Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18113 del 05/09/2011

Cassazione civile sez. III, 05/09/2011, (ud. 13/07/2011, dep. 05/09/2011), n.18113

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16880/2009 proposto da:

L.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA RONCIGLIONE 3, presso lo studio dell’avvocato GULLOTTA

Fabio, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DIFINO

MATTEO giusto mandato in atti;

– ricorrente –

contro

MPS GESTIONE CREDITI BANCA S.P.A. quale rappresentante di BANCA MONTE

DEI PASCHI DI SIENA S.P.A. già BANCA ANTONVENETA S.P.A.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAPOSILE 2, presso lo studio

dell’avvocato ANZALDI Antonina, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CLEMENTE LUCIO giusto mandato in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 302/2008 del TRIBUNALE di SONDRIO, depositata

il 15/07/2008, R.G.N. 1162/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/07/2011 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito l’Avvocato FABIO GULLOTTA;

udito l’Avvocato ANTONINA ANZALDI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IANNELLI Domenico, che ha concluso per l’inammissibilità.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L.C. proponeva opposizione di terzo, ai sensi dell’art. 619 c.p.c., all’esecuzione promossa dalla Banca Antonveneta nei confronti dei coniugi F. – P., quali debitori fideiussori, e nei suoi confronti, quale terzo acquirente ex artt. 602 e 603 c.p.c. dell’immobile oggetto di ipoteca giudiziale da parte della banca convenuta, ed acquistato dallo stesso ricorrente.

Introduceva, quindi, la fase di merito davanti al tribunale di Sondrio, nei confronti della stessa Banca Antonveneta spa chiedendo, in via preliminare: accertare e dichiarare che l’immobile oggetto di ipoteca giudiziale, da parte della convenuta, era ricompreso nel fondo patrimoniale familiare trascritto (rectius annotato) nel registro degli atti di matrimonio della famiglia F. – P., accertando che il credito per il quale la convenuta aveva iscritto (non trascritto) ipoteca giudiziale in data 7.4.2004 derivava dall’ingiunzione di pagamento emessa dal tribunale di Milano a carico della società Quality Cars srl e dei fideiussori F. R. e P.R.; per l’effetto, dichiarare che il credito per il quale era stata iscritta l’ipoteca giudiziale era un credito estraneo ai bisogni della famiglia; accertare e dichiarare che alla data del 7.4.2004 l’immobile risultava ancora annotato nel registro degli atti di matrimonio F. – P., con la conseguenza che l’iscrizione (non trascrizione) dell’ipoteca giudiziale da parte della Banca convenuta doveva ritenersi nulla, invalida od inefficace ai sensi dell’art. 167 c.c., così come il successivo pignoramento;

dichiarare, quindi, la validità e l’efficacia dell’acquisto, in data 5.4.2004, dell’immobile, libero da ipoteche e vincoli pregiudiziali, fra i coniugi F. – P. e lo stesso L..

Immobile, il cui atto di compravendita era stato trascritto in data 20.4.2004. Con sentenza del 15.7.2008, il tribunale rigettava l’opposizione.

Propone ricorso per cassazione affidato a due motivi illustrati da memoria il L..

Resiste con controricorso la MPS gestione Crediti Banca spa quale rappresentante di Banca Monte dei Paschi di Siena (già Banca Antonveneta spa).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è stato proposto per impugnare una sentenza pubblicata una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione; con l’applicazione, quindi, delle disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1^.

Secondo l’art. 366 – bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, n. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Sez. Un. 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass. 18 luglio 2007, n. 16002).

Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di diritto che risolva il caso in esame, poi, deve essere formulato in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta (v. Sez. Un. 11 marzo 2008, n. 6420 che ha statuito l’inammissibilità – a norma dell’art. 366 bis c.p.c., – del motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo od integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo).

La funzione propria del quesito di diritto – quindi – è quella di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (da ultimo Cass. 7 aprile 2009, n. 8463; v, anche Sez.Un. ord. 27 marzo 2009, n. 7433).

