verifica di
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a r.l. in liquidazione, articolato in sei motivi. La sig.ra Bionda Addolorata, nella qualità di

corrispondenza tra la progettazione e gli atti concessori, comprese le eventuali varianti con
gli atti documentali di contabilità, in tema di appalto privato, per ritenere soddisfatto il
controllo dell’eseguito rispetto all’appaltato? Soprattutto quando non sia stato redatto lo
stato finale dell’opera in contraddittorio tra il committente, l’appaltatore e la stazione
tecnica. — E’ o meno compito del giudice di merito, a fronte di domanda, espressamente

accertamento, attraverso l’ausilio di un tecnico, o può limitarsi alla semplice verifica degli
atti documentali, senza apprezzare l’oggettivo eseguito da parte dell’appaltatore?”.

3. Con il terzo motivo la ricorrente ha denunciato la violazione dell’art. 100 c.p.c., ex art
360 n. 3 c.p.c.; l’omessa, insufficiente e comunque contraddittoria su un punto essenziale
della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., nonché l’omessa pronuncia ex art.
112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. ponendo i seguenti quesiti di diritto: “-in tema
di cooperative edilizie, ove si consenta ad un socio di stipulare con l’appaltatore dell’edificio
sociale di convenire particolari sostitutivi dei singoli alloggi, rispetto a quelli precisati
nell’appartamento tipo, può il giudice di merito, cui è stato chiesto di defalcare il valore delle
singole opere sostituite, dal prezzo globale di appalto, escludere tale determinazione, sul
presupposto della carenza di legittimazione attiva della Cooperativa? — Se, in sostanza, sia
o meno legittimata la Cooperativa a richiedere la diminuzione del prezzo globale di appalto,
in presenza di mancate esecuzioni di opere da parte dell’appaltatore, in presenza di
accordo sostitutivo e non ampliativo tra i singoli soci e lo stesso appaltatore; ovvero se tale
legittimazione spetti al singolo socio”.
4. Con il quarto motivo la ricorrente ha denunciato l’omessa, insufficiente e comunque

contraddittoria su un punto essenziale della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.,
nonché l’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. ponendo il
seguente quesito di diritto: “può il giudice di merito non accertare e, quindi, non pronunziare
su singole categorie di opere, in tema di appalto privato, quando il committente ne contesta
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proposta da una delle parti di accertare l’eseguito rispetto all’appaltato, svolgere tale

la cattiva e/o insufficiente esecuzione, limitandosi soltanto a richiamare la risposta del
c.t.u., collegata ad atti documentali e non al confronto tra il prezzo contrattuale ed il valore
dell’opera eseguita?”.
5. Con il quinto motivo la ricorrente ha dedotto l’omessa, insufficiente e comunque
contraddittoria su un punto essenziale della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.,

seguenti quesiti di diritto: “- può il giudice di merito accettare e condividere una

quantificazione generica, addirittura per percentuale, dei vizi e difetti dell’opera eseguita
dall’appaltatore, a fronte dell’esistenza di un prezzo contrattuale per categorie di opere e
della necessità di intervenire per risanare le opere mal eseguite ovvero per eseguire quelle
non effettuate? — può il giudice di merito accettare e condividere la quantificazione
generica, senza sottoporre a vaglio critico i criteri che hanno indotto il c.t.u. alla relativa
determinazione?”.
6. Con il sesto motivo la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per violazione degli
artt. 99 e 112 c.p.c., in relazione all’ad. 360 n. 3 c.p.c., nonché per omessa pronuncia su un
motivo di appello, costituente un fatto controverso, importante una decisione
pregiudizievole ad una delle parti, in riferimento all’ad. 360 n. 5 c.p.c. .
7. Rileva il collegio che, in linea preliminare, occorre farsi carico dell’eccezione
pregiudiziale formulata dalla controricorrente sul possibile difetto di legittimazione
processuale della società ricorrente che attesta di aver agito in questa sede quando era in
liquidazione (per come univocamente evincibile dalla stessa intestazione del ricorso).
Con detta eccezione la società Edilblonda ha sostenuto che, alla data di proposizione del
ricorso (e, quindi, del conferimento della procura speciale a margine dello stesso), la
ricorrente non era ancora in liquidazione (per come risultante dalla visura prodotta agli atti,
contestualmente alla costituzione in sede di legittimità, eseguita il 31 maggio 2007, ovvero
in epoca successiva alla data di notificazione del ricorso e del rilascio dell’inerente procura
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nonché l’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., in relazione all’ad. 360 n. 3 c.p.c. ponendo i

speciale al difensore), ragion per cui legittimato a proporre il ricorso sarebbe stato il legale
rappresentante della società quando ancora non era stata posta effettivamente in
liquidazione (rimanendo irrilevante che il legale rappresentante di tale società ed il suo
successivo liquidatore si identificassero nella stessa persona). Peraltro il difensore della
società ricorrente, nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., nel ribattere a tale

