Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18105 del 31/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 31/08/2020, (ud. 16/06/2020, dep. 31/08/2020), n.18105

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18502-2019 proposto da:

L.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GREGORIO XI

13, presso il proprio studio, rappresentato e difeso da se medesimo;

– ricorrente –

contro

AMISSIMA ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA

278, presso lo studio dell’avvocato MARCO FERRARO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MICHELE SPROVIERI;

– controricorrente –

Contro

D.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2408/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 24/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARILENA

GORGONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L.M. ricorre per la cassazione della sentenza n. 24008-2018 della Corte d’Appello di Napoli, pubblicata il 24 maggio 2018, formulando due motivi, illustrati con articolata memoria.

Resiste con controricorso Amissima Assicurazioni S.p.A..

D.M., alla guida dell’auto Fiat Uno, assicurata con Amissima Assicurazioni S.p.A., già Norditalia Assicurazioni S.p.A., usciva di strada e finiva contro il muro di delimitazione della carreggiata destra. Dopo una trentina di minuti, l’auto di proprietà di R.M.R., guidata da P.G., assicurata per la responsabilità civile automobilistica con la S.p.A. Universo, sulla quale viaggiavano in qualità di trasportati R.M.R. e P.M.C., giunta, a forte velocità, in prossimità della Fiat Uno, non rallentava la propria marcia, anzi, sbandava per la pioggia in corso, deviava sulla propria destra e finiva contro il muro di delimitazione della carreggiata proprio in prossimità della Fiat uno che vi si trovava già lì, senza andare a collidere con essa.

R.M.R. e P.G. decedevano, P.M.C. riportava gravi lesioni personali.

P.L. e P.M.C. convenivano in giudizio D.M. e Amissima Assicurazioni per essere risarciti dei danni subiti che quantificavano in Lire 2.734.900.000, al netto di rivalutazione ed interessi.

D.M., con il patrocinio dell’odierno ricorrente, resisteva, contestando il nesso causale e la ricorrenza di propria responsabilità al verificarsi dell’incidente e, in via gradata, chiedeva che Amissima, ai sensi dell’art. 1917 c.c., comma 2 e della L. n. 990 del 1969, art. 18, fosse condannata a pagare direttamente ai richiedenti le somme pretese, in via, ulteriormente, subordinata, domandava di esserne manlevata e tenuta indenne di tutte le somme dovute agli attori o, in ogni caso, di essere rifusa delle spese di resistenza; in via istruttoria, allegava e provava che nel procedimento penale a suo carico per duplice omicidio colposo, ove gli attori si erano costituiti parte civile, era stata assolta con formula piena.

Il Tribunale civile di Napoli, con sentenza n. 14153/2007, dichiarava che gli attori avevano rinunciato alla domanda civile e non provvedeva alla liquidazione delle spese di lite.

Il ricorrente conveniva in giudizio D.M. per ottenere il pagamento delle spese e dei compensi professionali per la rappresentanza e la difesa in suo favore nel giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale di Napoli, definito con la pronuncia n. 14153/2007.

La convenuta, costituitasi, chiedeva la chiamata in giudizio di Amissima Spa, perchè fosse condannata al pagamento della parcella per l’assistenza in giudizio, sia ai sensi dell’art. 1917 c.c., comma 3, sia in ragione delle previsioni della polizza assicurativa.

Il Tribunale accoglieva la domanda di L.M. e condannava la convenuta a corrispondergli la somma di Euro 19.788,93, al netto di interessi e rivalutazione, rigettava la domanda nei confronti di Amissima e compensava le spese di lite tra la convenuta e l’impresa assicuratrice.

D.M. impugnava la decisione dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli, lamentando il mancato accoglimento della sua domanda nei confronti di Amissima, formulata ai sensi dell’art. 1917 c.c., comma 3 e altresì basata sulla pattuita copertura assicurativa.

L’odierno ricorrente proponeva ricorso incidentale chiedendo la liquidazione delle maggiorazioni sui compensi per assistenza plurima contro più parti, delle spese generali, di Iva e CA e degli interessi legali dal 20 marzo 2008 al soddisfo, nonchè l’estensione della domanda nei confronti di Amissima, nel caso di accoglimento della domanda principale.

La Corte d’Appello, con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione, rigettava l’appello principale e, in parziale accoglimento di quello incidentale, condannava D.M. al pagamento a favore di L.M. di Euro 2.398,08, a titolo di rimborso delle spese generali, con gli interessi legali dal 20 marzo 2008, in aggiunta a quanto previsto nella sentenza di primo grado, al versamento dell’Iva e del contributo previdenziale; compensava le spese di appello.

Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e/ o falsa applicazione dell’art. 1917 c.c., comma 3, dell’art. 91c.p.c., dell’art. 185c.p., degli artt. 74 e 75 c.p.p., per erroneo rigetto della domanda dell’assicurata di condanna dell’impresa di assicurazione della r.c.a. al pagamento delle spese di resistenza, la nullità della sentenza e del procedimento, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: motivo proposto in via surrogatoria nei diritti dell’assicurata ex art. 2900 c.c..

