Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18114 del 24/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/06/2021, (ud. 08/04/2021, dep. 24/06/2021), n.18114

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18100/2017 proposto da:

UNICREDIT S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dagli avv. Pietro Piccone Ferrarotti e

Vittorio Giordano ed elettivamente domiciliata presso il loro studio

in Roma, Piazza dei Caprettari, n. 70;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore

pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato (C.F.: (OMISSIS)), presso i cui uffici in Roma, Via dei

Portoghesi 12, è domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 101/10/17 della Commissione tributaria

Regionale della Lombardia, depositata il 20/01/2017;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 8/4/2021 dal

Consigliere Dott. Stefano Pepe.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. Con sentenza n. 5443 del 2011, il Tribunale di Milano, dichiarata la risoluzione dei contratti di finanziamento stipulati con la Siderpighi S.p.A., condannava la Unicredit Corporate Banking S.p.A., nelle more incorporata nella Unicredit S.p.A., odierna ricorrente, alla restituzione in favore della indicata società di Euro 5.727.445,49 oltre interessi e al risarcimento dei danni di Euro 2.000.000,00.

2. L’Agenzia delle entrate notificava alla Unicredit S.p.A. l’avviso di liquidazione n. (OMISSIS) con il quale, in relazione alla suindicata sentenza, chiedeva il pagamento dell’imposta di registro in misura proporzionale con aliquota al 3% D.P.R. n. 131 del 1986, allegata Tariffa, Parte Prima, ex art. 8, lett b).

3. Avverso tale avviso la contribuente proponeva ricorso per violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, allegata Tariffa, Parte prima, art. 8, lett. e), in quanto, da un lato, la condanna al pagamento dell’importo di Euro 5.727.445,49 aveva natura restitutoria, prevista dalla lettera e) richiamata e, dunque, non era tassabile con il criterio proporzionale e, dall’altro, l’operazione dalla quale traeva origine tale pagamento era soggetta ad IVA (operazione finanziaria) e, dunque, per il principio di alternatività tra tale imposta e quella di registro quest’ultima non poteva applicarsi in modo proporzionale.

4. La CTR con sentenza n. 101/10/17, depositata il 20/01/2017, in riforma della pronuncia di primo grado accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate con il quale si lamentava che la sentenza di prime cure aveva erroneamente condannato l’Ufficio alla restituzione dell’importo indicato nell’avviso, malgrado l’assenza di prova dell’avvenuto suo versamento da parte della contribuente.

5. Avverso tale sentenza la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

6. L’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso.

7. La causa è stata scrutinata l’8.4.2021 ed è stata deliberata all’esito della riconvocazione del Collegio il 12.4.2021.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo Unicredit S.p.A, deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 100 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62.

Lamenta la ricorrente che la sentenza impugnata sarebbe nulla per non aver la CTR dichiarato l’inammissibilità dell’appello per difetto di interesse, laddove la questione attinente al diritto, o meno, della contribuente ad ottenere il rimborso delle somme indicate nell’avviso impugnato è del tutto estraneo a quello afferente alla legittimità dello stesso ed oggetto del giudizio impugnatorio proposto.

In conclusione, l’affermazione contenuta nella sentenza di primo grado con la quale, in ragione dell’annullamento dell’atto impositivo si disponeva la restituzione delle somme pagate in ragione di esso era da intendersi un mero obiter dictum.

2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione del principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c., in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62. Osserva la contribuente che la CTR nell’accogliere l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate non tiene conto che l’avvenuto pagamento da parte della ricorrente dell’importo indicato nell’avviso impugnato era circostanza non contestata dalle parti per come risultava dagli atti processuali.

3. Con il terzo motivo Unicredit S.p.A. censura la sentenza della CTR per omesso esame su fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, e, in particolare, per non avere i giudici di merito considerato che la contribuente aveva pagato le imposte richieste come da modello F23 depositato.

4. Per il principio della “ragione più liquida” (Cass. Sez. Un. 9936 del 2014), il Collegio esamina preliminarmente il terzo mezzo, che va accolto per i principi di seguito enunciati con assorbimento degli altri.

Va premesso che, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, con l’originario ricorso la contribuente oltre a richiedere l’annullamento dell’avviso impugnato ha, anche proposto domanda di rimborso delle somme liquidate in ragione di esso, domanda che, quindi, di tutta evidenza era oggetto del giudizio (cfr. pag 6 del ricorso).

Rispetto a tale ultima domanda la CTP si è pronuncia ordinando la restituzione di Euro. 171.823,63 (cfr. pag. 7 del ricorso) alla contribuente così contravvenendo al principio secondo cui in tema di contenzioso tributario, il ricorso del contribuente per ottenere il rimborso di somme che assuma indebitamente versate può essere proposto soltanto nei confronti di un provvedimento di diniego del rimborso, esplicito o implicito, la cui inesistenza, dovuta al non ancora avvenuto decorso del termine di novanta giorni dalla presentazione della domanda di restituzione (previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2), comporta l’inammissibilità del ricorso per difetto dell’atto impugnabile, quale presupposto processuale, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio; mentre, una volta formatosi il silenzio-rifiuto, il ricorso è sempre proponibile fino a quando il diritto alla restituzione non sia prescritto (Cass. n. 16520 del 2017).

La statuizione in esame ha determinato l’Amministrazione a proporre appello al fine di evitare un giudicato sul punto e, conseguentemente, un titolo esecutivo in ordine alle somme sopra indicate.

A fronte di tali premesse, al termine del giudizio di secondo grado in cui non risulta essersi costituita la contribuente, la CTR ha accolto l’appello sul rilievo che “non è stata fornita la prova del precedente versamento all’Erario dell’imposta sancita come non dovuta dalla sentenza di prime cure”.

Per come indicato nel ricorso e per come risulta dall’allegato n 5 dello stesso, risulta il pagamento da parte della contribuente di una somma a titolo di imposta che, in ragione delle difese da questa svolte, ben potrebbe essere riferito all’atto impositivo impugnato e il cui esame deve essere riservato al giudice di merito. In conclusione, in accoglimento del terzo motivo di ricorso deve essere cassata la sentenza impugnata e disposto il rinvio della causa ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia per il riesame, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021

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