Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18105 del 04/08/2010

Cassazione civile sez. I, 04/08/2010, (ud. 25/03/2010, dep. 04/08/2010), n.18105

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

IMPRESA COSTRUZIONI E RESTAURO MONUMENTI ARCH. ALARICO DE SANCTIS

S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (C.F. (OMISSIS)), in persona del

Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

COSTABELLA 23, presso l’avvocato LAVITOLA GIUSEPPE, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROMA;

– intimato –

e sul ricorso n. 17238/2007 proposto da:

COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso l’AVVOCATURA

COMUNALE, rappresentato e difeso dall’avvocato SABATO NICOLA, giusta

procura speciale per Notaio Dott. GENNARO MARICONDA di ROMA – Rep. n.

49001 del 16/3/10;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

IMPRESA COSTRUZIONI E RESTAURO MONUMENTI ARCH. ALARICO DE SANCTIS

S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSTABELLA 23, presso

l’avvocato LAVITOLA GIUSEPPE, che la rappresenta e difende, giusta

procura a margine del controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 3658/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/09/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/03/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito, per la ricorrente principale, l’Avvocato GIUSEPPE LAVITOLA che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale;

udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

NICOLA SABATO che ha chiesto il rigetto del ricorso principale, o

l’accoglimento dell’incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e per l’assorbimento dell’incidentale condizionato.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con citazione del 30 luglio 2004, la s.r.l. Impresa Costruzioni e Restauro Monumenti Arch. Alarico De Sanctis convenne dinanzi alla Corte d’Appello di Roma il Comune di Roma, esponendo che: a) la Societa’ De Sanctis era proprietaria di un’ area sita in (OMISSIS) avente destinazione edificatoria secondo il Piano regolatore generale; b) con una variante al P.R.G. per il reperimento di aree scolastiche adottata dagli organi comunali con la Delib. Giunta 9 novembre 1970, n. 5882 ed approvata dalla Giunta regionale della Regione Lazio con la Delib. 11 luglio 1975, n. 2524 detta area era stata assoggettata a vincolo espropriativo M/3 per la realizzazione di una scuola d’obbligo e materna; c) tale vincolo era scaduto, per decorrenza del quinquennio, l’11 luglio 1980; d) con una successiva delibera degli organi comunali adottata dalla Giunta il 4 giugno 1990 con il n. 3622, il Comune di Roma aveva adottato una variante generale al P.R.G. per il reperimento di aree per servizi e verde pubblico, con la quale aveva reiterato i vincoli espropriativi scaduti per decorso dei termini di legge, ivi incluso quello concernente l’area in questione; e) tale delibera n. 3622 del 4 giugno 1990 era stato dichiarato illegittima dalla quarta Sezione del Consiglio di Stato, con la decisione n. 1195 del 6 novembre 1996; f) a seguito di tale giudicato, era stata rilasciata alla Societa’ De Sanctis concessione edilizia per la realizzazione di un edificio residenziale; g) successivamente, con atto pubblico del 13 maggio 1999, la Societa’ De Sanctis aveva alienato l’area, unitamente al progetto ed alla concessione, alla s.r.l. Igea 98; h) poiche’ l’area in questione era stata assoggettata ad un vincolo preordinato all’esproprio sin dal 1970, poi reiterato nel 1990, la Societa’ De Sanctis, con istanza del 14 maggio 2004 al Comune di Roma, aveva chiesto a quest’ultimo l’indennizzo per il pregiudizio subito, ai sensi del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 39 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita’ – Testo A), e, nel silenzio del Comune, si era determinata alla promozione del giudizio.

Tanto esposto, la Societa’ attrice chiese che il Comune di Roma fosse condannato al pagamento dell’indennizzo per il pregiudizio subito nel periodo dall’11 luglio 1980 al 13 maggio 1999, indicato nella misura di Euro 1.075.700,06, oltre interessi e rivalutazione monetaria, ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39, comma 4.

Costituitosi, il Comune di Roma, nel resistere alla domanda, chiese che ne fosse dichiarata l’improcedibilita’ e/o l’inammissibilita’, ed eccepi’ preliminarmente la prescrizione del diritto fatto valere.

