Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18113 del 24/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/06/2021, (ud. 07/04/2021, dep. 24/06/2021), n.18113

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13140-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.M., elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio

dell’Avvocato GIOVANNI PALMERI, che rappresenta e difende assieme

all’Avvocato ANGELO CUVA, giusta procura speciale estesa a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4864/30/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, depositata il 23/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 7/4/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA

DELL’ORFANO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

l’Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 99/2012 della Commissione Tributaria Provinciale di Palermo in accoglimento dei ricorso avverso avviso di liquidazione di imposta di registro nei confronti del notaio, odierno controricorrente, per il pagamento relativo alla registrazione di un atto pubblico di mutuo e alla tassazione del finanziamento, per enunciazione, operato a titolo infruttifero dai soci dell’impresa contraente il mutuo, intervenuti nell’atto anche a titolo di fideiussori di quest’ultima nei confronti della Banca mutuante;

la contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo mezzo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, lett. e), art. 21, comma 1, e art. 24, comma 2, per avere la CTR respinto la censura dell’appellante in merito all’inammissibilità dell’eccezione, prospettata dal ricorrente in primo grado nella memoria integrativa, in merito all’applicazione dell’art. 2467 c.c., al finanziamento in questione da parte dei soci, con conseguente inutilità del richiamo, nell’atto enunciante, con riguardo al finanziamento dei soci, alla rinuncia di questi ultimi alla preventiva escussione del debitore principale;

1.2. con il secondo motivo si lamenta violazione di norme di diritto (D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa allegata, parte prima, art. 9, D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 22 e 42, D.Lgs. n. 436 del 1997, art. 3 ter), e si deduce che la CTR avrebbe erroneamente annullato l’atto impositivo ritenendo non tassabile, a carico del Notaio, il finanziamento infruttifero dei soci alla società, inserito nel contratto di mutuo tra la Banca e quest’ultima, a cui erano intervenuti anche i soci ai fine di rendere la dichiarazione (all’interno della quale era enunciato il richiamato finanziamento infruttifero) con il quale i soci postergavano le proprie ragioni creditorie derivano da suddetto finanziamento rispetto alle ragioni creditorie della Banca mutuante;

2.1. la prima doglianza è infondata;

2.2. in materia di procedimento civile, l’applicazione del principio iura novit curia, di cui all’art. 113 c.p.c., comma 1, importa, infatti, la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, nonchè all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, potendo porre a fondamento della sua decisione principi di diritto-diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti (cfr. ex plurimis Cass. n. 5832/2021, n. 8645/2018);

2.3. nel caso di specie, come si evince dagli atti processuali, va dunque esclusa la sussistenza della lamentata violazione processuale in presenza della qualificazione, operata del giudice del merito, del fatto storico dedotto – consistente nella postergazione del credito dei soci alle ragioni creditorie della Banca – come direttamente conseguente a norma di legge (art. 2467 c.c.), e non alla volontà negoziale delle parti;

3.1. trovano invece fondamento le censure illustrate con il secondo motivo di ricorse;

3.2. va premesso che ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, “se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere tra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene l’enunciazione, l’imposta si applica alle disposizioni enunciate”, laddove per disposizione deve intendersi qualunque atto o negozio giuridico produttivo di effetti a contenuto patrimoniale, e per enunciazione l’espresso richiamo dei contraenti al negozio, contenuto in un atto scritto (o un contratto verbale), dagli stessi posti in essere;

3.3. se in un atto sono enunziate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere tra le stesse parti intervenute, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 22, comma 1, l’imposta di registro si applica dunque anche alle disposizioni enunziate, al che consegue, secondo quanto già affermato da questa Corte, l’imponibilità del finanziamento soci, enunciato in un atto di ripianamento delle perdite del capitale sociale e sua ricostituzione ovvero di semplice aumento del capitale sociale mediante rinuncia dei soci ai predetti finanziamenti in precedenza effettuati nei confronti della società, a prescindere dall’effettivo uso del finanziamento medesimo, trattandosi di atto avente ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, finalizzato a determinare una modificazione della sfera patrimoniale e suscettibile di valutazione economica (cfr. ex plurimis, Cass. n. 32516/2019, n. 22243/2015, n. 4096/2012, n. 15585/2010);

