Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18115 del 05/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 05/07/2019, (ud. 10/01/2019, dep. 05/07/2019), n.18115

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3565/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Atem s.r.l. – articoli tecno plastici e metallici, rappresentata e

difesa dall’avv. Michelino Luise, presso il cui studio elettivamente

domicilia in Roma, via Gomenizza n. 3, giusta procura in calce alla

memoria di costituzione di nuovo difensore;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte n. 30/14/2012, depositata l’11 giugno 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 gennaio

2019 dal Consigliere Marco Dinapoli.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1- La Società Atem s.r.l. impugnava il silenzio rifiuto dell’Amministrazione Finanziaria sul sollecito di rimborso del credito Iva anno 2002 per l’importo di Euro 152.359,00 proposto il 9 marzo 2009. Sosteneva la richiedente di avere esposto il credito in una dichiarazione integrativa presentata il 1 ottobre 2007 e che l’omessa compilazione della richiesta sul modello dedicato (VR) costituisse mera irregolarità per cui non trovava applicazione il termine di decadenza previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, ma quello della prescrizione ordinaria.

2- La Commissione tributaria provinciale di Torino rigettava il ricorso con sentenza n. 99/02/10. Avverso tale decisione il contribuente proponeva appello, che veniva accolto dalla Commissione tributaria regionale del Piemonte con sentenza n. 30/14/2012 del 27 febbraio 2012 (depositata l’11 giugno 2012). Il giudice di appello, in particolare, riteneva tempestiva la dichiarazione integrativa (effettuata entro il 31 dicembre del 4 anno successivo a quello in cui la dichiarazione da correggere era stata presentata), ed irrilevante la omessa presentazione del mod. VR perchè il credito Iva era stato esposto nel quadro VX della dichiarazione integrativa, onde da tale data decorreva il termine ordinario di prescrizione del diritto alla restituzione.

3- L’Agenzia delle entrate ricorre in questa sede per quattro motivi e chiede la cassazione della sentenza impugnata, con ogni conseguenziale provvedimento, con vittoria di spese. La società convenuta deposita controricorso e chiede dichiararsi inammissibile e/o rigettarsi il ricorso avverso, con vittoria di spese. Nelle more del giudizio si costituisce per la società un nuovo difensore in sostituzione del precedente.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

4- Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 18, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), con riferimento alla eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo della lite per mancata indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione; eccezione sollevata in primo grado e rigettata implicitamente dalla Commissione tributaria provinciale senza alcuna specificazione, riproposta in appello e rigettata espressamente dalla Commissione tributaria regionale con la motivazione che “una istanza di restituzione di quanto già versato è sufficiente che sia motivata con riferimento alle dichiarazioni presentate e al titolo per cui è avvenuto il versamento a fronte per altro di un silenzio rifiuto non motivato dall’Ufficio”.

5- con il secondo motivo di ricorso l’Ufficio lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3): erroneamente la sentenza impugnata affermerebbe la sussistenza nel merito del credito Iva perchè non contestato espressamente dall’Ufficio (è impugnato il silenzio-rifiuto); in realtà la contestazione è contenuta nella memoria depositata nel corso del giudizio di appello, ove si eccepiva espressamente che il contribuente non avesse documentato la sussistenza del credito da lui vantato.

6- con il terzo motivo di ricorso si eccepisce violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 luglio 1988, n. 322, art. 2, commi 8 e 8, bis e art. 8, comma 6, e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3); erroneamente, sostiene la ricorrente, la C.T.R. avrebbe ritenuto insussistente per le dichiarazioni Iva una normativa di dettaglio sui termini da rispettare per la loro emendabilità, ritenendo applicabile, nel silenzio della legge, il termine quadriennale previsto per gli accertamenti di ufficio dalla legge istitutiva dell’Iva, art. 57, (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633). In realtà, invece, il D.P.R. n. 322 del 1988, art. 8, comma 6, prevede come espressamente applicabili alle dichiarazioni Iva, nel testo vigente ratione temporis, le disposizioni di cui al medesimo D.P.R., art. 2, commi 7, 8, 8bis e 9, dettate per le dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e di Irap, in base ai quali la dichiarazione integrativa “in melius” deve essere presentata entro il termine prescritto per la dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo; nel caso in esame questo termine non sarebbe stato rispettato.

7- Con il quarto motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 38 bis, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, e dell’art. 2946 c.c., (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3); erroneamente, sostiene la ricorrente, la sentenza impugnata avrebbe ritenuto che il diritto al rimborso nascesse dalla dichiarazione integrativa, mentre invece, in applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 38 bis, (nel testo vigente ratione temporis) era necessaria la presentazione di apposita istanza (mod. VR) da presentarsi entro il termine di decadenza di anni due previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, e non entro il termine ordinario della prescrizione di cui all’art. 2946 c.c..