(da ritenersi, oltretutto, tardivamente prodotta in relazione all’art. 372 c.p.c., oltre a non
essere stata notificata alla controparte) — che la società stessa trovavasi, attualmente, in
fase di liquidazione.
L’eccezione è fondata e, pertanto, merita accoglimento con la conseguente declaratoria di
inammissibilità del formulato ricorso (e la correlata preclusione dell’esame dei motivi addotti
a sostegno del ricorso stesso).
Infatti, sulla scorta della visura ritualmente depositata dalla controricorrente, si desume che,
al momento della proposizione e della conseguente notificazione del ricorso (e, quindi, del
conferimento della procura speciale al difensore, risalente al 26 maggio 2007) la società
ricorrente non risultava ancora posta in liquidazione (circostanza avvalorata dalla visura
prodotta dalla stessa, dalla quale emerge che lo scioglimento della società era intervenuto
1’8 novembre 2010 e che la successiva iscrizione del collocamento in liquidazione era
avvenuta il 9 dicembre 2010) e che il legale rappresentante della medesima era il
presidente del c.d.a. Putignano Raffaele.
Orbene, a seguito delle riforma societaria introdotta dal d. Igs. 17 gennaio 2003, n. 6 (in
vigore dal 1° gennaio 2004), la nomina dei liquidatori di una società cooperativa è
disciplinata dall’art. 2545 duodecies c.c. (con riferimento all’art. 2484 c.c.) e dall’art. 2519
c.c., che richiama — in quanto compatibili — le norme sulle s.p.a. e, tra queste, anche l’art.
2487 bis c.c., il quale regolamenta l’aspetto della pubblicità della nomina dei liquidatori ed i
relativi effetti, stabilendo l’obbligo di iscrizione della nomina dei liquidatori nel registro delle
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eccezione, ha dedotto che — per quanto evincibile dalla visura camerale ad essa allegata

imprese e che, solo all’atto dell’intervento di tale formalità, gli amministratori della società
cessano dalla loro carica, con il conseguente inizio della gestione della fase liquidatoria.
Da tale assetto normativo si evince, dunque, che, fino al momento dell’iscrizione nel
registro delle imprese della messa in liquidazione della società cooperativa (con la
contestuale nomina dei liquidatori e l’attribuzione dei loro poteri), gli amministratori della

conservano la rappresentanza sostanziale della società alla quale è correlata quella
processuale, ai sensi dell’art. 75, comma 3, c.p.c.
In altri termini, dal richiamato sistema normativo emerge espressamente che il liquidatore
deve ritenersi investito del potere di rappresentare la società, anche in giudizio, non
già dal momento della sua nomina (assembleare o giudiziale che sia), bensì dalla
data dell’iscrizione di tale nomina nel registro delle imprese, con la conseguenza
che, prima che l’iscrizione sia stata eseguita, il potere di rappresentanza dell’ente
resta in capo all’amministratore, cui già in precedenza spettava (non potendosi
ipotizzare al riguardo alcuna soluzione di continuità) e, quindi, può considerarsi
valida solo la procura alle liti da quest’ultimo rilasciata, non incidendo, peraltro, in
alcun modo sul corso successivo di un giudizio il mutamento nella persona del
legale rappresentante di un ente, avvenuto in pendenza del giudizio
precedentemente instaurato da chi disponeva dei poteri necessari per farlo (v., per

opportuni riferimenti correlati al regime normativo antecedente, Cass. n. 13746 del 2003).
Per converso, qualora la procura speciale venga rilasciata dal liquidatore di una
società ancor prima dell’iscrizione della messa in liquidazione della società stessa
(come verificatosi nella fattispecie), la stessa deve essere qualificata del tutto
invalida ed inefficace, poiché rilasciata da un soggetto privo della necessaria
legittimazione processuale (per mancanza della presupposta legittimazione
sostanziale), con la conseguente inammissibilità del formulato ricorso.
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società stessa non possono considerarsi decaduti dalla loro carica, ragion per cui essi

8. In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente esposte, il ricorso in questione
deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della società
ricorrente al pagamento — in favore della controricorrente – delle spese del presente
giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo sulla scorta dei nuovi parametri
previsti per il giudizio di legittimità dal D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140 (applicabile nel

Non occorre, invece, adottare alcuna statuizione in punto spese in ordine al rapporto
processuale intercorso tra la ricorrente e le altre parti intimate, che non hanno svolto attività
difensiva in questa sede processuale.

P.Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in
favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi
euro 4.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci
come per legge.

Così deciso nella camera di consiglio della 2″ Sezione civile in data 8 maggio 2013.

caso di specie in virtù dell’art. 41 dello stesso D.M.: cfr. Cass., S.U., n. 17405 del 2012).

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