La Corte adita, con la sentenza n. 3658/06 del 4 settembre 2006, rigetto’ la domanda.

In particolare, per quanto in questa sede rileva, la Corte ha motivato la reiezione della domanda come segue.

A) Quanto alla questione dell’applicabilita’ alla fattispecie del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39 i Giudici a quibus hanno affermato:

“… per il principio della successione delle leggi nel tempo, il diritto all’indennizzo in forza della legge richiamata non puo’ che sorgere in relazione a situazioni giuridiche successive maturatesi successivamente all’entrata in vigore della legge stessa. In esse certamente non e’ compresa quella della societa’ De Sanctis il cui terreno, indipendentemente dalla valenza che voglia darsi alle diverse reiterazioni del vincolo, e’ risultato comunque libero da vincoli pubblicistici a seguito della decisione del Consiglio di Stato n. 1195 del 06.11.1996. Si tratta, come e’ evidente, di reiterazioni intervenute in epoca anteriore all’entrata in vigore del D.P.R. n. 327 del 2001, con la conseguenza che alla data in cui e’ stata proposta la domanda ovvero ancora successivamente, nel corso del giudizio, non puo’ dirsi ancora sorto il diritto all’indennizzo previsto dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39”.

B) Quanto alla tesi della Societa’ attrice secondo la quale il diritto fatto valere discende direttamente dalla sentenza della Corte costituzionale n. 179 del 1999, ancor prima ed indipendentemente dalla previsione di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39 -, i Giudici a quibus hanno affermato: La tesi e’ in realta’ in contrasto con l’azione proposta. La sentenza indicata, … nel valutare il quadro normativo conseguente alla pronuncia stessa, afferma che “l’esigenza di un intervento legislativo sulla quantificazione e sulle modalita’ di liquidazione dell’indennizzo non esclude che – anche in caso di persistente mancanza di specifico intervento legislativo determinativo di criteri e parametri per la liquidazione dell’indennita’ – il giudice competente sulla richiesta di indennizzo, una volta accertato che i vincoli imposti in materia urbanistica abbiano carattere espropriativo nei sensi suindicati, possa ricavare dall’ordinamento le regole per la liquidazione di obbligazioni indennitarie”. … Il principio non e’ pero’ utilizzabile nel presente giudizio poiche’ l’azione proposta dalla societa’ De Sanctis, che ha adito la Corte d’appello quale giudice funzionalmente competente, fa specifico riferimento al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39 invocando l’esistenza di un diritto soggettivo all’indennizzo previsto dalla disposizione invocata e conseguenza della reiterazione del vincolo espropriativo, la cui insorgenza sarebbe anteriore alla previsione legislativa. Diversa avrebbe dovuto essere l’azione proposta (e il giudice competente) ove la societa’ avesse inteso adire comunque il giudice ordinario quale giudice delle controversie indennitarie ovvero quale giudice competente per il risarcimento danni, riferendo l’insorgenza del diritto azionato a un periodo anteriore all’entrata in vigore del D.P.R. n. 327 del 2001”.

2. – Avverso tale sentenza la s.r.l. Impresa Costruzioni e Restauro Monumenti Arch. Alarico De Sanctis in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura, illustrati con memoria.

Resiste, con controricorso, il Comune di Roma, il quale ha anche proposto ricorso incidentale condizionato fondato su tre motivi, ai quali resiste, con controricorso, la ricorrente principale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. — In via preliminare, va disposta la riunione, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., del ricorso principale (r.g. n. 13148 del 2007) e del ricorso incidentale (r.g. n. 17238 del 2007), proposti contro la stessa sentenza.