3.4. ai fini dell’applicazione della norma è necessario quindi che nell’atto enunciante siano contenuti elementi tali da consentire di identificare la convenzione enunciata, sia in ordine ai soggetti che al suo contenuto oggettivo e alla sua reale portata, in modo da fornire non solo la prova della sua esistenza, ma anche da costituirne il titolo, e per tale ragione la disposizione prevede che la tassazione per enunciazione sia possibile solo a condizione che vi sia identità delle parti intervenute nell’atto enunciante e in quello enunciato;

3.5. nessun rilievo, assume, pertanto, la circostanza della dedotta inutilità della dichiarazione resa dai soci circa la postergazione del credito nei confronti della Società, atteso che ciò che rileva, nel caso in esame, è unicamente la circostanza che le disposizioni relative al finanziamento infruttifero siano state incorporate e, quindi, menzionate in un atto scritto che deve essere registrato;

3.6. l’istituto dell’enunciazione risponde, infatti, ad una finalità antievasiva valorizzando l’imposta di registro quale “imposta d’atto”, poichè tramite l’istituto in oggetto, il legislatore vuole tassare quei contribuenti i quali, anche laddove non siano previste dall’ordinamento prescrizioni di forma ai fini della validità dei negozi giuridici, stipulino verbalmente gli stessi per poi riprodurre le disposizioni dei predetti in un successivo atto scritto, sottraendosi, in tal guisa alla tassazione di tali negozi verbali;

3.7. ciò posto, la CTR ha respinto l’appello sul rilievo che il notaio roqante “è responsabile soltanto in ordine alle imposte principali e non anche a quelle riguardanti gli atti enunciati e, soprattutto, che non vi è assolutamente identità tra le parti dell’atto principale e quelle dell’atto enunciato, identità che costituisce il presupposto indefettibile per procedere anche a tassazione dell’atto richiamato per enunciazione”;

3.8. al riguardo, va in primo luogo ribadito il principio di diritto, già affermato da questa Corte, secondo cui in tema di imposta ipotecaria e di registro, in base al combinato disposto del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 42 e 57, e del D.Lgs. n. 463 del 1997, art. 3-ter, anche in caso di registrazione con procedura telematica, il notaio risponde in via solidale con i contraenti, e salvo rivalsa, unicamente per l’imposta principale, tale dovendosi considerare quella risultante dai controllo dell’autoliquidazione ovvero da elementi desumibili dall’atto con immediatezza e senza necessità di accertamenti fattuali o extratestuali, nè di valutazioni giuridico-interpretative (cfr. Cass. n. 15450/2019);

3.9. il notaio è, invero, coinvolto nell’imposizione in quanto pubblico ufficiale rogante l’atto, ed obbligato a richiedere la registrazione (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 10, lett. b), ed egli risulta, per contro, estraneo al presupposto impositivo, che concerne unicamente le parti contraenti nel momento in cui partecipano alla stipulazione di un atto traslativo di ricchezza o regolativo di un affare al quale l’ordinamento riconduce – in capo ai contraenti stessi e soltanto a costoro un’espressione di capacità contributiva;

3.10. in particolare, la responsabilità del notaio per il pagamento dell’imposta trova fondamento in una fattispecie ulteriore e diversa da quella, strettamente impositiva, propria dei contraenti, ed insita nel ruolo di garanzia a lui assegnato ex lege nel rafforzamento della pretesa dell’amministrazione finanziaria e della sua satisfattività;

3.11. su tale premessa, l’obbligo al pagamento viene posto a carico del notaio D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 57, nella sua qualità di responsabile d’imposta, cosi come definita in via generale dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 64, comma 3, e tale veste implica l’affiancamento della responsabilità del notaio a quella dei soggetti contraenti nella loro veste di contribuenti effettivi (obbligare “insieme con altri”), ma la solidarietà passiva che viene in tal modo a costituirsi muove da una relazione che non è paritetica, ma secondaria o dipendenti rispetto a quella delle parti contraenti, tanto da consentire al notaio di esercitare nei confronti di queste ultime la rivalsa per l’intero ammontare di quanto pagato (art. 64 cit.), laddove, in diversa ipotesi di responsabilità paritetica da co-realizzazione de presupposto impositivo, non di rivalsa per l’intero si tratterebbe ma di regresso pro quota. Si tratta di principi più volte affermati (cfr. Cass. n. 19172/2004, n. 9439-9440/2005, n. 16390/2002), e ribaditi (cfr. Cass. n. 5016/2015) anche con specifico riguardo alla natura del ruolo notarile in procedura di registrazione telematica degli atti, ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 463;

