Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18116 del 24/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/06/2021, (ud. 08/04/2021, dep. 24/06/2021), n.18116

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19426-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

N.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DENZA 15,

presso lo studio dell’avvocato SUSANNA LOLLINI, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2569/2017 della COMM. TRIB. REG. TOSCANA,

depositata il 19/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/04/2021 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle Entrate ricorre sulla base di quattro motivi per la cassazione della sentenza n. 2569/2017, depositata il 19.12.2017, con la quale la CTR della Toscana, nel riformare la sentenza di primo grado, che aveva accolto parzialmente il ricorso dei N.G., dichiarando la carenza di giurisdizione rispetto ai crediti di natura extra tributaria, accoglieva il gravame del contribuente, ritenendo inidonea la documentazione probatoria – costituita da estratti ruolo – relativa alle operazioni notificatorie delle cartelle.

In aggiunta, osservava che le due relate prodotte, le quali dimostravano la notifica alla moglie ed alla figlia del destinatario, non consentivano di verificare il correlamento con i tributi richiesti con la comunicazione preventiva nè addirittura la natura tributaria delle pretese stesse; infine che non era stata smentita dall’amministrazione finanziaria il pagamento parziale di alcuni crediti. Dichiarava in ultimo la prescrizione delle pretese tributarie, affermando che sebbene il ricorrente fosse decaduto dalla possibilità di impugnare gli atti prodromici, la prescrizione aveva operato indipendentemente dalla impugnazione degli stessi, poichè prima della notifica del preavviso dell’iscrizione ipotecaria, non risultava notificato alcun atto interruttivo della prescrizione stessa.

Il contribuente ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

2. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, nonchè dell’art. 112 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., nn. 1 e 3; per avere i 7 giudici regionali esaminato le eccezioni relative alla nullità delle operazioni notificatorie delle cartelle che dovevano essere tradotte in motivi aggiunti citato ex art. 24, in rubrica, in quanto resi necessari dalla produzione, ad opera dell’altra parte, della documentazione non conosciuta, da proporsi entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data in cui l’interessato ha avuto notizia del deposito.

3. La seconda censura prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, per avere i giudici di secondo grado erroneamente valutato le risultanze istruttorie, atteso che, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, l’amministrazione aveva prodotto in giudizio le relate di notifica ai sensi degli artt. 139 e 140 c.p.c., nonchè la prova dell’inoltro della raccomandata informativa e l’avvenuta consegna a persona diversa del destinatario. Sostenendo, peraltro, che dai documenti prodotti si evince il numero delle cartelle di pagamento contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata.

4. Con il terzo mezzo, l’amministrazione finanziaria lamenta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma l, lett. b-bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., commi 1 e 3, per avere i giudizi regionali affermato che l’assenza delle raccomandate informative dimostravano l’illegittimità delle notifiche avvenute con deposito presso la casa comunale.

Deduce al riguardo l’ente che se è vero che, ai sensi del D.L. n. 223 del 2006, la quale ha novellato il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, sussiste l’obbligo, nel caso di notifica a soggetto alternativo ex art. 139 c.p.c., di informare il destinatario della notificazione dell’atto e che in caso di notifica in base alla L. n. 890 del 1982, se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’agente postale ne deve dare notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione, tale carenza non determinerebbe l’invalidità della notifica, ma solo la sua irregolarità.

5. Infine, con l’ultimo mezzo, l’Agenzia delle Entrate assume che la sentenza è inficiata da errore sulla valutazione del termine prescrizionale, atteso che, se la notifica delle cartelle deve ritenersi regolare, il termine decennale di prescrizione per tributi Irpef non era ancora decorso alla data della notifica della comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria del (OMISSIS).

6. La prima censura si palesa inammissibile per difetto di autosufficienza (in relazione all’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 4).

L’esposizione della censura si esaurisce, infatti, nella laconica proposizione secondo cui “… le eccezioni in questione, dedotte dalla parte ricorrente nell’atto di appello…avrebbero dovuto proporsi con i motivi aggiunti ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24”.

