Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 181 del 04/01/2011

Cassazione civile sez. II, 04/01/2011, (ud. 07/10/2010, dep. 04/01/2011), n.181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 22867/2009 proposto da:

R.W. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA P. ALOISI 29, presso lo studio dell’avvocato BRUNO TEMPESTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato D’AMBROSIO Francesco, giusta

procura alle liti a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.R.M.A. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BETTOLO GIOVANNI 17, presso lo studio

dell’avvocato MARIA RAFFAELLA DALENA, rappresentata e difesa

dall’avvocato BORGIA Anna Maria, giusta mandato a margine del

controricorso;

– controricorrente –

sul ricorso 28004/2009 proposto da:

R.W. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA P. ALOISI 29, presso lo studio dell’avvocato TEMPESTA BRUNO,

rappresentato e difeso dall’avvocato D’AMBROSIO FRANCESCO, giusta

procura alle liti a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.R.M.A. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI BETTOLO 17, presso lo studio

dell’avvocato MARIA RAFFAELLA DALENA, rappresentata e difesa

dall’avvocato BORGIA ANNA MARIA, giusta mandato a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 797/2008 della CORTE D’APPELLO di LECCE del

9.7.08, depositata il 29/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/10/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato Francesco D’Ambrosio che chiede la

riunione con il ricorso n. R.G. 22867/09, n. 72 d’ordine, insistendo

per l’accoglimento del ricorso.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIAMPAOLO

LECCISI che conferma la relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con due successivi ricorsi per cassazione, R.W. ha impugnato la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Lecce deliberata in data 9 luglio 2008, ma pubblicata il 29 dicembre 2008, non notificata. Il primo ricorso, registrato al n. 22867/09, è stato consegnato agli ufficiali giudiziari il 20 ottobre 2009. Il secondo, registrato al n. 28004/09, è stato notificato il 15 dicembre 2009.

L’intimata D.R.M.A. si è costituita resistendo ad entrambi i ricorsi.

Il giudice relatore ha avviato entrambi a decisione con il rito previsto per il procedimento in Camera di consiglio. Quanto al primo ha rilevato tra l’altro la inammissibilità per mancanza dei quesiti di diritto. Le parti hanno depositato memoria. I ricorsi sono stati riuniti ex art. 335 c.p.c., in quanto rivolti avverso la medesima sentenza.

La giurisprudenza di questa Corte insegna che nel caso in cui una sentenza sia stata impugnata con due successivi ricorsi per cassazione, è ammissibile la proposizione del secondo in sostituzione del primo, purchè l’improcedibilità o l’inammissibilità di quest’ultimo non sia stata ancora dichiarata, restando escluso che la mera notificazione del primo ricorso comporti, “ex se”, la consumazione del potere d’impugnazione. In relazione alla tempestività della seconda impugnazione occorre aver riguardo – in difetto di anteriore notificazione della sentenza – non solo al termine di un anno dal deposito della sentenza di cui all’art. 327 cod. proc. civ., ma anche a quello breve, ex art. 325 cod. proc. civ., che decorre dalla data della notifica della prima impugnazione, la quale integra la conoscenza legale della sentenza da parte dell’impugnante (Cass. 12898/10; 5053/09; 20912/05).

Il secondo ricorso va ritenuto ammissibile; nella specie infatti la proposizione del secondo ricorso è avvenuta tempestivamente (entro sessanta giorni dalla notifica del primo) e prima che fosse dichiarata l’inammissibilità del primo. Esso, pur potendo contenere nuovi e diversi motivi di censura (12898/10), reca le medesime censure, formulate però nel rispetto dell’art. 366 bis c.p.c., del quale il primo ricorso non era rispettoso.

Di quest’ultimo (22867/09) la Corte può ora dichiarare l’inammissibilità, in relazione alla sopravvenuta carenza di interesse di parte ricorrente, che lo ha validamente sostituito con il secondo.

