Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18119 del 26/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 18119 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

Data pubblicazione: 26/07/2013

SENTENZA

sul ricorso 4565-2007 proposto da:
CELLINI

FLAVIO

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55, presso lo
studio dell’avvocato DI PIERRO NICOLA, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato BORGATO
PAGOTTO MARIA TERESA;
– ricorrente –

2013

contro

837

MENEGUZ REMO;
I

sul ricorso 8543-2007 proposto da:

intimato –

flA

MENEGUZ

REMO

MNGRME55D05M089J,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 13, presso
,

lo studio dell’avvocato VERINO MARIO ETTORE, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZAMBELLI
FRANCO;

contro

CELLINI

FLAVIO

l» • •

m • ii•


,

•■

– 1.

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55, presso lo
studio dell’avvocato DI PIERRO NICOLA, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato BORGATO
PAGOTTO MARIA TERESA;
– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 552/2006 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 27/03/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/03/2013 dal Consigliere Dott. PASQUALE
D’ASCOLA;
udito l’Avvocato DI PIERRO Nicola, difensore del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
principale, rigetto ricorso incidentale;
udito l’Avvocato VERINO Mario Ettore, difensore del
resistenteche ha chiesto accoglimento del ricorso
incidentale, rigetto ricorso principale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
:

– controricorrente ricorrente incidentale –

previa riunione: accoglimento 1 ° -3 ° -4 ° motivo del
ricorso principale, assorbiti gli altri; rigetto
ricorso incidentale, rJnyio, eventuale integrazione
della motivazione della sentenza impugnata con

riferimento al 2 ° motivo.

Svolgimento del processo
l) La causa ha per oggetto le contrapposte domande di demolizione
di unità immobiliari costruite in prossimità del confine,
rispettivamente dal convenuto odierno resistente Signor Meneguz e
dall’attore, Bruno Cellini, in località S. Donà di Piave
Colà l’attore Cellini è proprietario dei fabbricati siti al
Nel febbraio 1998 Cellini aveva denunciato la costruzione di un
garage in violazione delle distanze di metri cinque dal confine e
di m. 10 dai fabbricati imposte dal piano regolatore di San Donà
di Piave.
Meneguz si era difeso sostenendo che in precedenza esisteva una
struttura aperta, avente volumetria che non era stata modificata,
e che comunque era un garage realizzato in deroga alle distanza ex
art. 9 della legge Tognoli 122/89.
Meneguz inoltre aveva agito, nell’aprile ’98, lamentando che il
Cellini aveva ampliato il proprio immobile costruendo una tettoia
porticato, una centrale termica e un locale lavanderia in
violazione delle distanze.
1.1)I1 tribunale di Venezia con sentenza 26 marzo 2002, riunite le
cause, accoglieva le domande volte alla demolizione degli
immobili, ma respingeva le reciproche pretese risarcitorie.
La corte di ,appello di Venezia, con sentenza 27 marzo 2006, in
accoglimento dell’appello principale Meneguz e di quello
incidentale Cellini, rigettava la domanda di demolizione
dell’autorimessa insistente sulla proprietà Meneguz e del
porticato insistente sulla proprietà Cellini, ereditata nelle
more del giudizio da Flavio Cellini e da Olga Mariutto.
Flavio Cellini, dichiarandosi unico erede anche di Olga Mariutto,
ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 2 febbraio 2007,
affidandosi a cinque motivi.
Il Meneguz ha resistito con controricorso e ha svolto ricorso
incidentale con tre censure, illustrate da memoria.
Il ricorrente ha deposito controricorso al ricorso incidentale.
n. 4565-07 D’Ascola rei

4

foglio 44 mappali 8 e 322; Meneguz del mappale 305.

E’ stata disposta la riunione dei ricorsi, proposti avverso la
medesima sentenza e aventi numerazione differente.
Motivi della decisione
2)Giova premettere all’esame dei motivi che, quanto al fabbricato
Meneguz, la corte d’appello per respingere la domanda di
abbattimento proposta dal Cellini, ne ha riconosciuto la
legittimità ai sensi della normativa regionale.