3.12. proprio in ragione della peculiare natura di tale ruolo, l’art. 5 cit., limita quindi la responsabilità del notaio rogante al pagamento della sola imposta principale, non risultando il pubblico ufficiale gravato da responsabilità alcuna per l’imposta complementare e suppletiva;

3.13. ai sensi dell’art. 42 TUR, comma 1, è, quindi, anzitutto “principale” “l’imposta applicata al momento della registrazione” (vale a dire quella pagata, nei procedimento di registrazione non effettuato mediante trasmissione telematica, per ottenere la registrazione e, quindi, in un momento logicamente temporalmente antecedente rispetto alla registrazione; nel sistema di registrazione in via telematica, invece, la registrazione è un tutt’uno con la ricezione dei dati, i quali comprendono la trasmissione del denaro corrispondente all’imposta autoliquidata);

3.14. questa Corte ha già ritenuto, di conseguenza, trattarsi di imposta principale anche laddove l’imposta risulti dovuta in conseguenza della registrazione d’ufficio (cfr. Cass., n. 9856/2017, n. 4710/2003);

3.15. sulla scorta di tali principi, l’imposta applicata alle disposizioni enunciate, in quanto da applicare in sede di registrazione dei contratto enunciante, deve perimenti ritenersi “imposta principale”, essendo tenuto, il notaio, quale responsabile di imposta, a corrispondere all’Erario quanto dovuto fronte della registrazione dell’atto effettuato per il suo tramite, considerato che l’imposta è la medesima che sarebbe stata dovuta in sede di registrazione dell’atto enunciato da parte del contribuente;

3.16. la CTR ha inoltre ritenuto non potersi fare applicazione alla fattispecie in esame del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 22, comma 1, sul rilievo dell’eterogeneità delle parti tra l’atto “enunciante” (il contratto di mutuo) e l’atto “enunciato” (finanziamento soci infruttifero);

3.17. invero, condizione imprescindibile della tassazione per enunciazione, come dianzi illustrato, è l’assoluta identità delle parti intervenute nell’atto “enunciante” e nell’atto “enunciato”;

3.18. nel caso in esame, tuttavia, ricorre tale condizione atteso che i soci, che avevano effettuato il finanziamento infruttifero in favore della società, sono intervenuti, in qualità di fideiussori della stessa, nel contratto di mutuo, erogato in favore della Società dalla Banca;

3.19. sussiste, quindi, la corrispondenza tra le parti intervenute nell’atto enunciato e in quello enunciente;

3.20. va infine anche evidenziato che in tema d’imposta di registro, sono assoggettati a tributo, ai sensi del D.P.R. n. 331 del 1986, art. 22, anche gli atti sottoposti a registrazione solo in caso d’uso ove enunciati in atti soqqetti a registrazione, come nel caso in esame, dovendosi individuare il soggetto obbligato, in tale evenienza, in base alle regole operanti per l’imposizione dell’atto enunciarne e non di quello enunciato (cfr. Cass. n. 22243/2015);

4. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, respinto il secondo motivo ed accolto il primo, va accolto il ricorso e cassata la sentenza impugnata;

5. inoltre, non richiedendosi, per la risoluzione della controversia, alcun altro accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 1, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente;

6. poichè gli orientamenti giurisprudenziali di questa Corte, in base al quale si è decisa la causa, si sono consolidati dopo la proposizione del ricorso per cassazione, si ritiene opportuno compensare tra le parti le spese processuali delle fasi di merito, con condanna della controricorrente al pagamento delle spese del presente grado, con liquidazione come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente, compensando tra le parti le spese processuali dei gradi di giudizio, condanna la controricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, tenutasi da modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 7 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021

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