La controversia concerne il possesso di uno stanzino (vano al piano ammezzato) posto “a mezzo” tra la cucina della casa R. posta al piano terra e un vano di proprietà D.R. posto al piano superiore. Il ricorrente aveva agito davanti al pretore di Gallipoli lamentando lo spoglio del vano, nel quale la D.R. si era immessa aprendo una botola. Il tribunale di Lecce aveva poi confermato l’accoglimento della domanda.

La Corte d’appello ha riformato la sentenza di primo grado. Ha rilevato che il ricorrente aveva sostenuto di aver esercitato il possesso del vano salendovi dall’esterno, con scaletta a pioli, attraverso una piccola apertura (finestra) sprovvista di infisso.

Ha ritenuto che il “possesso mediante arrampicamento” non sia tutelabile, poichè il proprietario non esercita in modo così anomalo l’accesso ai propri beni. Ha osservato che l’anomalia è più evidente in considerazione della presenza nel vano ammezzato di condutture del soprastante appartamento D.R.. Ha evitato di esaminare ogni altra questione, in quanto assorbita dal rilievo di cui si è detto.

Il ricorso verte su tre motivi. Con il primo il ricorrente lamenta, con congruo quesito, la erroneità dell’affermazione di principio resa dalla Corte Territoriale nell’escludere che il possesso su una cosa non sia configurabile qualora il possessore vi acceda mediante scala a pioli. Si duole della violazione dell’art. 810 c.c., e segg., artt. 1140 e 1168, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta vizi di motivazione in relazione all’omessa considerazione delle modalità, altrettanto anomale, di accesso della D.R. al vano ammezzato. A tal fine ha richiamato il verbale di ispezione dal quale emergeva l’esistenza di una botola e di una scala a V capovolta utilizzata dalla resistente.

Con il terzo motivo espone violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione alla omessa valutazione delle testimonianze indotte da parte ricorrente, relative all’accesso al vano attraverso il finestrino poi chiuso con grata dalla D.R..

Il ricorso è manifestamente fondato.

Palese è l’errore relativo all’affermazione dell’impossibilità di configurare il possesso di un vano ammezzato in relazione alle modalità anomale di accesso. L’accesso al bene immobile può infatti rilevare ai fini di valutare la prova dell’esercizio di quel potere di fatto sulla cosa che caratterizza il possesso tutelabile, ma non può in linea di principio precludere la configurabilità del possesso stesso. Un bene immobile può essere infatti posseduto anche accedendovi scomodamente; inoltre le modalità di accesso vanno valutate in relazione all’ubicazione del bene, all’esistenza di ingressi più agevoli, a ogni utile circostanza del caso. Nella specie la obiettiva situazione del vano, intermedio tra i due appartamenti posti al piano terra e primo piano, rendeva pressochè necessario un accesso disagiato e non poteva quindi in alcun modo sorreggere la affermazione di principio resa dalla Corte d’appello.

La sentenza impugnata presta il fianco anche alle censure relative alla motivazione e alla valutazione delle risultanze istruttorie: la sentenza è viziata e la motivazione è insufficiente e contraddittoria perchè non ha preso in esame le altre deduzioni istruttorie disponibili, offerte da entrambe le parti, e non ha considerato le difficoltà di accesso della resistente al vano conteso, procedendo alla analisi della situazione possessoria sulla base di tutti gli elementi disponibili.

Essa va pertanto cassata e la causa va rimessa al giudice di rinvio, che, oltre a nuovamente motivare sul materiale istruttorio disponibile, si atterrà al seguente principio di diritto: Il possesso di un immobile – nella specie vano ammezzato – è configurabile anche qualora l’accesso al medesimo avvenga attraverso arrampicamento mediante scala a pioli, potendo queste modalità di accesso influire nella valutazione dell’esercizio del possesso del bene, ma non escluderlo a priori.

Il giudice di rinvio, individuato in altra Sezione della Corte d’appello di Lecce, provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi n. 22867/09 e 28004/09, dichiara inammissibile il ricorso n. 22867/09. Accoglie il ricorso n. 28004/09; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte d’appello di Lecce.

Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2011

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