Meneguz aveva denunciato violazione dell’articolo 23 della legge
reg. Veneto n. 61 del 1985, la quale consente distanze tra
fabbricati minori di quelle prescritte dal d m 1444 / 1968 “nei
casi di gruppi di edifici che formino oggetto di piani urbanistici
attuativi planivolumetrici per interventi

puntuali disciplinati

dal piano regolatore generale”.
La corte ha ritenuto che la

puntualità

degli

interventi è

“correlata a prescrizioni dei singoli manufatti certamente
analitiche” ma compatibili anche con una pluralità di interventi.
3)11 ricorso principale denuncia a questo proposito violazione e
falsa applicazione degli artt.23 L. reg 61/85, 41/5 legge 1159/42;
9 dm 1444/68.
Sostiene che gli interventi puntuali del PRG debbono avere
contenuto sostanzialmente analogo a quello dei piani urbanistici
attuativi,

cioè

devono consistere in previsioni dirette a

disciplinare un’area limitata e specificamente individuata.
Pertanto non sarebbe legittima una norma del piano regolatore,
come quella dell’articolo 31, che contenga prescrizioni aventi
carattere di deroga generalizzata.
In subordine ne denuncia la incostituzionalità. Ricorda che la
Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo altra disposizione
regionale in materia di distanze, l’articolo 50 c.8 lett. b) della
medesima legge numero 11 del 2004 della regione Veneto, perché
estendeva la deroga di cui all’articolo 9 del D.M. 1444/68 oltre i
casi da essa previsti.
La doglianza è infondata.
n. 4565-07 D’Ascola rei

5

Ha infatti accolto il motivo di impugnazione con cui l’appellante

Ai sensi dell’articolo 9 ultimo coma del d.m. 1444/68 sono
ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi,
nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani
particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni
planovolumetriche.
Coerentemente l’art. 23 cit. –

ratione temporis

applicato alla

specie – ammetteva una deroga, che era stata applicata in prg con
sentenza impugnata, trattavasi di una deroga non di carattere
vago, rivolta a una “pluralità eterogenea e indiscriminata” di
casi.
La legge regionale 11 del 2004, in cui è stata trasfusa la legge
61/85 ripropone all’art. 17 la stessa possibilità di deroga
ammessa dal d.m 1444/67, ribadendo che i limiti sono comunque
quelli della legge statale 765/67.
Reca infatti al terzo comma:
3.

Il PI (piano degli interventi) può, altresì, definire minori

distanze rispetto a quelle previste dall’articolo 9 del decreto
del Ministro per i lavori pubblici 20 aprile 1968, n. 1444 “Limiti
inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i
fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli
insediamenti residenziali e produttivi

e

spazi pubblici o

riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a
parcheggi da osservare al fini della formazione nuovi strumenti
urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi
dell’articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765”:
a) nei casi di gruppi di edifici che formino oggetto di PUA
planivolumetrici;
k9 nei casi di interventi disciplinati puntualmente.

3.1)Orbene, va in primo luogo precisato che questa deroga non è
stata toccata, lo ammette lo stesso ricorso, dalla declaratoria
di incostituzionalità che ha riguardato la lett C dell’art. 50
della legge regionale 11.

n. 4565-07 D’Ascola rei

6

carattere di puntualità, in quanto, come ha ben spiegato la

Tale norma è stata cassata perchè contenente deroga che non
attiene all’assetto urbanistico complessivo “delle zone
territoriali in cui la suddetta deroga e’ consentita”.
E’ stata invece espressamente ribadito in quella sede che
l’ordinamento statale consente deroghe alle distanze minime con
normative locali, purche’ pero’ siffatte deroghe siano previste in
strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed
ricavano dall’art. 873 cod. civ. e dall’ultimo comma dell’art. 9
del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, emesso ai sensi dell’art. 41quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (introdotto
dall’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), avente efficacia
precettiva e inderogabile, secondo un principio giurisprudenziale
consolidato. I suindicati limiti alla possibilita’ di fissare
distanze inferiori a quelle previste dalla normativa statale
trovano la loro ragione nel rilievo che le deroghe, per essere
legittime, devono attenere agli assetti urbanistici e quindi al
governo del territorio e non ai rapporti tra vicini isolatamente
considerati in funzione degli interessi privati dei proprietari
dei fondi finitimi.”
La disposizione di cui all’art b dell’art. 50, applicata nella
specie, non solo non è stata coinvolta dalla declaratoria di
incostituzionalità, ma risulta implicitamente riconosciuta
coerente con il sistema, in quanto relativa a una ridefinizione
complessiva del territorio, ditalchè non ha pregio l’eccezione di
incostituzionalità mossale in ricorso.
3.2)