Premesso che l’eventuale errore compiuto dai Giudici di merito in ordine alla esatta individuazione dell’oggetto della “domanda” nel processo tributario e dei “motivi” di opposizione proposti con il ricorso introduttivo avrebbe dovuto essere censurato sotto il profilo del vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., n. 5), (cfr. Corte cass. sez. lav. 24.7.2008 n. 20373), ovvero della violazione delle norme sostanziali ex art. 360 c.p.c., n. 3), appare evidente la insufficienza del requisito di completezza e precisione del motivo, non avendo la ricorrente trascritto il contenuto dei motivi di opposizione dedotti con il ricorso introduttivo (l’unico accenno agli originari motivi di opposizione all’avviso di rettifica, rintracciabile nella sentenza è scarno, generico ed incompleto), impedendo in tal modo alla Corte di effettuare la dovuta verifica della rilevanza e concludenza della censura in relazione al tenore degli atti processuali richiamati ed alla formulazione, già nell’originario ricorso, delle eccezioni di illegittimità degli atti amministrativi presupposti (cfr. sull’onere di integrale trascrizione del contenuto degli atti sui quali si fonda il vizio di legittimità denunciato, al fine di ottemperare al requisito di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6: Corte cass. SU 24.9.2010 n. 20159; n. 19337/2011; id. VI sez. ord. 30.7.2010 n. 17915; id. 111 sez. 4.9.2008 n. 22303; id. 111 sez. 31.5.2006 n. 12984; id. I sez. 24.3.2006 n. 6679; id. sez. lav. 21.10.2003 n. 15751; id. sez. lav. 12.6.2002 n. 8388).

Nè l’esame diretto degli atti da parte della Corte, consentito in relazione al tipo di vizio denunciato, può soccorrere al ricorrente, atteso che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al Giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo” presuppone l’ammissibilità del motivo di censura (postulando tra l’altro la specificità della relativa deduzione) e se nel caso di specie “la Corte di cassazione è giudice anche del “fatto processatile”, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente il rinvio “per relationem” agli atti della fase di merito, dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca ma solo ad una verifica degli stessi” (cfr. Corte cass. Il sez. 19.3.2007 n. 6361; id. I sez. 20.9.2006 n. 20405id. V sez. 23.1.2004 n. 1170).

Pertanto, in relazione all’indicato vizio, il motivo va incontro a pronuncia di inammissibilità atteso che, come ripetutamente affermato da questa Corte “per soddisfare il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dall’art. 366 c.p.c., n. 3, non è necessario che l’esposizione dei fatti costituisca una premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi di ricorso, nè occorre una narrativa analitica o particolareggiata, ma è sufficiente ed, insieme, indispensabile che dal contesto del ricorso (ossia, solo dalla lettura di tale atto ed escluso l’esame di ogni altro documento compresa la stessa sentenza impugnata) sia possibile desumere una conoscenza del “fatto”, sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice “a quo”, non potendosi distinguere, ai fini della detta sanzione di inammissibilità, fra esposizione del tutto omessa ed esposizione insufficiente” (Corte cass. I sez. 4.6.1999 n. 5492; id. III sei. 17.10.2001 n. 12681; id. I sez. 20.8.2004 n. 16360; id. 1 sez. 30.5.2007 n. 12688; sei. lav. 5.2.2009 n. 2831). 7.Parimenti la seconda censura non supera il vaglio di ammissibilità, assorbita la terza e la quarta censura.

Il motivo – deducente “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., n. 5 – evoca il paradigma di cui a tale norma al di fuori dei limiti che nella ricostruzione del suo significato, sono stati individuati da Cass. sez. un. nn. 8053 e 8054 del 2014.

Il dedotto travisamento della prova, enucleabile dalla illustrazione della censura, presuppone la constatazione di un errore di percezione o ricezione della prova da parte del giudice di merito, ritenuto valutabile in sede di legittimità qualora dia luogo ad un vizio logico di insufficienza della motivazione, non più deducibile a seguito della novella apportata all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. dalla L. n. 134 del 2012, che ha reso inammissibile la censura per insufficienza o contraddittorietà della motivazione (Cass. n. 24395 del 03/11/2020; Cass. n. 3796 del 2020; Cass. n. 29222 del 2019).

In ogni caso, la censura avrebbe richiesto per il principio di specificità la trascrizione della relata di notificazione delle cartelle. E’ principio consolidato della giurisprudenza di questa corte quello secondo il quale ” in tema di ricorso per cassazione, ove sia denunciato il vizio di una relata di notifica, il principio di autosufficienza del ricorso esige la trascrizione integrale di quest’ultima, che, se omessa, determina l’inammissibilità del motivo” al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso. (Cass. n. 1150 del 2019; Cass. n. 31038 del 2018; Cass. n. 5185 del 2017; v. anche Cass. n. 17424 del 2005).

9. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

Rilevato che risulta soccombente – per l’inammissibilità del ricorso adesivo – una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte di Cassazione:

Dichiara inammissibile il ricorso;

condanna parte ricorrente alla refusione delle spese sostenute dal contribuente che liquida in Euro 7.000,00, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge, oltre 200,00 Euro per esborsi.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione della Corte di cassazione, tenuta da remoto, il 8 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021

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