Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18097 del 14/09/2016

Cassazione civile sez. lav., 14/09/2016, (ud. 05/07/2016, dep. 14/09/2016), n.18097

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10850/2011 proposto da:

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, VINCENZO STUMPO ed

EMANUELE DE ROSE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

e contro

C.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 263/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/04/2010, R.G. N. 6707/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/07/2016 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito l’Avvocato VINCENZO STUMPO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza resa dal locale Tribunale, ha accolto la domanda proposta da C.A. nei confronti dell’I.N.P.S. ed ha condannato l’istituto previdenziale al pagamento della complessiva somma di Euro 21.019,80, che il ricorrente aveva rivendicato, ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 12, e del D.M. 21 maggio 1998, art. 3, comma 4, avendo rinunciato alla prosecuzione del progetto per lavori di pubblica utilità, in favore del Comune di Roma, al quale era stato ammesso.

2 – La Corte territoriale ha escluso che fosse maturata la decadenza prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, dichiarata, invece, dal giudice di prime cure, perchè l’I.N.P.S. non aveva assolto agli oneri posti a suo carico ed in particolare non aveva precisato, nel comunicare il rigetto della istanza amministrativa, “i presupposti ed i termini per l’esperimento dell’azione giudiziaria”. Nel merito ha ritenuto fondata la domanda perchè la rinuncia era intervenuta il 21 febbraio 2000 e perchè il C. era stato impegnato nel progetto per oltre dodici mesi, dal 15 marzo 1996 alla data sopra indicata.

3 – Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’istituto previdenziale sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.. C.A., regolarmente intimato, non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 – Il primo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, “violazione e falsa applicazione del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4, comma 1, convertito in L. 14 novembre 1992, n. 438, con riferimento all’art. 2968 c.c.”. Premessa la applicabilità alla fattispecie della normativa sopra indicata, siccome rientrante nell’ampia formula “ogni altra forma di previdenza a carattere temporaneo diversa dalle pensioni”, l’istituto richiama il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 12718 del 29 maggio 2009, per sostenere che il termine di decadenza, pari ad un anno e trecento giorni, era irrimediabilmente decorso alla data di deposito del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, essendo irrilevante il contenuto della comunicazione inviata all’interessato.

1.2 – Il secondo, il terzo ed il quarto motivo, strettamente connessi, censurano la sentenza impugnata per insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio nonchè per violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 12, e del Decreto Interministeriale del 21 maggio 1998, artt. 1 e 3.

L’istituto previdenziale addebita alla Corte territoriale di avere errato nella individuazione della data in cui era avvenuta la rinuncia, risalente al 15 maggio 1997 e non al 21 febbraio 2000. Detto errore avrebbe, poi, determinato una non consentita applicazione retroattiva delle norme richiamate nella rubrica dei motivi, poichè il beneficio una tantum era stato previsto dal D.Lgs. 1 dicembre 1997, n. 468, art. 12, e, quindi, non poteva essere riconosciuto ai lavoratori socialmente utili che non fossero ancora attivi al momento della entrata in vigore della nuova normativa.

Infine il ricorrente censura la quantificazione dell’assegno effettuata dalla Corte territoriale, evidenziando che, una volta individuata nel 21 febbraio 2000 l’epoca della rinuncia, l’importo doveva essere pari al 50 % dell’assegno che sarebbe stato corrisposto a partire da detta data sino a quella di completamento del progetto.

2 – Il primo motivo è fondato.

La applicazione alle prestazioni riconosciute in favore dei lavoratori socialmente utili della decadenza annuale prevista dal D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, è già stata affermata da questa Corte che, con la sentenza n. 16342 del 24 luglio 2007, ha osservato che “la disciplina dei lavori socialmente utili concerne la tutela del lavoro e le politiche sociali, nel contesto di particolari rapporti intersoggettivi di prestazione di attività, risultando attinente, da una parte, alla materia del collocamento in senso lato e alla formazione professionale (agevolazione dell’accesso all’occupazione), dall’altra, nella parte in cui prevede la corresponsione ai soggetti impiegati in lavori socialmente utili di somme di danaro, alla materia della previdenza sociale in senso ampio, partecipando le prestazioni della stessa natura dell’indennità di disoccupazione o di mobilità o di trattamento di integrazione salariale”.

2.1 – Le Sezioni Unite di questa Corte hanno evidenziato che il D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, nel testo applicabile alla fattispecie ratione temporis, dopo avere enunciato due diverse decorrenze delle decadenze, individua nella “scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo” il limite oltre il quale la presentazione di un ricorso tardivo, pur restando rilevante ai fini della procedibilità dell’azione giudiziaria, non consente lo spostamento in avanti del “dies a quo” per l’inizio del computo del termine decadenziale (di tre anni o di un anno). Da detto principio generale hanno tratto la conseguenza che, in ragione della natura pubblica della decadenza, il termine decorre in ogni caso dalla data sopra indicata sicchè non rilevano nè la mancanza di un provvedimento esplicito sulla domanda dell’assicurato, nè la omissione delle indicazioni di cui al medesimo art. 47, comma 5, (Cass. S.U. 29.5.2009 n. 12718).

A detto principio di diritto, ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (si rimanda fra le più recenti a Cass. 17.6.2016 n. 12615; Cass. 4.12.2015 n. 24730; Cass. 20.5.2015 n. 10376) ed al quale il Collegio intende dare continuità, non si è attenuto il giudice di merito che, per escludere la operatività della eccepita decadenza, ha erroneamente valorizzato la omessa comunicazione all’interessato degli avvertimenti di cui al richiamato comma 5.

3 – Il ricorso va, pertanto, accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.

Poichè l’atto introduttivo del giudizio di primo grado risulta depositato il 25 maggio 2004, quando già era decorso il termine di un anno e trecento giorni dalla presentazione della domanda amministrativa del 21 febbraio 2000, non risultano necessari ulteriori accertamenti di fatto e, quindi, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., con il rigetto della domanda.

Restano, pertanto, assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso, attinenti alla asserita infondatezza, nel merito, della pretesa.

Gli orientamenti contrastanti della giurisprudenza di merito e di legittimità al momento del deposito del ricorso di primo grado e dell’appello (il ricorso in appello risulta depositato il 25 luglio 2006 e la pronuncia della Corte territoriale è stata resa all’udienza del 15 gennaio 2009 in epoca antecedente alla pronuncia delle Sezioni Unite sopra richiamata), giustificano la compensazione delle spese dell’intero processo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa fra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2016

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