Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18100 del 05/09/2011

Cassazione civile sez. III, 05/09/2011, (ud. 12/05/2011, dep. 05/09/2011), n.18100

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMATUCCI Alfonso – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9933/2009 proposto da:

G.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato ORPELLO Antonio, con studio in CREMONA (CR), Corso

Campi 3, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FONDIARIA SAI SPA (OMISSIS), in persona del suo procuratore

speciale Dott. C.I., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA LEONI DA BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato SPINELLI

GIORDANO Tommaso, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MARSILI ROBERTO giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

D.C.A., C.F., G.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 593/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

Sezione Quarta Civile, emessa il 28/12/07, depositata il 14/02/2008;

R.G.N. 5296/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2011 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato ORPELLO ANTONIO;

udito l’Avvocato RIVELLESE NICOLA (per delega avvocato SPINELLI

GIORDANO TOMMASO);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A. e G.G. convennero in giudizio, dinanzi al pretore di Torre Annunziata, C.F., D.C. A. e la SAI, esponendo che l’attrice, nell’attraversare la strada sulle apposite strisce, era stata investita dall’autovettura condotta dal C. e di proprietà del D.C. riportando gravi danni.

Il giudice di primo grado accolse la domanda risarcitoria, condannando i convenuti in solido al pagamento, in favore della sola G.A., della somma di 103.491 Euro.

La corte di appello di Napoli, investita del gravame principale proposto dalla SAI e da quelli incidentali di G.G. (nominato, nelle more, tutore della madre A., interdetta del giugno del 2001), rigettò questi ultimi (ritenendo, in particolare, con riferimento al gravame proposto in proprio da G. G., che, quanto alla domanda di risarcimento del danno patrimoniale subito “di riflesso”, egli non avesse dato prova di alcuna attività reddituale -, mentre la domanda di danno morale “riflesso” era stata avanzata, inammissibilmente, soltanto in sede di appello), e accolse quello della SAI – che, con il primo motivo, aveva legittimamente eccepito il vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado la quale, a fronte di una domanda risarcitoria espressamente dichiarata, in atto di citazione, “limitata entro la competenza del pretore”, aveva poi ampiamente valicato quei limiti (illo tempore fissati in L. 50 milioni, corrispondenti a 25.823 euro); con il secondo aveva lamentato l’immotivato ed illogico aumento (dall’8 al 16%) della percentuale di invalidità permanente individuata dal CTU; con il terzo aveva fondatamente contestato la legittimità del riconosciuto risarcimento del danno patrimoniale, in assenza di qualsiasi prova rilevante in parte qua fornita dalla danneggiata -, determinando il risarcimento complessivamente dovuto ad G.A. in 19,430 Euro.

La sentenza è stata impugnata da G.G., in proprio e nella qualità, con ricorso per cassazione sorretto da 4 motivi e integrato da memoria.

Resiste con controricorso, a sua volta corredato da memoria illustrativa,, la s.p.a. SAI.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 300 e 305 c.p.c., art. 1122 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Il motivo, che lamenta un preteso vizio della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di appello non ha ritenuto di dovere dichiarare l’interruzione automatica del processo alla data di dichiarazione dell’interdizione di G.A. è (prima ancora che privo di pregio nel merito, avendo la corte di appello fatto buongoverno, nella specie, dei principi posti a presidio dell’istituto dell’interruzione del processo), inammissibile in rito per palese difetto di autosufficienza, avendo il ricorrente contestato a vario titolo il decisum della corte territoriale (formulando, in proposito, 5 quesiti di diritto tra essi peraltro disomogenei quoad effectum) con riferimento ad atti del processo a suo dire rilevanti (verbali di udienze, difese di parte), omettendo dei tutto la relativa trascrizione (quantomeno nelle parti rilevanti ai fini del decidere in questa sede) onde consentirne al collegio la valutazione ai fini da lui rappresentati senza dover ricorrere all’esame diretto del fascicolo processuale (Cass. 2394/08, ex permultis).

Con il secondo motivo, si denuncia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo de giudizio; violazione di legge artt. 342, 434 c.p.c..

Il motivo – che si conclude con la formulazione di 3 quesiti di diritto per la parte in cui lamenta il vizio di violazione di legge (mentre è del tutto carente della, sintesi espositiva funzionale alla chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria) – è del tutto infondato, avendo il giudice territoriale motivato e deciso su ciascuno dei motivi di gravame presentati dall’appellante SAI e sottoposti al suo esame la cui sufficiente specificità risulta ictu oculi (al di là e a prescindere dai profili di autosufficienza del motivo in esame) dalla lettura della sentenza della corte territoriale che esamina partitamente ciascuna delle censure mosse dalla compagnia assicurativa alla sentenza di primo grado, facendo poi buongoverno dei poteri spettanti al giudice dell’impugnazione chiamato, come nella specie, ad una nuova e più corretta valutazione degli elementi probatori e dei fatti oggetto del gravame (Cass. 397/02, tra le tante conformi sul tema dei poteri riservati al giudice di appello).

Con il terzo motivo, si denuncia; motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; violazione di legge, artt. 5, 10, 14 e 345 c.p.c..

Il motivo, che si conclude con tre quesiti di diritto volti a contestare il decisum del giudice di appello nella parte in cui ha ritenuto viziata da ultrapetizione la condanna pronunciata in prime cure, non ha giuridico fondamento.

La corte di appello, difatti, ha correttamente quantificato il danno entro i limiti del petitum espressamente indicato nell’atto di citazione in primo grado (che invocava il contenimento dell’istanza risarcitoria “(il tutto) entro i limiti della competenza del pretore”) con istanza integrante gli estremi della c.d. “clausola di contenimento”, e non anche in conseguenza del superamento del limite di competenza (allora pretorile) modificatosi nelle more del giudizio (onde l’inconferenza della citazione della sentenza n. 8292/08 di questa corte di cui al folio 15 del ricorso), in ossequio al principio già affermato da questa corte regolatrice (Cass., 18942/03) in forza del quale in caso di proposizione cumulativa di più domande, qualora l’attore abbia dichiarato di voler limitare complessivamente le domande nell’ambito della competenza per valore del giudice adito, tale limitazione ha effetto non solo ai fini dell’individuazione del giudice competente per valore ma (nella specie, nel caso del giudice di pace) anche in relazione alla scelta del criterio di decisione, e in ogni caso anche in relazione al merito, con la conseguenza che la sentenza che, accogliendo la domanda, vada oltre il limite indicato con la clausola di contenimento è viziata da ultrapetizione.

Con il quarto motivo, si denuncia violazione degli artt. 1223, 1226, 2.056, 2058, 2697, 2727, 2729 c.c., art. 115 c.p.c., artt. 2, 3, 4, 24, 35, 36 e 11 Cost., L. n. 39 del 1977, art. 4, comma 3;

motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria su di un punto decisivo della controversia.

La doglianza (al di là dei non marginali profili di inammissibilità emergenti dalla formulazione, del tutto astratta ed apodittica, dei quesiti che ne costituiscono la sintesi) non ha giuridico fondamento, risolvendosi, nella sua più intima sostanza, in una censura di mero fatto, volta a sollecitare, in sede di legittimità, un’indagine sui temi del mancato riconoscimento del danno patrimoniale e delle risultanze della CTU che esula del tutto dai limiti del presente giudizio volta che la motivazione della sentenza di merito risulti, come nella specie, del tutto esente da vizi logico-giuridici.

Il ricorso è pertanto rigettato.

La disciplina delle spese segue – giusta il principio della soccombenza – come da dispositivo.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per spese generali.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2011

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