Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1811 del 27/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/01/2020, (ud. 27/09/2019, dep. 27/01/2020), n.1811

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32336-2018 proposto da:

N.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSIZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MASSIMO GILARDONI, giusta procura allegata al

ricorso

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTIRNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende cupe legis;

– controricorrente –

contro

PROCURA GENERALE PRESSO la CORTE DI CASSAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 947/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata l’01/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa VELLA

PAOLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. il cittadino nigeriano N.G. ha invocato la protezione internazionale o umanitaria riferendo di essere di religione Cristiana ed etnia igbo, di aver svolto nel suo Paese l’attività di venditore di ricambi per motociclette e di essere fuggito dalla Nigeria – dove ancora vivono la madre, la moglie e i figli – per timore della setta degli Ogboni; infatti, a febbraio 2013 il padre si era ammalato e aveva cercato di convincerlo a prendere il suo posto nella confraternita, dove aveva il compito di uccidere; anche lo zio (definito criminale di grande spessore, anche se il documento esibito reca un nome diverso) aveva cercato di convincerlo, ma lui si era rifiutato, sicchè un giorno dei sicari gli avevano detto che se non l’avesse fatto avrebbero ucciso lui e il fratello; insieme a quest’ultimo aveva denunciato il fatto alla polizia, ma aveva capito che anche i poliziotti facevano parte degli Ogboni (a pag. 2 del ricorso in realtà si legge che il ricorrente “denunciava alla polizia lo zio, tale D.N., accusandolo di essere il mandante del ferimento del fratello e delle minacce ricevute”, ma “la polizia non riusciva ad interrompere il sodalizio criminale”); lo zio li aveva quindi minacciati e nel marzo 2013 il fratello era stato ferito al volto con un machete, decedendo ad agosto; da quel giorno il ricorrente aveva cominciato a dormire in chiesa con la famiglia e il pastore lo aveva consigliato di andarsene, trovandosi gli Ogboni ovunque;

2. sia il ‘Tribunale di Brescia che la Corte d’appello di Brescia hanno respinto tutte le domande; il giudice a quo, in particolare, ha ritenuto la narrazione non credibile perchè contraddittoria, scarsamente verosimile e incoerente, specie con riguardo al ruolo dello zio e del padre all’interno della confraternita degli Ogboni, tanto più che le minacce ricevute non provenivano dalla setta ma dallo zio, mentre la vicenda del fratello era rimasta alquanto oscura; sulla kff protezione sussidiaria ha osservato che il ricorrente aveva parlato solo degli Ogboni senza mai far cenno alla situazione generale del paese, nel quale comunque non c’era uno stato di violenza generalizzata (v. rapporto Amnesty international); lo stesso ricorrente non aveva mai citato nemmeno Boko Haram, che comunque opera nelle regioni del Nord-Est, negli stati di i/damawa, Bauch, Born e Yobe (v. World report di Human Rights Watch del 2016, 2017 e 2018), essendo semmai a rischio lo stato di Kano, mentre lo stato di provenienza del ricorrente (A’nambra State) si trova in una zona più sicura, al centro-sud della Nigeria; infine, quanto alla protezione umanitaria ha rilevato che nessun profilo di vulnerabilità è stato addotto: il ricorrente ha 43 anni, ha lasciato la Nigeria da cinque anni ed ha lì la moglie e due figli, mentre il documentato percorso di integrazione in Italia non sarebbe elemento sufficiente;

3. avverso la decisione il ricorrente ha proposto un motivo di ricorso per cassazione, cui il Ministero intimato ha resistito con controricorso;

4. a seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio. Considerato che:

5. il motivo censura la violazione e falsa applicazione di vari articoli del D.Lgs. n. 251 del 2007 e del D.Lgs.n. 25 del 2008, nonchè dell’art. 3 Cedu, “per avere la Corte d’appello di Brescia escluso la protezione sussidiaria nel silenzio assoluto sulla situazione generale del Pakistan ed in violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 nonchè per aver omesso di considerare la condizione di vulnerabilità personale che discende dalla situazione nel paese di provenienza e nei paesi di permanenza avuto riguardo alla Libia”;

6. la censura è palesemente inammissibile, in guanto fa riferimento ad un Paese differente da quello di provenienza del ricorrente e ad una vicenda affatto diversa, relativa alla “irruzione dei militanti del partito islamico e l’interruzione delle operazioni di voto alle quali seguì la rissa con feriti”; le restanti argomentazioni sono generiche o non pertinenti, in quanto rivolte contro la decisione del tribunale;

7. alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese, liquidate in dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 27 gennaio 2020

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