Il ricorso proposto rispetta i requisiti prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ..

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4, per violazione degli artt. 102 e 619 cod. proc. civ. e art. 111 Cost..

Il motivo è fondato per le ragioni che seguono.

Nell’espropriazione contro il terzo proprietario, ai sensi degli artt. 602 e 604 c.p.c. – le cui disposizioni riguardano quella particolare forma di espropriazione che ha per oggetto i beni di un terzo, nei casi in cui questo debba rispondere di un debito altrui, per essere stati i beni gravati di pegno o di ipoteca, oppure perchè si tratta di bene la cui alienazione, da parte del debitore a favore del terzo, è stata revocata per frode -, si ha un’ipotesi di responsabilità senza debito, ovvero per debito altrui (essendo sufficiente il titolo esecutivo contro il debitore diretto; ciò ricavandosi dal regime delle eccezioni che il terzo può opporre al creditore, a norma del combinato disposto degli artt. 2870 e 2859 cod. civ. (Cass. 6 maggio 1975 n. 1746)).

Ne deriva che il terzo proprietario del bene risponde, con il bene ipotecato, dell’eventuale inadempimento del debito originario (Cass. 29 settembre 2007 n. 20580);

In questo processo esecutivo è, quindi, parte necessaria, non soltanto il terzo assoggettato all’esecuzione, ma anche il debitore esecutato: in particolare, il debitore, assieme al creditore, assume la veste di legittimo e necessario contraddittore, quale soggetto nei cui confronti l’accertamento della ricorrenza o meno dell’azione esecutiva contro il terzo è destinato a produrre effetti immediati e diretti.

Si tratta di un accertamento relativo ad una situazione giuridica unica per il creditore, per il debitore e per il terzo, non potendo la stessa sussistere che nei confronti di tutti e tre; e ciò perchè il titolo esecutivo ed il precetto non possono restare in piedi o venir meno se non per i tre soggetti congiuntamente (Cass. 11 maggio 1994 n. 4607). Pertanto, nel giudizio di opposizione all’esecuzione, promosso contro il creditore procedente dal terzo assoggettato all’esecuzione – come nella specie -, il debitore, assieme al creditore, assume la veste di legittimo e necessario contraddittore, quale soggetto nei cui confronti l’accertamento della ricorrenza o meno dell’azione esecutiva contro il terzo è destinato a produrre effetti immediati e diretti.

La conseguenza è che la sentenza resa in un giudizio di opposizione all’esecuzione promossa nei confronti di beni del terzo, in cui non sia stato evocato in giudizio anche il debitore necessario, è inutiliter data.

Tale nullità, ove non rilevata dal giudice del merito, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice di legittimità con i remissione della causa al primo giudice (v. anche Cass. 22.3.2011, n. 6546; Cass. 29.9.2004 n. 19562).

Poichè, nel caso in esame, l’opposizione è stata promossa dal terzo proprietario esecutato nei confronti della sola creditrice procedente, la sentenza pronunciate nel giudizio di opposizione in esame senza che sia stato integrato il contraddittorio nei confronti dei debitori diretti, è stata inutiliter data.

La sua invalidità va, quindi, dichiarata in questa sede, in applicazione del generale principio per il quale la mancata partecipazione al giudizio di un litisconsorte necessario, quando non è stata rilevata dal giudice di merito, va rilevata d’ufficio dalla Corte di legittimità, che, pertanto, in applicazione della norma dell’art. 383 cod. proc. civ., comma 3, deve rimettere la causa al giudice del merito. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 167, 169, 170 e 2808 cod. civ. in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3.

Le questioni poste con tale motivo restano assorbite dalle conclusioni adottate in ordine al primo motivo.

Conclusivamente, è accolto il primo motivo, dichiarato assorbito il secondo; la sentenza è cassata in relazione e la causa rinviata al tribunale di Sondrio in persona, di diverso magistrato.

Le spese sono rimesse al giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo.

Cassa in relazione e rinvia, anche per le spese, al tribunale di Sondrio in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 13 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2011

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