8- Il primo motivo di ricorso è inammissibile perchè proposto sotto il profilo della violazione di legge, mentre invece denunzia un vizio di motivazione. E’ comunque infondato perchè il petitum del ricorso originario è evidentemente ricollegabile al silenzio-rifiuto dell’Amministrazione finanziaria sull’istanza di rimborso presentata dal contribuente, a sua volta fondata sulla dichiarazione integrativa in cui è stata esposta l’Iva a credito.

9- Il terzo e quarto motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto involgono l’esame della medesima questione sotto differenti profili, e sono fondati nei termini di cui appresso si dirà.

10- La normativa richiamata dalle parti deve essere valutata, a giudizio di questa Corte, con criterio sistematico, distinguendo fra le norme sulle dichiarazioni, quelle sugli accertamenti, quelle sulla riscossione e quelle sui rimborsi, poichè diverso è lo scopo di ciascuna di esse. In particolare, il D.P.R. n. 322 del 1988, regolamenta la materia della presentazione delle dichiarazioni fiscali relative all’imposta sui redditi, Irap e Iva, fissando modalità e termini comuni a tutti i tipi di dichiarazione, come è evidente dall’art. 6, (in tal senso Cass. SS.UU. 13378/2016). Con particolare riferimento alla modificabilità delle dichiarazioni da parte del dichiarante, vige il principio della generale ed illimitata emendabilità delle dichiarazioni, a meno del sopraggiungere di cause di decadenza, da cui deriva l’irretrattabilità della dichiarazione (Cass. SS.UU. citata). Una prima causa di irretrattabilità della dichiarazione è costituita, nel caso in esame, dalla norma di cui al D.P.R. n. 322 del 1988, art. 2, comma 8 bis, che prevede che la integrazione in melius della dichiarazione debba essere effettuata entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo.

11- La normativa sulle dichiarazioni fiscali, per altro, deve essere coordinata con quella sugli accertamenti, sulle riscossioni e sui rimborsi dei tributi. In materia di Iva la legge istitutiva, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57, fissa il termine di decadenza per l’accertamento da parte dell’Ufficio, per cui a ragione con il terzo motivo del ricorso proposto in questa sede se ne lamenta l’arbitraria estensione da parte della sentenza impugnata anche alla facoltà per il contribuente di emendare la precedente dichiarazione.

12- Infine, con riferimento alle norme sui rimborsi, manca in materia di Iva una norma corrispondente al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 692, art. 38, che fissa in 48 mesi il termine di decadenza per la presentazione di istanza di rimborso in materia di imposte diretta. Trova pertanto applicazione, come rilevato dall’Agenzia ricorrente, il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, che fissa in due anni il termine per proporre domanda di restituzione “in mancanza di disposizioni specifiche”. Termine che era sicuramente scaduto sia alla data di presentazione della dichiarazione Iva integrativa da parte della Atem s.r.l. (1 ottobre 2007 per l’Iva relativa all’anno 2002), nonchè, a maggior ragione, alla data della richiesta di rimborso spedita il 9.3.2009.

13- Operano, dunque, nel caso in esame, due cause di irretrattabilità della dichiarazione Iva relativa all’anno 2002, che non consentivano più alla Atem s.r.l. l’utile presentazione di una dichiarazione integrativa, con conseguente decadenza anche dalla possibilità di presentare istanza di rimborso. Non rilevano quindi le modalità con cui detta istanza è stata presentata, ed in particolare l’omessa compilazione da parte del contribuente della richiesta di rimborso con il modello c.d. “VR”.

14- Le considerazioni che precedono escludono la rilevanza ai fini della decisione del secondo motivo di ricorso, che può ritenersi pertanto in esse assorbito. E’ evidente, infatti, che se l’istanza è stata tardivamente proposta, è superflua ogni valutazione circa l’effettiva esistenza del credito chiesto a rimborso.

15- In base alle considerazioni che precedono, pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, e la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessario a tal fine nessun ulteriore accertamento in fatto da demandarsi al giudice di merito. Emerge infatti dagli atti che sia la dichiarazione integrativa che il sollecito al rimborso sono stati presentati tardivamente dal contribuente, per cui è stato legittimo il loro rigetto da parte dell’Amministrazione Finanziaria. Alla soccombenza segue l’obbligo delle spese del giudizio di legittimità, mentre può confermarsi la compensazione delle spese dei giudizi precedenti, disposta dalla sentenza qui impugnata con decisione che, per altro, non ha costituito oggetto di ricorso in questa sede.

PQM

La Corte accoglie il terzo e quarto motivo di ricorso, rigetta il primo, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario e condanna la Atem s.r.l., in persona del suo legale rappresentate pro tempore, al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.600 (cinquemilaseicento) otre spese prenotate a debito; dichiara compensate le spese dei giudizi di merito.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019

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