Premesso il suo interesse attuale ad ottenere la cassazione della sentenza impugnata in quanto l’assicurata non aveva onorato neanche in parte la sentenza di primo grado nè quella impugnata, la tesi del ricorrente è che la Corte d’Appello abbia erroneamente ritenuto che dovesse essere il Tribunale di Napoli a pronunciarsi sulla domanda di liquidazione delle spese di resistenza del giudizio civile, ex art. 1917 c.c., comma 3, perchè esse non costituivano una conseguenza dell’illecito, ma rientravano nel genus delle spese di salvataggio in quanto sostenute per un interesse comune all’assicurato ed all’impresa di assicurazione, e perchè, a differenza delle spese di soccombenza, necessitavano, per essere liquidate, di una specifica domanda dell’assicurato in sede civile. Gli errori sarebbero consistiti, in particolare, nel non avere considerato che l’assicurata, in pendenza del giudizio civile, non poteva formulare in quello penale domanda di pagamento delle spese di resistenza nel processo civile per espresso divieto dell’art. 39 c.p.c., e nell’avere applicato alle spese di resistenza un principio – quello secondo cui nel sistema processuale vigente non è ammessa la proposizione di una domanda per conseguire il rimborso delle spese processuali formulata autonomamente e fuori dalla sede nella quale le spese si erano prodotte – valevole per le spese di soccombenza.

2. Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza gravata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c.; per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del tantum devolutum quantum appellatum; denuncia la nullità della sentenza e del procedimento, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (motivo proposto in via surrogatoria nei diritti dell’assicurata ex art. 2900 c.c., stante la sua inerzia).

Secondo il ricorrente, il giudice a quo: a) non si sarebbe pronunciato sul secondo motivo di appello formulato dalla assicurata e sulla domanda di condanna di Amissima S.p.A. a pagare direttamente al ricorrente ovvero di manlevarla e tenerla indenne tanto delle spese di resistenza relative al giudizio conclusosi con la sentenza del Tribunale di Napoli n. 4153/2007 ed alle attività connesse, quanto delle spese di soccombenza dei giudizi di merito; b) erroneamente non avrebbe posto dette spese a carico di Amissima; c) non avrebbe motivato la decisione assunta.

3. Il ricorso è inammissibile.

Infatti, in applicazione di quanto stabilito da questa Corte nella pronuncia 14/03/1962 n. 505, a conferma di altro analogo precedente del 25/06/1957 n. 2447, e ribadito da Cass. 07/10/1997, n. 9747 e, più di recente, da Cass. 17/04/2013, n. 9233, deve ritenersi che il ricorrente non sia legittimato ad agire in via surrogatoria ex art. 2900 c.c., non potendo tale azione essere esercitata, per la prima volta, attraverso la proposizione del ricorso per cassazione, omisso medio (senza, cioè, avere esercitato la medesima azione nella precedente sede di appello, ovvero avendola ivi erroneamente esercitata), non presentando detta azione caratteri morfologici meramente “rappresentativi” – tali, cioè, da consentire al soggetto in surroga di inserirsi nel processo in forza di un sottostante rapporto – bensì connotandosi come attuazione di un potere (attraverso l’esercizio della relativa azione), il cui accertamento processuale è compito necessario del giudice e presuppone una indagine di fatto non compresa nei limiti strutturali e funzionali del giudizio di legittimità (limiti non mutati, in parte qua, per effetto della modifica dell’art. 384 del codice di rito, sì come novellato dalla L. n. 353 del 1990, che consente alla S.C. una decisione di merito qualora non risultino necessari ulteriori accertamenti in fatto), poichè tale giudizio, a differenza dell’appello, presuppone una impugnativa di tipo “straordinario” (ovvero ad effetto devolutivo delimitato), che non dà luogo ad una nuova valutazione del merito della causa, bensì alla sola revisione della conformità alla legge (sostanziale o processuale) dell’attività giurisdizionale esercitata e dell’esattezza della pronuncia in diritto resa con la sentenza (in termini: Cass. 7/10/1997, n. 9747).

Tali conclusioni non sono affatto scalfite dalle argomentazioni che il ricorrente ha sviluppato nella memoria depositata in vista dell’odierna camera di consiglio, le quali sono prevalentemente incentrate sull’asserita impossibilità dell’odierno ricorrente di far valere in sede di merito le proprie censure e sulla ratio dell’art. 2900 c.c. Si tratta, in verità, di profili inidonei, a giudizio di questo Collegio, a superare la motivazione alla base della giurisprudenza di legittimità che nega l’esercizio per la prima volta in Cassazione dell’azione surrogatoria, non spettando – si ribadisce – a questa Corte eseguire accertamenti fattuali, relativi all’esistenza di tutti i presupposti di fatto che legittimano la sostituzione del creditore nei diritti e nelle azioni del proprio debitore.

Le censure del ricorrente non meritano accoglimento neppure sotto il profilo dell’asserita violazione del diritto ad un ricorso effettivo, di cui agli artt. 13 e 6 CEDU, cioè del diritto sostanziale alla garanzia della disponibilità di un ricorso utile, in pratica e in diritto, a raggiungere lo scopo di una tutela adeguata del soggetto leso, in disparte la certezza di un risultato favorevole, e/o della pretesa ad una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2900 c.c., che elimini dall’insieme delle possibili interpretazioni del precetto normativo quelle che siano in difformità col effettività della tutela.

L’accoglimento degli significherebbe mettere in circoscritta al caso concreto – la ratio essendi del giudizio di cassazione e superare la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.

4. Nulla deve essere liquidato per le spese del presente giudizio di legittimità, attesa l’inammissibilità del controricorso, il quale, essendo stato proposto per il tramite di Z.F., procuratore speciale – lo si evince dalla procura ad litem che, a differenza dell’intestazione del ricorso, qualificava Z.F. quale procuratore speciale e non già quale rappresentante legale della Amissima Assicurazioni – avrebbe dovuto contenere la produzione dell’atto notarile che a quest’ultimo conferiva i poteri, non bastando, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, cfr. Cass. 13/02/2020, n. 3557), l’indicazione degli estremi della procura notarile, dovendosi considerare impossibile, in assenza del deposito di tale atto, verificare il conferimento del potere rappresentativo.

PQM

La Corte dichiara inammissibili il ricorso ed il controricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2020

 

 

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