In secondo luogo va chiarito che gli interventi puntuali di

cui parla la normativa regionale sono stati correttamente
individuati nella specie, giacche non è vero che l’art. 31 del prg
contiene “prescrizioni rivolte a una pluralità Assolutamente
eterogenea ed indiscriminata di casi”, come vuole il quesito.
La Corte d’appello ha infatti motivatamente ritenuto che
l’articolo 31 delle N.T.A. del piano regolatore del Comune, pur
attagliandosi a varie “autorimesse possibili” nel territorio,
avesse caratteristica di puntualità e che l’autorimessa Meneguz,
n. 4565-07 D’Ascola rei

7

unitario di determinate zone del territorio. Tali principi si

rispondendo ai requisiti ivi posti, fosse legittima, pur se
costruita a m. 4 dalla parete finestrata Cellini. Ha aggiunto che
l’analitica previsione del tipo di un manufatto (autorimessa) per
un fabbricato, anteriore al 1972, con prescrizioni circa i
materiali, l’ampiezza e l’altezza valeva a preservare le esigenze
di rispetto del decoro edilizio, igiene e salubrità garantite dal
D.M. 1444 / 1968.

denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 50 L. reg.
61/85
Parte ricorrente sostiene che l’articolo 31 delle NTA del piano
regolatore del Comune vada ritenuto illegittimo, in quanto
adottato in violazione dell’articolo 50 della legge regionale e
che vada quindi disapplicato, perché venne adottata la procedura
semplificata di approvazione delle varianti parziali previsto dal
comma sesto e settimo dell’articolo 50, che sarebbe applicabile
esclusivamente all’ipotesi tassativamente individuate dalla norma,
restando escluse le modifiche delle norme tecniche di attuazione
relative alle distanze tra fabbricati.
In tal modo il ricorso pone una questione nuova, come rilevato in
controricorso, che implica un accertamento di fatto, relativo alle
procedure di approvazione di un atto amministrativo, che non può
essere svolto per la prima volta in sede di legittimità. Si
applicano quindi i principi riepilogati da Cass. 230/06 e 1435/13.
4)

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli

artt. 873 cc, 113 cpc e 11 e 15 disp. legge in generale.
Il ricorso critica la sentenza della corte d’appello perché essa
ha considerato irrilevante la soppressione dell’articolo 31 NTA.
Sostiene che la norma derogatoria applicata era stata approvata
nel 2000 e quindi introdotta dopo l’attività edificatoria e dopo
l’inizio della causa; afferma che la corte d’appello avrebbe
potuto applicarla

solamente se fosse stata vigente al momento

della decisione.
Controricorrente
intervenuta, come
n. 4565 07 D’Ascola rei

Meneguz

sostiene

invece

che

una

volta

nella specie, una norma più favorevole, la
8

Inammissibile è il secondo motivo del ricorso Cellini, che

situazione più favorevole si consolida, nel senso di consentire il
permanere della costruzione alla distanza minore prevista dalla
nuova normativa.
Contesta poi il fatto che al momento della decisione assunta dal
tribunale (marzo 2002) la disposizione di cui all’articolo 31 non
fosse vigente, perché la variante più restrittiva sarebbe
intervenuta il 19 luglio 2002 e varata definitivamente con
le misure di salvaguardia sarebbero state in vigore per soli tre
anni, fino al 19 luglio 2005, e che poi sarebbe ripresa la
vigenza dell’articolo 31 fino al 29 novembre 2005, data della
approvazione definitiva della variante generale. Dunque la
decisione della corte d’appello sarebbe stata assunta prima di
detta approvazione, perché la causa fu decisa il 18 ottobre 2005
4.1)La censura è infondata.
Irrilevante è che la sentenza d’appello, decisa il 18 ottobre, sia
giunta ad esistenza, con il deposito della sentenza, il 26 marzo
2006.
A legittimare il mantenimento dell’opera alla distanza inferiore
è, secondo il Collegio, superata un’iniziale esitazione
valutativa, il fatto che

