Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18099 del 31/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 31/08/2020, (ud. 16/06/2020, dep. 31/08/2020), n.18099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32027-2018 proposto da:

M.J., elettivamente domiciliata in ROMA,

CIRCONVALLAZION TRIONFALE 34, presso lo studio dell’avvocato ETTORE

TRAVARELLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

RANIERO BERNARDINI;

– ricorrente –

contro

G.M., G.A., nella qualità di eredi di

V.M.B., domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato SIMONA

CALLEGARI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1577/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 27/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARILENA

GORGONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

M.J. ricorre per la cassazione della sentenza n. 1577/2018 della Corte d’Appello di Milano, pubblicata il 27 marzo 2018, articolando due motivi, illustrati con memoria.

Resistono con controricorso G. G.M. e G.A., in qualità di eredi di V.M.B..

V.M.B. evocava in giudizio l’odierna ricorrente chiedendone la condanna, ex art. 2052 c.c., per i danni riportati cadendo, dopo aver visto il cane di proprietà di M.J. che le si avventava contro.

Costituitasi in giudizio M.J. contestava la fondatezza della pretesa attorea, lamentava la ricorrenza del nesso di causa tra la caduta ed il gesto dell’animale, adduceva la sussistenza del caso fortuito, poichè il cane era custodito in un’area recintata e protetta, da cui era riuscito ad allontanarsi scavando una buca.

Dopo la riassunzione del processo da parte degli eredi, a seguito della morte dell’attrice, il Tribunale di Lodi, con sentenza n. 378/2017, ne rigettava la domanda, ritenendo non provato il nesso di causa, e compensava le spese di lite.

G.M. ed G.A. impugnavano la decisione per illogicità, contraddittorietà e insufficienza della motivazione nonchè per violazione del diritto di difesa e lamentavano che erroneamente il Tribunale avesse ritenuto non provato il nesso di causa.

La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza qui impugnata, accoglieva il gravame, riformava la decisione di prime cure, riconosceva la responsabilità esclusiva dell’odierna ricorrente, ai sensi dell’art. 2052 c.c., e la condannava al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese di lite.

Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere gli appellanti omesso sia l’indicazione delle parti del provvedimento che intendevano appellare e delle modifiche che venivano richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal Tribunale di Lodi e sia l’indicazione delle circostanze da cui, in ipotesi, sarebbe derivata la violazione di legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.

Il motivo è inammissibile.

La ricorrente non ha riportato nel loro impianto specifico i motivi d’appello formulati dalla controparte affetti – a suo avviso – da genericità comportante la nullità dell’atto stesso. Tale omissione integra violazione del principio di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, il quale è frutto di elaborazione della giurisprudenza di questa Corte fondato sull’esigenza, particolare del giudizio di legittimità, di consentire al giudice dello stesso di valutare la decisività del vizio denunciato, dovendosi il giudice di legittimità astenere dalla ricerca del testo completo degli atti processuali attinenti al vizio denunciato, e affidandosi al principio secondo cui la responsabilità della redazione dell’atto introduttivo del giudizio fa carico esclusivamente al ricorrente ed il difetto di ottemperanza di quanto prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 6, non deve essere supplito dal giudice per evitare il rischio di un soggettivismo interpretativo da parte dello stesso nell’individuazione di quali atti – o parti di essi- siano rilevanti in relazione alla formulazione della censura.

Tale conclusione non trova nella memoria depositata dalla ricorrente in vista dell’odierna Camera di Consiglio ragioni fondate per essere modificata. Del tutto erroneamente spesa risulta l’invocazione nel caso di specie dell’art. 12 delle disp. gen. per sostenere, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte e con toni che risultano all’evidenza quantomeno esacerbati, che la prescrizione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, sia stata soddisfatta solo riferendo la violazione dell’art. 342 c.p.c. all’atto di appello del 10 luglio 2017 (cfr. p. 4 del ricorso).

2. Con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza gravata per violazione o falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 2052 c.c. e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La Corte d’Appello, pur ritenendo contrastanti le deposizioni testimoniali, sulla taglia, sul colore, sull’età, sulla parte del corpo (schiena o petto), aveva comunque ritenuto che da esse si evincesse che V.M.B. sarebbe stata sospinta dal cane.

Avrebbe dovuto invece confrontare le deposizioni raccolte e valutare la credibilità dei testimoni in base ad elementi soggettivi ed oggettivi, l’intrinseca congruenza di dette dichiarazioni e la convergenza di esse con gli elementi di prova acquisiti, per poi esporre le ragioni che l’avevano portata a ritenere più attendibile una testimonianza rispetto all’altra o ad escludere la validità di entrambe.

Come più volte ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, la valutazione delle prove rientra nella discrezionalità del Giudice di merito, pertanto, le deposizioni testimoniali, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, così come la scelta tra le varie risultanze probatorie in base a quelle più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito (ex multis Cass. 15/05/2013, n. 11699). Nel caso di specie il giudice del merito con motivazione congrua e scevra da qualsivoglia vizio logico e giuridico ha affermato che dall’istruttoria è emerso che nulla è stato dimostrato in ordine alla esistenza delle buche e del nesso di causa fra queste ultime e la caduta della ricorrente (cfr. pagg. 3, 4 della sentenza impugnata).

La Corte d’Appello con una motivazione che non merita rimproveri ha confrontato le deposizioni testimoniali, ha fornito una ragionevole spiegazione circa la parziale divergenza tra le testimonianze ritenute attendibili, ha motivato il giudizio di inattendibilità di uno dei testimoni escussi.

3. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

4. Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2020

 

 

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