2. – Con il primo motivo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39 e dei relativi principi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 179/99 – art. 360 c.p.c., n. 3”), la ricorrente principale critica la sentenza impugnata (cfr., supra, Svolgimento del processo n. 1., lettera A), sostenendo che i Giudici a quibus hanno erroneamente omesso di considerare che: a) il diritto all’indennizzo fatto valere e’ immediatamente riconducibile alla sentenza della Corte costituzionale n. 179 del 1999 e non riferito al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39, in quanto tale decreto si e’ limitato a codificare detto diritto gia’ esistente nell’ordinamento, con efficacia meramente ricognitiva e non costitutiva; b) in ogni caso, il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39 e’ norma di natura “procedimental – processuale”, percio’ immediatamente applicabile, secondo il principio tempus regit actum, anche alle situazioni giuridiche soggettive sorte anteriormente alla sua entrata in vigore, quale quella fatta valere nella specie; c) l’efficacia retroattiva della dichiarazione di illegittimita’ costituzionale, di cui alla citata sentenza n. 179 del 1999, consente di ritenere che tale pronuncia incide anche sulle situazioni giuridiche soggettive sorte precedentemente ad essa, con il solo limite dei cosiddetti “rapporti esauriti”; d) nel caso di specie, dal momento che la Societa’ ricorrente non poteva far valere il diritto all’indennizzo prima della pronuncia di incostituzionalita’, essa si e’ avvalsa del procedimento amministrativo e del procedimento giurisdizionale di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39, medio tempore entrato in vigore.

Con il secondo motivo (con cui deduce: “Violazione dell’art. 38 c.p.c. – art. 360 c.p.c., nn. 2 e 3”), la ricorrente principale critica ancora la sentenza impugnata (cfr., supra, Svolgimento del processo n. 1., lettera B) e – sulla premessa che, ferme restando le censure di cui al primo motivo, essa ha fatto valere il diritto all’indennizzo seguendo la procedura di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39 che prevede la competenza in unico grado della corte d’appello – sostiene che i Giudici a quibus hanno erroneamente omesso di considerare che, anche a voler consentire sulla competenza del tribunale a conoscere le domande di indennizzo conseguenti ad atti di illegittima reiterazione dei vincoli preordinati all’espropriazione posti in essere anteriormente alla data di entrata in vigore del D.P.R. n. 327 del 2001 (30 giugno 2003), tuttavia, nel caso di specie, l’incompetenza dell’adita Corte d’Appello di Roma non e’ stata ne’ eccepita ne’ rilevata d’ufficio dai Giudici a quibus nella prima udienza di trattazione, con la conseguenza che la competenza si e’ definitivamente radicata presso l’autorita’ giudiziaria adita.

Con il terzo motivo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39 e dei relativi principi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 179/99 – art. 360 c.p.c., n. 3 Violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 9 e del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 9 – gia’ L. n. 10 del 1977, art. 4, u.c. – Violazione dell’art. 1 del 1^ Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo ratificata con L. 4 agosto 1955, n. 848. Violazione degli artt. 2 e 10 Cost. – art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa e/o insufficiente motivazione art. 360 c.p.c., n. 5), la ricorrente principale critica infine la sentenza impugnata, sostenendo che i Giudici a quibus, limitandosi a valutare l’ammissibilita’ dell’azione proposta ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39, hanno omesso di decidere il merito della domanda, merito che avrebbe dovuto essere esaminato e deciso in senso favorevole alla stessa ricorrente, la quale ha diritto all’indennizzo non solo sulla base delle critiche svolte nel primo motivo, ma anche alla luce delle disposizioni legislative ed internazionali richiamate in rubrica.

3. – Il ricorrente incidentale, “per l’ipotesi in cui l’azione proposta dalla Impresa Costruzioni e Restauro Monumenti Arch. Alarico De Sanctis s.r.l. venga configurata come azione di risarcimento del danno”, chiede che questa Corte si pronunci sui seguenti quesiti: 1) “Dica la Suprema Corte se l’azione di danni per reiterazione di vincoli riguardanti situazioni giuridiche soggettive sorte anteriormente all’entrata in vigore del T.U. n. 321 del 2001 e s.m.i.

sia comunque limitata alla reiterazioni di vincoli a contenuto espropriativo”; 2) “Dica la Suprema Corte se l’azione connessa a pretesa di indennizzo di danni per reiterazione di vincoli riguardanti situazioni giuridiche soggettive sorte anteriormente all’entrata in vigore del T.U. n. 321 del 2001 e s.m.i. sia comunque soggetta a prescrizione ordinaria quinquennale”.

