Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18099 del 05/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/07/2019, (ud. 18/04/2019, dep. 05/07/2019), n.18099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27237-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

R.G.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GERMANICO 107, presso lo studio dell’avvocato NICOLA BULTRINI,

rappresentato e difeso da se medesimo;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3576/39/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, depositata il 13/04/2017; udita la relazione

della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del

18/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott.sa ROSARIA MARIA CASTORINA.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte:

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

La CTR della Campania con sentenza n. 3576/39/2017, depositata il 13.4.2017 accoglieva l’appello proposto da R.G.E. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP di Napoli che aveva rigettato il ricorso del contribuente di impugnazione di cartella di pagamento adottata a seguito della definitività dell’avviso di accertamento per maggiore IRPEF relativa all’anno 2006, avviso consequenziale a quello emanato nei confronti della società “Be Consulting s.r.l.” ai fini della tassazione (“per trasparenza”) dei maggiori redditi imputabili anche ai soci in proporzione ai maggiori ricavi accertati in capo alla menzionata società. La CTR ha ritenuto che non potesse considerarsi definitivo l’accertamento in capo al socio in regime di trasparenza fiscale in presenza di un giudizio pendente per l’accertamento dei redditi della società.

L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a un motivo.

La parte contribuente si è difesa con controricorso, illustrato con memoria.

1. Con il motivo di censura (improntato alla violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, e del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 115 e 116) l’Agenzia ricorrente si duole che il giudice del merito abbia accolto il ricorso avverso la cartella, per quanto quello fosse volto a contestare il merito della ripresa (e non semplicemente i vizi propri della cartella), atteso che era divenuto definitivo l’avviso di accertamento presupposto.

Il motivo di impugnazione è fondato.

Non ignora il Collegio la giurisprudenza consolidata di questa Corte in base alla quale in materia tributaria, nel caso di rettifica delle dichiarazioni dei redditi di una società di capitali (nella specie, una s.r.l.), in cui i soci hanno optato per il regime di trasparenza fiscale ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 116, con conseguente automatica imputazione dei redditi sociali a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 14, nei confronti di tutti i soci e della società, sicchè il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 24472 del 01/12/2015, Cass. 9751/2017).

Nella specie, tuttavia, il ricorrente non ha impugnato l’avviso di accertamento che è divenuto definitivo.

La definitività dell’autonomo avviso di accertamento, emesso ai fini IRPEF, nei confronti del socio ne comporta l’intangibilità, escludendone, pertanto, la possibilità di invocare la sussistenza del presupposto (pendenza del giudizio) nei confronti della società.

La definitività dell’autonomo avviso di accertamento emesso ai fini IRPEF nei confronti del socio, non può che comportare l’intangibilità del detto atto impositivo e, quindi, l’impossibilità per il socio (in sede di impugnazione di un atto puramente esecutivo e con funzione liquidatoria dell’imposta dovuta) di invocare le vicende a cui è rimasto soggetto l’avviso riferibile alla società.

La CTR, nella gravata sentenza, ha fatto erronea applicazione dei detti principi e la pronuncia va, quindi, cassata. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza, con facoltà per la Corte di decidere anche nel merito (con reiezione del ricorso ad impugnazione del provvedimento impositivo) non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto.

Il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in punto di fatto, la controversia può essere decisa nel merito con rigetto dell’originario ricorso del contribuente

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso del contribuente.

Condanna R.G.E. al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1400,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019

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