medio tempore

sia sopravvenuta una

normativa più favorevole per il costruttore.
Detta normativa stabilizza il diritto a mantenere l’immobile alla
distanza minore.
E’ noto il principio generale secondo il quale se dopo la
concessione edilizia sopravvengono nuove norme sulle distanze tra
edifici, il costruttore deve conformarsi allo “jus superveniens”
(art. 11 disp. prel. cod. civ.),
iniziata,

salvo che la costruzione sia gia’

perche’ in tal caso, se la nuova disciplina e’

restrittiva

piu’

della precedente, non puo’ esplicare efficacia

retroattiva su situazioni gia’ consolidatesi (Cass 7185/97;
17160/08; 20038/10).
Va ricordato inoltre che nell’ipotesi di nuove norme
restrittive,

meno

il principio dell’immediata applicabilità dello “ius

superveniens” (Cass 4234/07) trova unico limite nell’eventuale
n. 4565-07 D’Ascola rei

g

9

pubblicazione sul BUR Veneto del 27 dicembre 2005. Ne desume che

giudicato formatosi nella controversia sulla legittimità o non
della costruzione, con la conseguenza che non può disporsi la
demolizione degli edifici originariamente illeciti alla stregua
delle precedenti norme e che siano consentiti dalla normativa
sopravvenuta (Cass. 1047/98).
Coerente con questo ordine di idee è ritenere che se subentra una
disposizione derogatoria delle distanze in senso favorevole al
mantenimento dell’opera qualora la costruzione risulti a quel
tempo ultimata, restando irrilevanti le vicende normative
successive.
4.2)

Se

così

non

fosse,

si

indurrebbe

un

innaturale

incoraggiamento alla litigiosità.
In ipotesi infatti di costruzione eseguita in previsione di norma
più favorevole, senza opposizione del vicino, al subentrare della
disposizione meno restrittiva il costruttore dovrebbe comunque
avviare immediato giudizio per far accertare il proprio diritto a
beneficiare di questa norma, onde prevenire nuovi cambiamenti in
peius di essa.
E’ invece da credere che il disposto normativo più favorevole
ancori il suo consolidamento, come ritenuto in casi per alcuni
aspetti apparentabili, all’esistenza della costruzione favorita.
5) Il rigetto del terzo motivo trascina con sé la reiezione del
quarto, che lamenta vizi di motivazione della sentenza impugnata
circa il risarcimento del danno per la costruzione a distanza
illegale eseguita da parte Meneguz, domanda che presuppone
l’illegittimità della costruzione contestata, come riconosce lo
stesso ricorso a pag. 19.
6) Il rigetto dei primi quattro motivi del ricorso principale
comporta anche che restano assorbiti il secondo e terzo motivo del
ricorso incidentale proposto dal Meneguz, relativo a ulteriori
motivi di pretesa regolarità dell’opera eseguita da quest’ultimo,
di cui resta stabilita la legittimità.
7) Va invece accolto il quinto motivo del ricorso principale, che,
anche per l’ipotesi
n. 4565 07 D’Ascola rei

di ritenuta legittimità sopravvenuta della
W

costruttore, essa consolidi il diritto di quest’ultimo al

costruzione Meneguz, fa valere il diritto del ricorrente al
risarcimento del danno per il periodo intercorso tra la
realizzazione del manufatto e la introduzione della deroga di cui
all’art. 31.
La Corte d’appello ha sommariamente ritenuto infondate le
“reciproche pretese risarcitorie”, ma ha così negletto
l’accertamento effettuato dal primo giudice in ordine alla

normativa più favorevole.
E’ per contro da affermare che spetta al vicino il risarcimento
del danno cagionato dall’edificio inizialmente irregolare quanto
alle distanze legali nel periodo intercorso tra la edificazione e
l’entrata in vigore del nuovo disposto normativo legittimante

(v.