Il ricorrente incidentale, inoltre, “nella ulteriore ed alternativa ipotesi che l’azione proposta si configuri non come un’ordinaria azione di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., ma come azione in esercizio di diritto diverso, non soggetto a prescrizione quinquennale” chiede che questa Corte si pronunci sul seguente quesito: “Dica la Suprema Corte se l’azione connessa a pretesa di indennizzo di danni per reiterazione di vincoli riguardanti situazioni giuridiche soggettive sorte anteriormente all’entrata in vigore del T.U. n. 321 del 2001 e s.m.i. sia comunque soggetta a prescrizione ordinaria decennale”.

Il ricorrente incidentale, infine – sul rilievo che “non si puo’ sensatamente sostenere … che l’obbligazione risarcitoria e/o indennitaria per un limite alla proprieta’ derivante direttamente da una legge dello Stato, e dalla legge regionale, … in ragione della esistenza di analoga norma di legge regionale della Regione Lazio, sia destinata a gravare su un Comune, e nella fattispecie sul Comune di Roma” -, formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Suprema Corte se l’azione risarcitoria, comunque configurata, proposta per la reiterazione di vincoli espropriativi, ove connessa alla disciplina di fonte statale e/o regionale relativa alle zone prive di destinazione urbanistica, si configuri come una fattispecie di litisconsorzio necessario riguardante lo Stato e la Regione, con conseguente improponibilita’ e/o inammissibilita’ dell’azione e nullita’ di tutti gli atti processuali nel caso di giudizio svolto senza la necessaria integrazione del contraddittorio”.

4. – Deve essere preliminarmente esaminata la questione della competenza della Corte d’Appello di Roma a conoscere la presente controversia, questione posta dal secondo motivo del ricorso principale e dal ricorso incidentale.

Al riguardo, va affermato che dall’esame diretto degli atti del processo a quo – consentito a questa Corte, in ragione della natura processuale del vizio denunciato – emerge che: a) la citazione e’ stata notificata al Comune di Roma in data 30 luglio 2004; b) il Comune di Roma non ha mai eccepito alcunche’ – ne’ con la comparsa di costituzione e risposta del 28 novembre 2004, ne’ nel corso dell’ulteriore svolgimento del processo – in ordine alla competenza della Corte adita la quale, a sua volta, non ha mai rilevato d’ufficio la questione della propria competenza per materia.

Cio’ premesso, alla fattispecie e’ applicabile, ratione temporis, l’art. 38 c.p.c., comma 1, nel testo introdotto dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 4 vigente a far data dal 30 novembre 1995. E’ noto che tale disposizione prevede(va): “l’incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio nei casi previsti dall’art. 28 sono rilevate, anche d’ufficio, non oltre la prima udienza di trattazione”.

Orbene, secondo il costante orientamento di questa Corte, l’incompetenza per materia, da qualunque causa dipenda ed al pari di quella per valore e per territorio nei casi previsti dall’art. 28 c.p.c., deve essere eccepita o rilevata, anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 38 c.p.c., comma 1, (nel testo introdotto dalla L. n. 353 del 1990, art. 4 in vigore dal 30 aprile 1995) non oltre la prima udienza di trattazione, con la conseguenza che, in difetto, diviene insindacabile ed irretrattabile la competenza del giudice dinanzi al quale l’incompetenza non sia stata eccepita o rilevata (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 4007 del 2009).

Conseguentemente, la competenza per materia della Corte d’Appello di Roma a conoscere la presente causa non e’ piu’ controvertibile. Cio’, anche se questa Corte, con l’ordinanza n. 1741 del 2007, ha affermato il principio, per cui la competenza a conoscere le controversie concernenti il riconoscimento del diritto all’indennizzo per reiterazione di vincoli di inedificabilita’ assoluta sostanzialmente espropriativi, nella ricorrenza dei presupposti indicati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 179 del 1999, appartiene al tribunale e non alla corte d’appello, come previsto dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39, quando gli atti di rinnovo del vincolo espropriativo – come nella specie – sono anteriori al 30 giugno 2003, data di entrata in vigore di tale decreto presidenziale. E cio’, ovviamente a prescindere da ogni altra questione che investe il merito della lite.

5. – Il ricorso principale non merita accoglimento, anche se la motivazione in diritto della sentenza impugnata – di rigetto della domanda proposta dalla s.r.l. Impresa Costruzioni e Restauro Monumenti Arch. Alarico De Sanctis – deve essere corretta, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4.

