Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18116 del 26/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 18116 Anno 2013
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA
sul ricorso 5696-2007 proposto da:
SAMMARTINO SERGIO SMMSRG59T01A081P, PANNUNZIO VERA
PNNVRE23E71A087, SAMMARTINO GIUSEPPE SMMGPP55P18A081M,
NELLA QUALITA’ DI EREDI DEL SIG. REMO SAMMARTINO,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ALBALONGA 7,
presso lo studio dell’avvocato PALMIERO CLEMENTINO,
2013
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rappresentati e difesi dall’avvocato COLALILLO
VINCENZO;
– ricorrenti contro
COMUNE DI AGNONE, CALVENZANI LUIGIA;

Data pubblicazione: 26/07/2013

- intimati avverso la sentenza n. 271/2006 della CORTE D’APPELLO
di CAMPOBASSO, depositata il 27/09/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/01/2013 dal Consigliere Dott. MARIA

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

ROSARIA SAN GIORGIO;

Svolgimento del processo
1. – Il Tribunale di Isernia, dichiarata la perdurante natura demaniale
dell’area antistante la civile abitazione di Remo Sammartino e Luigia
Calvenzani, ubicata nel Comune di Agnone e censita in catasto alla

favore di detto Comune, rigettandone la domanda riconvenzionale di
usucapione dell’area e le domande del Comune di demolizione a spese dei
convenuti delle opere da essi realizzate sull’area e di risarcimento dei
danni da illegittima occupazione.
La decisione fu impugnata dal Sammartino.
2. – Con sentenza depositata il 27 settembre 2006, la Corte d’appello di
Campobasso rigettò il gravame. Premesso che si trattava di accertare se
l’area controversa avesse natura demaniale e, in caso affermativo, se
essa risultasse sdemanializzata, osservò il giudice di secondo grado che
non era esatta l’affermazione dell’appellante secondo la quale il
Tribunale avrebbe individuato la esistenza dei presupposti di cui
all’art. 22 della legge n. 2248 del 1865 all. f) nei meri riferimenti
catastali e nelle planimetrie allegate, attribuendo ad essi una efficacia
probatoria rispetto al diritto di proprietà che non è agli stessi
propria, laddove, in realtà, nella sentenza impugnata si leggeva che, ai
sensi del citato art. 22,

si presume che facciano parte delle strade

comunali le piazze, gli spazi ed i vicoli ad esse adiacenti ed aperti sul
suolo pubblico, e che l’area in questione presentava, secondo
l’accertamento in fatto del Tribunale, tutte le caratteristiche
necessarie all’applicazione della norma, che impernia detta presunzione

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particella n. 99 fol. 58, condannò costoro al rilascio della stessa in

sui tre elementi della ubicazione dell’area all’interno dell’abitato,
della immediata contiguità di essa alla pubblica via, e dell’essere la
stessa in comunicazione diretta con il suolo pubblico.
La natura demaniale risultava dunque provata. Né a superare la

particolare, nessuna prova aveva fornito il Sammartino che, negli anni
50, allorché erano stati eseguiti i lavori di sistemazione dell’area da
parte del Genio civile, quest’ultimo ne avrebbe chiesto a lui
l’autorizzazione.
Neppure era stata prodotta la nota cui l’appellante si richiamava (dalla
quale sarebbe emersa tale autorizzazione), che sembrava essere stata
prodotta invece dalla Calvenzani nel fascicolo di parte del precedente
grado del giudizio, non depositato in appello, essendo rimasta la stessa
contumace in tale sede, mentre nella missiva del Sammartino al Comune del
12 febbraio 1998 questi aveva scritto che i lavori erano stati svolti dal
Genio civile “con piena ed assoluta iniziativa”.
Inoltre, il Sammartino non era stato indicato né nella richiesta di
licenza edilizia per la sistemazione dell’area, né nella licenza
rilasciatagli il 22 luglio 1968, come proprietario della stessa: detta
licenza gli era stata evidentemente rilasciata nella sia pure implicita
veste di privato esecutore di opere di interesse pubblico su suolo
pubblico, come in qualche modo confessato dallo stesso Sammartino
trent’anni dopo, nella citata missiva del 1998, in cui si parla di
“recinzione di costante uso pubblico” ottenuta dal Comune, con funzione
di pura estetica urbanistica, che non ne aveva comportato la sottrazione

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presunzione potevano valere le considerazioni svolte dall’appellante. In

al costante uso pubblico che ne veniva fatto.
Correttamente il Tribunale non aveva ammesso i mezzi di prova articolati
in prime cure, per la irrilevanza degli stessi. In particolare, il fatto
che il Sammartino avesse utilizzato l’area e l’avesse curata in vario

inammissibilità della usucapione di beni demaniali, sia perché lo stesso
Sammartino, nella citata missiva del 1998, aveva ammesso che la
recinzione da lui effettuata con la realizzazione di un muro di cinta era
stata eseguita con la finalità di conferire al piazzale un angolo verde
accessibile a tutti.
Infine, le affermazioni contenute nella sentenza del TAR Molise del 1999
che aveva annullato l’ordinanza sindacale di demolizione della
recinzione – in ordine alla interdizione all’uso pubblico dell’area in
questione e alla dubbia proprietà pubblica della stessa erano asserzioni
incidentali non vincolanti per il giudice ordinario, e smentite dagli
elementi indicati.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono Vera Pannunzio,
Giuseppe e Sergio Sammartino nella qualità di eredi di Remo Sammartino
sulla base di un unico, articolato motivo, illustrato da successiva
memoria.
Motivi della decisione
1. – I ricorrenti deducono omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Avrebbe errato la Corte di merito nel ritenere la demanialità del bene in
questione senza considerare una serie di elementi che ne avrebbero

