Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18113 del 04/08/2010
Cassazione civile sez. I, 04/08/2010, (ud. 16/06/2010, dep. 04/08/2010), n.18113
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
H.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CARSO 23,
presso l’avvocato SALERNI ARTURO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocata ANDREA RONCHI, giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, PREFETTURA UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO
DI BOLOGNA, QUESTURA DI BOLOGNA, in persona dei rispettivi legali
rappresentanti pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrenti –
avverso il decreto del GIUDICE DI PACE di BOLOGNA, depositato il
06/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
16/06/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato SALERNI che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CICCOLO Pasquale Paolo Maria che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1.- H.V. ha proposto ricorso per cassazione – affidato a due motivi – contro il decreto in data 6.2.2008 con il quale il Giudice di pace di Bologna ha rigettato il suo ricorso tardivo (perchè presentato il 5.11.2007) avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Bologna il 29.11.2002, tradotto in lingua inglese per l’attestata impossibilità di reperire un traduttore.
Resiste con controricorso l’Avvocatura Generale dello Stato per “il Ministero dell’Interno la Prefettura Ufficio Territoriale del Governo di Bologna la Questura di Bologna in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica”.
2.- Il ricorrente denuncia con il primo motivo violazione di legge e formula il seguente quesito: “se sia affetto da nullità, ovvero da illegittimità, il provvedimento amministrativo che ordini allo straniero di lasciare l’Italia quando questo sia tradotto in una sola delle lingue veicolari senza alcuna indicazione, nel corpo dell’atto, circa a) l’accertamento delle conoscenze linguistiche dello straniero, b) i criteri di preferenza sull’unica lingua veicolare scelta per la traduzione nonchè c) i motivi che hanno reso impossibile la traduzione dell’atto nella lingua madre”.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge lamentando che il decreto sia stato sottoscritto dal vice Prefetto Aggiunto senza delega.
3.- Secondo l’orientamento di questa Corte, il D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 7, non impone all’Amministrazione di tradurre il decreto espulsivo nella lingua madre della persona da espellere, ma solo di assicurare che la traduzione del provvedimento avvenga “in una lingua conosciuta” e, solo ove ciò non sia possibile, di garantire che la traduzione sia svolta “in lingua francese, inglese o spagnola”, ritenute lingue universali e, quindi, accessibili, direttamente o indirettamente, da chiunque (Cass. n. 13833 del 2008).
Inoltre, l’obbligo dell’autorità procedente di tradurre la copia del relativo decreto nelle lingua conosciuta dallo straniero stesso è derogabile tutte le volte in cui detta autorità attesti e specifichi le ragioni per le quali tale operazione sia impossibile e si imponga la traduzione nelle lingue predeterminate dalla norma di cui all’art. 13, comma 7, cit.. Siffatta attestazione è condizione non solo necessaria, ma anche sufficiente a che il decreto di espulsione risulti immune da vizi di nullità, senza che il giudice di merito possa ritenersi autorizzato a sindacare le scelte della P.A. in termini di concrete possibilità di effettuare immediate traduzioni nella lingua dell’espellendo (Cass. n. 25362 del 2006; n. 25026 del 2005; n. 13032 del 2004; n. 5465 del 2002).
A tale giurisprudenza è conforme il provvedimento impugnato, sì che la tardività dell’opposizione impedisce di esaminare nel merito la seconda censura.
Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – vanno poste a carico del ricorrente soccombente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’Amministrazione resistente, spese che liquida in Euro 900,00.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 giugno 2010.
Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2010