5.1. – In particolare, il primo ed il terzo motivo del ricorso principale – i quali possono essere esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione – sono infondati.

5.1.1. – La ratio decidendi della sentenza impugnata puo’ essere cosi’ sintetizzata: a) la situazione giuridica soggettiva – diritto all’indennizzo per l’illegittima reiterazione di un vincolo preordinato all’espropriazione – fatta valere dalla Societa’ ricorrente con domanda proposta formalmente ai sensi del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 29 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita’ – Testo A) , non puo’ trovare tutela in base alla disposizione evocata, in quanto detta situazione giuridica soggettiva si riferisce ad un periodo (dall’11 luglio 1980 al 13 maggio 1999) anteriore all’entrata in vigore del predetto testo unico, avvenuta in data 30 giugno 2003 (come definitivamente statuito dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 302, art. 1, lett. ss, recante modifiche ed integrazioni al D.P.R. n. 327 del 2001); b) la sentenza della Corte costituzionale n. 179 del 1999 – con la quale e’ stata dichiarata l’illegittimita’ costituzionale, per violazione dell’art. 42 Cost., comma 3, “del combinato disposto della L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 7, nn. 2, 3 e 4, e art. 40 (Legge urbanistica), e L. 19 novembre 1968, n. 1187, art. 2, comma 1 (Modifiche ed integrazioni alla Legge Urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150), nella parte in cui consente all’Amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all’espropriazione o che comportino l’inedificabilita’, senza la previsione di indennizzo» -e, soprattutto, il contestuale principio con essa affermato (secondo cui “L’esigenza di un intervento legislativo sulla quantificazione e sulle modalita’ di liquidazione dell’indennizzo non esclude che – anche in caso di persistente mancanza di specifico intervento legislativo determinativo di’ criteri e parametri per la liquidazione delle indennita’ – il giudice competente sulla richiesta di indennizzo, una volta accertato che i vincoli imposti in materia urbanistica abbiano carattere espropriativo nei sensi suindicati, possa ricavare dall’ordinamento le regole per la liquidazione di , obbligazioni indennitarie, … come obbligazioni di ristoro del pregiudizio subito dalla rinnovazione o dal protrarsi del vincolo”: n. 9 del Considerato in diritto) non sono applicabili alla fattispecie, perche’ la Societa’ ricorrente ha promosso l’azione con specifico riferimento al al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39, mentre avrebbe dovuto promuoverla dinanzi al giudice ordinario competente per le cause indennitarie o per quelle risarcitorie.

5.1.2. – Ferma restando l’irretrattabilita’ della competenza per materia della Corte d’Appello di Roma a conoscere la presente controversia, come gia’ dianzi affermato, i Giudici a quibus avrebbero dovuto respingere la domanda della Societa’ ricorrente sulla base, non gia’ delle anzidette ragioni, bensi’ della insussistenza desumibile dalle stesse deduzioni e dagli stessi documenti prodotti dalla Societa’, richiamati dalla sentenza impugnata – dell’azionato diritto all’indennizzo.

Infatti, e’ certamente condivisibile la ragione dell’inapplicabilita’ alla fattispecie, ratione temporis, (del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39 (cfr., supra, n. 5.1.1., lettera a), come si desume anche da alcune pronunce di questa Corte (cfr. l’ordinanza n. 1741 del 2007 cit., l’ordinanza delle sezioni unite n. 22997 del 2004).

Tuttavia, tale ragione – che, come emerge chiaramente dalla motivazione della sentenza impugnata, viene sostanzialmente posta a fondamento anche dell’affermata inapplicabilita’ del su richiamato principio di cui alla sentenza di incostituzionalita’ n. 179 del 1999 (cfr., supra, n. 5.1.1., lettera b) – non e’ idonea ad escludere l’applicabilita’ di tale principio alla fattispecie, in quanto, contrariamente a quanto affermato dai Giudici a quibus, la ratio della dichiarazione di illegittimita’ costituzionale delle norme allora censurate, nella parte in cui consentivano «all’Amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all’espropriazione o che comportino l’inedificabilita’, senza la previsione di indennizzo” considerata unitamente alla contestuale affermazione di detto principio ha introdotto nell’ordinamento, dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione della Corte costituzionale (21 maggio 1999), il diritto all’indennizzo per la reiterazione di vincoli urbanistici scaduti preordinati all’espropriazione o comportanti l’inedificabilita’.