Cass. 5368/78).
Il giudice di merito avrebbe dovuto pertanto esaminare l’esistenza
e la misura del pregiudizio effettivamente realizzatosi.
8) Fondato è anche il primo motivo del ricorso incidentale
Meneguz.
Mette conto in proposito ricordare che

quanto al fabbricato

di

rilevanti dimensioni costruito dal Cellini, che poggia su massicci
pilastri, la corte d’appello ha osservato che la distanza minima
fissata dal prg di metri 10 non si applica a murature non
finestrate, perché l’articolo 42 punto F del regolamento edilizio
comunale stabilisce che le distanze tra gli edifici sono
costituite dall’intervallo intercorrente tra muri perimetrali di
fabbricati ovvero tra pareti di corpi sporgenti chiusi,

cosa che

non si riscontra nel porticato in oggetto, che è corpo sporgente
rispetto all’edificio, ma è privo di pareti di chiusura.
Il fabbricato sarebbe quindi legittimo, secondo la Corte
territoriale, in riferimento alle distanze previste dall’articolo
873 c.c. perchè al momento della costruzione del portico la
distanza dai confini era in ogni punto superiore a m 1,5 (da 2,62
a 7,19).
Il ricorso incidentale, nel lamentare violazione degli artt. 872 e
873 c.c., nonché dell’art. 14 delle NTA al prg del comune di San
n. 4565 – 07 D’Ascola rei

11

esecuzione dell’opera Meneguz prima dell’entrata in vigore della

Donà di Piave e violazione dell’art. 9 D.M. 1444/1968, espone che
la costruzione è un vero e proprio corpo di fabbrica per il quale
rilevano sia le distanze dal confine che quelle tra le
costruzioni.
Nega che normativa del regolamento edilizio comunale escluda
implicitamente i porticati aperti, come ritenuto dalla corte
d’appello. Sostiene che l’articolo 42 del regolamento edilizio

stabilisce le distanze, che sono imposte dall’articolo 14 nta del
prg e dalla legge e soprattutto che detto articolo non può
sostituire il concetto di costruzione espresso nell’art. 873 c.c..
8.1) La censura coglie nel segno.
Cass n. 27418 del 2005 ha precisato che al fine di verificare il
rispetto della distanza legale nelle costruzioni, nel caso in cui
una di esse sia provvista di

porticato aperto,

con pilastri

allineati al muro di facciata, deve tenersi conto anche del
porticato, secondo la regola del vuoto per pieno, con l’effetto
che la distanza, al pari del volume e della superficie del
fabbricato, resta immutata qualora il porticato venga
successivamente chiuso con pareti esterne allineate alla facciata.
Ciò comporta che anche nel caso in cui le pareti esterne di
collegamento tra i pilastri del porticato non siano realizzate,
comunque la fabbrica così costruita, che ha i requisiti di
consistenza, solidita’, stabilita’ ed immobilizzazione al suolo,
integra la nozione di costruzione soggetta alla disciplina sulle
distanze.
Discende da quanto esposto la cassazione della sentenza impugnata
in relazione ai motivi accolti e il rinvio, anche per la
liquidazione delle spese di questo giudizio, ad altra sezione
della Corte di appello di Venezia.
Quest’ultima si atterrà ai principi di diritto evidenziati ai
paragrafi n. 7 e n. 8.1..
PQM

La Corte riuniti i ricorsi,

rigetta i primi quattro motivi del

ricorso principale; accoglie il quinto.
n. 4565-07 D’Ascola rei

12

detta solo le modalità di calcolo tra le costruzioni, ma non

Dichiara assorbiti il secondo e terzo motivo del ricorso
incidentale; accoglie il primo motivo di detto ricorso
incidentale.
Cassa la

sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e

rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Venezia, che
provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di
legittimità.

sezione civile tenuta il 26 marzo 2013
Il Consigliere est.

Il Presidente

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della seconda

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