Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18109 del 31/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 31/08/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 31/08/2020), n.18109

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 27542 del ruolo generale dell’anno

2018, proposto da:

INTESA SANPAOLO S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del

rappresentante per procura P.B. rappresentata e difesa

dall’avvocato Benedetto Gargani (C.F.: GRG BDT 57T21 Z614E);

– ricorrente –

nei confronti di:

F.P. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso

dall’avvocato Maurizio Giglio (C.F.: GGL MRZ 58R19 E472Q);

– controricorrente –

nonchè:

D.G.M.P. (C.F.: (OMISSIS));

I.N.P.S. – Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (C.F.:

(OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimati –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Latina n.

1928/2018, pubblicata in data 18 luglio 2018 (e notificata in data

30 luglio 2018);

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 2 luglio 2020 dal consigliere Tatangelo Augusto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.P. ha pignorato i crediti vantati dalla sua debitrice D.G.M.P. nei confronti di Banca Intesa S.p.A.. La banca ha reso dichiarazione di quantità positiva fino a concorrenza di Euro 173.282,70 ed il giudice dell’esecuzione ha assegnato al creditore l’importo di Euro 115.521,80.

La banca terza pignorata ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., avverso l’ordinanza di assegnazione, sostenendo di aver reso la dichiarazione di quantità positiva, per l’importo sopra indicato, per mero errore materiale, ammontando in realtà il suo debito verso la D.G. a soli Euro 3.009,50.

L’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di Latina.

Ricorre Banca Intesa S.p.A., sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso il F..

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli altri intimati.

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

Il controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 547 e 553 c.p.c. nonchè dell’art. 617 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2732 e 1988 c.c. nonchè dell’art. 617 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

I due motivi del ricorso sono logicamente connessi e, come tali, possono essere esaminati congiuntamente.

La banca ricorrente sostiene che, in caso di dichiarazione di quantità resa erroneamente in senso positivo dal terzo debitor debitoris, quest’ultimo, anche senza emendare l’errore o revocare detta dichiarazione prima della definizione del processo esecutivo, potrebbe proporre opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione emessa sulla base della dichiarazione erronea ed ottenerne l’annullamento.

L’assunto è manifestamente infondato.

Secondo l’indirizzo di questa Corte, che il ricorso non contiene argomenti idonei ad indurre a rimeditare, “in tema di espropriazione presso terzi, il terzo pignorato che si avveda dell’erroneità della dichiarazione resa ai sensi dell’art. 547 c.p.c. può farla valere mediante l’opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c. avverso l’ordinanza ex art. 553 c.p.c., a condizione che abbia tempestivamente emendato, mediante revoca o rettifica, la dichiarazione ritenuta affetta da errore e il giudice dell’esecuzione abbia, ciò non di meno, disposto l’assegnazione” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5489 del 26/02/2019, Rv. 652835 – 03; nel medesimo senso, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 13143 del 25/05/2017, non massimata, in cui si formula il seguente principio di diritto: “in tema di pignoramento presso terzi, ove la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c. sia inficiata da errore di fatto, il terzo può sempre revocarla e sostituirla con altra ritenuta corretta, ma solo se l’errore sia a lui non imputabile, o sia comunque scusabile, e a condizione che ciò avvenga entro l’udienza al cui esito il giudice dell’esecuzione abbia provveduto o si sia riservato di provvedere”; cfr. altresì: Sez. 3, Sentenza n. 10912 del 05/05/2017, Rv. 644190 – 01, che afferma i medesimi principi, per quanto in una fattispecie peculiare).

In base ai principi di diritto appena esposti, risulta assorbente la circostanza che, come è pacifico, l’erronea dichiarazione di quantità non è stata emendata nè revocata prima dell’emissione dell’ordinanza di assegnazione da parte del giudice dell’esecuzione, ordinanza che deve pertanto ritenersi del tutto legittima e non censurabile mediante l’opposizione agli atti esecutivi, con conseguente concreta irrilevanza di ogni ulteriore questione in relazione alla astratta qualificazione della stessa dichiarazione di quantità sul piano della teoria generale degli atti giuridici (e ciò senza contare che non vi sono elementi per ritenere che l’errore in cui è incorsa la banca terza pignorata nel rendere la dichiarazione di quantità in senso positivo fosse incolpevole e/o scusabile).

3. Il ricorso è dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna la società ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 7.200,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2020

 

 

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