Tanto si desume inequivocabilmente dalla successiva ordinanza della Corte costituzionale n. 397 del 2002, con la quale e’ stata dichiarata la manifesta infondatezza, in riferimento all’art. 42 Cost., comma 3, ed ai principi affermati con la sentenza n. 179 del 1999, della questione di legittimita’ costituzionale della L.R. Friuli – Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52, art. 36, comma 1, artt. 37, 38 e 39 (Norme regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica), nella parte in cui tale normativa “consente all’amministrazione la reiterazione di vincoli urbanistici scaduti, preordinati alla espropriazione o che comportino l’inedificabilita’, senza la previsione di un indennizzo secondo modalita’ legislativamente previste”. In tale occasione, la Corte ha osservato, in particolare: che “e’ erroneo il presupposto interpretativo secondo il quale le disposizioni denunciate consentirebbero una indiscriminata reiterazione dei vincoli anzidetti e comporterebbero una esclusione di indennizzo, nel caso che il vincolo sia reiterato”; che, “in base all’art. 64 dello statuto speciale della Regione Friuli – Venezia Giulia approvato con Legge Costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, si sarebbe dovuta applicare la disciplina relativa alla indennizzabilita’ degli anzidetti vincoli dopo il primo periodo di durata temporanea (periodo di franchigia da ogni indennizzo) contenuta nelle leggi statali, quale risultante dall’intervenuta dichiarazione di illegittimita’ costituzionale (sentenza n. 179 del 1999) …”; e che, conseguentemente, “il giudice rimettente avrebbe dovuto applicare i principi gia’ esistenti nell’ordinamento e fare riferimento all’anzidetto quadro normativo statale, quale risultante a seguito della citata sentenza della Corte n. 179 del 1999, anche indipendentemente dalla esistenza o dall’entrata in vigore di uno specifico intervento legislativo sulla quantificazione e sulle modalita’ di liquidazione dell’indennizzo e, quindi, anche prima della entrata in vigore del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 327 …” (cfr., nello stesso senso, anche le successive sentenze n. 148 del 2003, n. 3. del Considerato in diritto, e n. 314 del 2007, n. 6.2. del Considerato in diritto).

Ma tanto emerge anche dal costante orientamento delle sezioni unite di questa Corte che attribuisce alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie concernenti il riconoscimento del diritto all’indennizzo per la reiterazione di vincoli di inedificabilita’ assoluta sostanzialmente espropriativi, allorche’ ricorrano i presupposti indicati nella piu’ volte richiamata sentenza della Corte costituzionale n. 179 del 1999 (cfr., ex plurimis, le ordinanze nn. 2058 del 2003, 22997 del 2004 cit., 11097 del 2006, 12185 del 2007, 9302 del 2010).

5.1.3. – Cosi’ corretta, per un primo aspetto, la motivazione in diritto della sentenza impugnata, va anche ribadito che, come gia’ osservato, la infondatezza della domanda si trae dalle stesse deduzioni e dagli stessi documenti prodotti dalla Societa’ ricorrente, quali richiamati dalla sentenza impugnata.

Con tale domanda, infatti, la Societa’ ricorrente ha chiesto l’indennizzo – in ragione dell’illegittima reiterazione del vincolo preordinato all’espropriazione, apposto nel 1970, efficace dall’11 luglio 1975 e reiterato il 4 giugno 1990 – per il periodo dall’11 luglio 1980 al 13 maggio 1999, data dell’alienazione dell’area di sua proprieta’.

Orbene, secondo le stesse deduzioni della Societa’ ricorrente, l’efficacia del primo vincolo e’ venuta meno per la decorrenza del quinquennio di apposizione legittima – ai sensi dell’art. 2, primo comma, della legge 19 novembre 1968, n. 1187 (Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150) -, con la conseguenza che va esclusa l’indennizzabilita’ di tale periodo quinquennale, cosiddetto “di franchigia”.