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modo non escludeva la perdurante sua destinazione pubblica, sia per la

comprovato il carattere privato, a prescindere da un atto formale di
sdemanializzazione, in realtà non necessario in presenza di fatti
concordanti ed univoci.
1.1. – La ricostruzione fattuale delle vicende del bene operata dal

a concretizzare la ipotesi della sdemanializzazione tacita del bene,
quali l’avere il Comune richiesto il consenso allo stesso Sammartino per
la costruzione del muro di cinta, l’avere rilasciato la concessione
edilizia nel 1968, l’avere autorizzato la esecuzione di lavori di
risistemazione dell’area e il non averli poi contestati per un lungo
periodo, l’esclusivo uso privato della particella: elementi dai quali si
evincerebbe in maniera inequivocabile la volontà dell’amministrazione di
sottrarre il bene alla destinazione pubblica. Per converso, sarebbero del
tutto errati i presupposti sui quali la Corte territoriale ha fondato il
proprio convincimento in ordine alla perdurante demanialità del bene.
1.2. – In relazione a tale articolazione della censura viene formulato il
seguente quesito di diritto:

.
1.3. – Il ricorso critica poi la decisione della Corte di merito di non
dare ingresso alle prove testimoniali richieste sulla base della ritenuta
non usucapibilità del bene in quanto demaniale, laddove, secondo i

dimostrazione dell’avvenuta sdemanializzazione sarebbe stata volta la
richiesta assunzione di prova.
1.4. – La relativa censura si completa con la formulazione del seguente
quesito di diritto:

.
2. – La doglianza è infondata.
2.1.

I ricorrenti sottopongono a revisione critica sotto diversi

profili l’iter argomentativo attraverso il quale la Corte di merito è
pervenuta al proprio convincimento in ordine alla persistente natura
demaniale del bene in oggetto, sostanzialmente operando, e chiedendo a
questa Corte di avallare, una diversa valutazione del materiale
probatorio.
Ma, nel far ciò, essi non si avvedono che il giudice di secondo grado ha
analiticamente e congruamente dato conto delle ragioni, giuridicamente
corrette, della propria opzione, condividendo le conclusioni del primo
giudice anzitutto alla stregua dei parametri fissati dall’art. 22 della
legge n. 2248 del 1865 ai fini della presunzione di demanialità, e cioè

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ricorrenti, tale natura sarebbe stata tutta da dimostrare, e proprio alla

la immediata contiguità alla via pubblica, la collocazione all’interno
dell’abitato, la comunicazione diretta con il suolo pubblico.
A ciò la Corte di merito ha aggiunto, solo quali ulteriori validi indizi,
il riferimento ai dati catastali e relative planimetrie.

argomenti in contrario offerti dal Sammartino, dalla pretesa
autorizzazione del Genio civile di cui alla non prodotta nota del 13
maggio 1953, alla licenza edilizia del 22 luglio 1968, rilasciata al
Sammartino non in qualità di proprietario, ritenuta irrilevante in
mancanza di atti o fatti idonei ad evidenziare in modo univoco la volontà
della p.a. di sottrarre il bene all’uso pubblico, all’utilizzo, non
interdicente detto perdurante uso: vieppiù a fronte delle ammissioni
dello stesso Sammartino, contenute nella missiva al Comune del 12
febbraio 1998, concernenti l’accessibilità a tutti del bene in questione.
Infine, la Corte territoriale ha preso in considerazione le affermazioni
in ordine alla dubbia proprietà dell’area ed alla inesistenza di un uso
pubblico attuale sulla stessa contenute nella pronuncia del giudice
amministrativo (TAR Molise) – beninteso non vincolante per il giudice
ordinario – di annullamento della ordinanza sindacale di carattere
demolitorio, e ne ha valutato la recessività rispetto ai decisivi
elementi evidenziati.
2.2. – In presenza di una così dettagliata messe di elementi che hanno
contribuito a formare il suo convincimento sulla persistente demanialità
del bene, la Corte ha ritenuto superflua l’assunzione della articolata
prova testimoniale, comunque fornendo ampia motivazione di tale decisione

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La sentenza impugnata ha altresì puntigliosamente contestato ognuno degli

in ordine ad ognuno dei capi, attraverso, in particolare, il riferimento
alla irrilevanza della avvenuta utilizzazione dell’area da parte del
Sammartino ai fini della esclusione della destinazione pubblica della
stessa, in considerazione della inammissibilità dell’usucapione di beni

della dimostrazione di circostanze esclusivamente suscettibili di prova
documentale.
3.

– Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Non v’è luogo a

provvedimenti sulle spese del presente giudizio, non avendo gli intimati
svolto alcuna attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
civile, il 24 gennaio 2013.

demaniali e delle predette confessioni dell’uomo; o alla irrilevanza

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