Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18094 del 14/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 14/09/2016, (ud. 12/05/2016, dep. 14/09/2016), n.18094

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21922/2012 proposto da:

C.N., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE VATICANO 45, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO

GABRIELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE GIGLIOTTI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

R.F.I. RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, FERROVIE STATO S.P.A. P.I.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DI SANT’ANDREA DELLA VALLE

6, presso lo studio dell’avvocato STEFANO D’ERCOLE, che li

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 371/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 20/03/2012 R.G.N. 1391/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito l’Avvocato PALOMBI NICOLA per delega Avvocato D’ERCOLE STEFANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per la cessazione materia del

contendere.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Lametia Terme C.N., dipendente di RETE FERROVIARIA ITALIANA spa, agiva nei confronti di FERROVIE DELLO STATO spa e di RFI spa per l’accertamento del proprio diritto all’inquadramento, con decorrenza dall’1.8.1997, nella 4^ area funzionale – profilo professionale di informatico o tecnico – e per la condanna di parte convenuta RFI spa al pagamento delle consequenziali differenze di retribuzione.

Il Tribunale – con sentenza del 15.9-29.10.2008 – rigettava la domanda per difetto della prova delle mansioni superiori.

La Corte d’appello di Catanzaro – con sentenza dell’1.3/26.3.2012 – rigettava l’appello del C..

La Corte territoriale rilevava che secondo il CCNL l’appartenenza all’area 2^ prevedeva lo svolgimento di attività esecutive, tecniche ed amministrative sulla base di conoscenze teoriche e pratiche nonchè qualificazione professionale, specializzazione ed autonomia esecutiva. Il dipendente era inserito nell’area con profilo di “assistente di magazzino”.

La quarta area comprendeva i lavoratori che svolgevano mansioni tecniche, amministrative o contabili con iniziativa ed autonomia e con funzione di coordinamento e controllo.

Il tratto distintivo degli inquadramenti era dunque costituito dalla iniziativa ed autonomia nello svolgimento delle mansioni e dalla attribuzione di poteri di direzione del personale di qualifica inferiore.

Tali caratteristiche non erano emerse dalla prova; il ricorrente nella qualità di assistente di magazzino verificava la integrità della merce in arrivo, firmava i documenti di accettazione e provvedeva alla registrazione sui documenti cartacei e nel sistema informatico, avendo a tal fine seguito specifici corsi sull’uso dei videoterminali e dei sistemi informatici aziendali; analogamente provvedeva alla registrazione della merce in uscita ed alla preparazione delle bolle di accompagnamento.

Non era significativa la apposizione in diversi documenti a sua firma del timbro quale responsabile di magazzino, dizione forse derivata da precedenti classificazioni e che non trovava alcun riscontro nelle declaratorie riferibili al periodo di causa, nelle quali non si prevedeva tale profilo ma solo quello di assistente di magazzino, relativo alla categoria di inquadramento.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso C.N., articolando due motivi. Hanno resistito con unico controricorso RETE FERROVIARIA ITALIANA spa e FERROVIE DELLO STATO ITALIANE spa, illustrato con memoria.

C.N. ha rinunziato al ricorso con atto del 28 aprile 2016, sottoscritto dalla parte e dal suo difensore, Avv. Salvatore Gigliotti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La fattispecie è disciplinata dall’art. 390 c.p.c., nella formulazione vigente, applicabile, ai sensi del D.L. n. 69 del 2013, art. 75, comma 2, ai giudizi dinanzi alla Corte di Cassazione nei quali il decreto di fissazione dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio sia adottato a partire dal giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione dello stesso decreto legge (L. 9 agosto 2013, n. 98, entrata in vigore il 21.8.2013).

A tenore della norma processuale citata la parte può rinunciare al ricorso principale o incidentale finchè non sia cominciata la relazione alla udienza o siano notificate le conclusioni scritte del pubblico ministero nei casi di cui all’art. 380-ter. La rinuncia deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o anche da questo solo se è munito di mandato speciale a tale effetto. L’atto di rinuncia è notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto.

Nel giudizio in cassazione, dunque, diversamente da quanto previsto dall’art. 306 c.p.c., la rinunzia al ricorso è produttiva di effetti a prescindere dalla accettazione delle altre parti, che non è richiesta dall’art. 390 c.p.c..

La rinuncia al ricorso per cassazione, essendo atto unilaterale recettizio, produce l’estinzione del processo, a prescindere dalla accettazione, purchè risulti perfezionata nel termine previsto dall’art. 390 c.p.c. e, cioè, a condizione che la controparte ne abbia avuto comunque conoscenza prima dell’inizio della udienza pubblica; gli adempimenti previsti dalla norma sono finalizzati invece soltanto ad ottenere l’adesione delle altre parti ed evitare la condanna alle spese del rinunziante ex art. 391 c.p.c. (Cass. 05/02/2016, n. 2317; 26/02/2015, n. 3971; 29/07/2014 nr. 17187; 10 giugno 2014 n. 13052).

Nella fattispecie di causa le spese, in assenza di accettazione, devono essere poste a carico del rinunziante, in base al principio della soccombenza virtuale.

I due motivi di ricorso propongono congiuntamente censure di violazione di norme di diritto e di vizio della motivazione.

Quanto al primo motivo, la parte sottopone a questa Corte una inammissibile rilettura delle risultanze istruttorie senza individuare vizi specifici della sentenza in punto di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti storici precisamente individuati, come richiesto dall’art. 360 c.p.c., n. 5. Si lamenta, poi, la mancata indicazione in sentenza dello specifico contratto collettivo applicato, senza tuttavia dedurre un errore nella individuazione del testo contrattuale nè indicare quale sia il diverso contenuto del contratto collettivo applicabile ratione temporis.

Con il secondo motivo si lamenta il mancato raffronto delle mansioni rispetto alla declaratoria della Area 3^, intermedia tra quella richiesta e quella di inquadramento.

Tuttavia appare carente la decisività del motivo, in quanto la parte non indica i fatti storici in base ai quali avrebbe avuto ragionevole probabilità di accoglimento della domanda, in tali sensi ridotta.

PQM

La Corte dichiara estinto il processo.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese nei confronti delle controricorrenti, che liquida in complessivi Euro 100 per spese ed Euro 3.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2016

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