Per quanto attiene al periodo successivo – dall’11 luglio 1980 al 4 giugno 1990, data in cui e’ stato formalmente reiterato detto vincolo -, per escludere nella specie la sussistenza di un fatto costitutivo del diritto all’indennizzo, e’ sufficiente richiamare i principi piu’ volte affermati da questa Corte, secondo i quali: la scadenza del termine quinquennale del vincolo di destinazione di piano preordinato all’esproprio comporta il venir meno della regolamentazione urbanistica e l’applicazione delle norme di salvaguardia previste per i comuni sprovvisti di strumenti urbanistici generali (nella specie, la L. n. 10 del 1977, art. 4, u.c. applicabile ratione temporis);

tuttavia, la situazione di inedificabilita’ conseguente alla sopravvenuta inefficacia di talune destinazioni di piano (cosiddetto vuoto urbanistico) e’ per sua natura provvisoria, avendo l’autorita’ comunale l’obbligo di reiterare il vincolo (con previsione di indennizzo) ovvero, in alternativa, di provvedere all’integrazione dello strumento pianificatorio divenuto parzialmente inoperante, stabilendo la nuova destinazione da assegnare all’area interessata;

qualora la pubblica amministrazione rimanga inerte, la situazione conseguente non e’ equiparabile alla compressione del diritto dominicale provocata dai vincoli preordinati all’esproprio, ne’ e’ definibile come espropriazione di valore, attesa la provvisorieta’ del regime urbanistico di salvaguardia, per cui nessuna aspettativa si crea nel proprietario in ordine al conferimento di particolari qualita’ edificatorie oltre quei limiti o, ancor meno, riguardo a possibili lottizzazioni; il proprietario, tuttavia, non resta senza tutela nei confronti dell’inerzia dell’ente territoriale, ben potendo, ove vi abbia interesse, promuovere gli interventi sostitutivi della Regione, oppure reagire attraverso la procedura di messa in mora per far accertare l’illegittimita’ del silenzio; solo in caso di persistente inerzia della pubblica amministrazione puo’ configurarsi la lesione del bene della vita identificabile nell’interesse alla certezza circa la possibilita’ di razionale e adeguata utilizzazione della proprieta’, con conseguente diritto del privato all’indennizzo ovvero al risarcimento del danno (cfr. le sentenze n. 8384 del 2008, 1754 del 2007, 14333 del 2003).

E, nella specie, non risulta che la Societa’ ricorrente si sia attivata per sollecitare il Comune di Roma all’esercizio dei poteri di ripianificazione o per fare accertare in via giurisdizionale l’illegittimita’ dell’eventuale silenzio.

Per quanto attiene, poi, alla denunziata “reiterazione” dello stesso vincolo – intervenuta a seguito della delibera della Giunta municipale n. 3622 del 4 giugno 1990 – e’ la medesima Societa’ ricorrente a sottolineare che tale deliberazione e’ stata annullata dal Consiglio di Stato con la decisione n. 1195 del 6 novembre 1996, con la conseguenza che essa, per effetto di tale decisione di annullamento passata in giudicato, ha perduto efficacia ex tunc, sin dalla data della sua adozione. Cio’ e’ tanto vero che – come ancora dedotto dalla Societa’ ricorrente – questa ha potuto chiedere ed ottenere concessione edilizia per la realizzazione di un edificio residenziale sull’area de qua e, successivamente, con atto pubblico del 13 maggio 1999, alienare la stessa area unitamente al progetto ed alla concessione.

Pertanto – ed e’ questo il secondo aspetto della correzione della motivazione in diritto della sentenza impugnata -, la Corte d’Appello di Roma avrebbe dovuto motivare la reiezione della domanda proposta dalla Societa’ ricorrente con le considerazioni ora argomentate che si basano, va ribadito, sulle deduzioni svolte e sui documenti richiamati dalla ricorrente medesima.

Ogni altra censura deve ritenersi assorbita.

6. – Alla reiezione del ricorso principale consegue l’assorbimento del ricorso incidentale, proposto in via condizionata.

7. – Le spese del presente grado del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna la ricorrente principale al rimborso delle spese, che liquida in complessivi Euro 15.200,00, ivi compresi Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 25 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2010

 

 

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