Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18100 del 14/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 14/09/2016, (ud. 12/07/2016, dep. 14/09/2016), n.18100

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24914/2011 proposto da:

L.M.A.P., C.F. (OMISSIS), D.P. C.F.

(OMISSIS), nella loro qualità di eredi di DU.PI.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo

studio dell’avvocato CARLO FALZETTI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato SIMONETTA BELLETTI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

STAR SERVICE INTERNATIONAL S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2364/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/03/2011 R.G.N. 7500/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/07/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 2.4.2007, il Tribunale di Roma respingeva la domanda proposta da L.M.A.P. e da D.P. che, nella loro qualità di eredi di Du.Pi., avevano chiesto di accertare “l’inadempimento della società Star Service International s.r.l. alle obbligazioni assunte con gli accordi di collaborazione sottoscritti dal dante causa il 17 giugno 1995, il 1 dicembre 1995 ed il 19 marzo 1996”. Le ricorrenti chiedevano altresì la condanna della società al pagamento di Lire 77.585.939, a titolo di provvigioni maturate e non corrisposte, nonchè dell’ulteriore importo di Lire 50 milioni a titolo di risarcimento del danno, da liquidarsi anche in via equitativa.

Il Tribunale, ricostruiti i fatti oggetto di causa (sostanzialmente inerenti il livello di inquadramento del Du.) ed evidenziate le peculiarità del rapporto di collaborazione intercorso tra le parti, ritenne che le risultanze istruttorie non consentissero di accedere alla ricostruzione dei fatti posta a fondamento dell’azione ed in particolare non consentissero di ritenere provata la condotta fraudolenta che, a detta delle ricorrenti, la società avrebbe tenuto, in violazione dei principi generali di correttezza e di buona fede, nel momento in cui aveva consentito a M.C. di acquisire un livello superiore a quello alla stessa spettante. Il primo Giudice valorizzò la deposizione resa dal teste S., il quale aveva confermato che l’avanzamento era stato richiesto dallo stesso Du. in quanto rispondente anche agli interessi di quest’ultimo. Il Tribunale affermò inoltre che anche qualora fosse emerso l’inadempimento lamentato, il collaboratore avrebbe avuto diritto al solo risarcimento dei danni e non al pagamento delle provvigioni, precisando che detto danno doveva essere allegato e provato dal ricorrente.

Avverso detta decisione hanno proposto appello le eredi, censurando la sentenza impugnata per errata interpretazione delle risultanze processuali e riproponendo gli argomenti tutti sviluppati nei precedenti scritti difensivi.

Resisteva la società.

Con sentenza depositata il 22 marzo 2011, la Corte d’appello di Roma respingeva il gravame.

Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso le eredi Du., affidato ad unico motivo.

La società Star Service Iternational s.r.l. è rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.-Le ricorrenti denunciano la “violazione degli artt. 3 e 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, lett. A), violazione dell’art. 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, lett. B)”.

Lamentano una erronea valutazione delle deposizioni testimoniali, ed in particolare del teste S. che, sebbene da sempre inquadrato come produttore nello stesso livello del Du., affermò che solo da una certa data fu inquadrato in tale qualifica. Lamentano inoltre il mancato rispetto del principio di non contestazione quanto ai conteggi elaborati dall’attore.

Il ricorso è inammissibile.

In primo luogo per la mancata indicazione delle norme di diritto pretesamente violate, non consentendo a questa Corte di individuare gli elementi di diritto di cui si denunci la violazione, ed in sostanza la delimitazione dell’oggetto del giudizio di legittimità, contraddistinto dalla limitazione dei motivi di ricorso e dalla specificità delle censure sottoposte all’esame della Corte di cassazione (Cass. n. 4233 del 16/03/2012, Cass. n. 25044 del 07/11/2013).

Peraltro, pur considerando che in tema di ricorso per cassazione, l’erronea indicazione della norma processuale violata nella rubrica del motivo non determina “ex se” l’inammissibilità dell’atto, ciò vale esclusivamente alla condizione che la Corte possa agevolmente procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato sulla base delle argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal ricorrente a fondamento della censura (Cass. 3.8.2012 n. 14026), nella specie assolutamente carenti, posto che il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di Impugnazione stabilite dalla citata disposizione (Cass. sez. un. 24.7.2013 n. 17931).

Il ricorso per cassazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, è dunque inammissibile ove dalla sua lettura non sia possibile desumere una sufficiente conoscenza del “fatto”, sostanziale e processuale, al fine di comprendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla sentenza impugnata, come nell’ipotesi in cui non vengano adeguatamente riportate nè la “ratio decidendi” della pronuncia del giudice, nè le ragioni di fatto e di diritto che sostenevano le rispettive posizioni delle parti nel giudizio di merito (Cass. n. 16486 del 2014; Cass. 5.2.09 n. 2831).

Ad identica conclusione di inammissibilità deve pervenirsi anche per il difetto di autosufficienza quanto alla denunciata violazione del principio di non contestazione dei conteggi, di cui non sono indicati i necessari elementi fattuali (cfr. Cass. n. 6972/2005), nè risulta prodotta alcuna documentazione al riguardo. Quanto alla lamentata erronea valutazione delle deposizioni testimoniali, deve evidenziarsi, analogamente, che le ricorrenti non chiariscono adeguatamente le ragioni per cui l’apprezzamento della prova da parte della corte di merito sia viziato.

Al riguardo deve peraltro osservarsi che il controllo di logicità del giudizio di fatto, ivi compreso quello denunciato sub violazione degli artt. 115 e/o 116 c.p.c. (cfr. Cass. n. 15205/14, Cass. n. 12227/13), consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non equivale alla revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità; ne consegue che risulta del tutto estranea all’ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa. Del resto, Il citato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione operata dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, in proposito, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le varie risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione. (Cass. 6 marzo 2006 n. 4766; Cass. 25 maggio 2006 n. 12445; Cass. 8 settembre 2006 n. 19274; Cass. 19 dicembre 2006 n. 27168; Cass. 27 febbraio 2007 n. 4500; Cass. 26 marzo 2010 n. 7394; Cass. 5 maggio 2010 n. 10833, Cass. n. 15205/14).

2. – Il ricorso deve pertanto giudicarsi inammissibile.

Nulla per le spese, non avendo la società intimata svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2016

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