Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18091 del 25/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 18091 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA
sul ricorso 28013-2010 proposto da:
LA PORTA ANTONIETTA LPRNNT68T45F205A, MANCINI ADELE
MNCDLN68P44E041A, DATTOLA STEFANIA DTTSFN76R66H224D,
tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SALARIA
242, presso lo studio ‘ dell’avvocato DE PAOLIS
ANTONIO, che li rappresenta e difende unitamente
2013

all’avvocato ERMINI PAOLO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

1183
contro

WOLTERS
0

KLUVERS

ITALIA

PROFESSIONALE

S.P.A.

01651160036, (già DE AGOSTINI PROFESSIONALE S.P.A.),

Data pubblicazione: 25/07/2013

in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 30,
presso lo studio dell’avvocato RICCHIUTO PAOLO, che
la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente

D’APPELLO di ROMA, depositata il 26/11/2009 R.G.N.
9115/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/04/2013 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato RICCHIUTO PAOLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

avverso la sentenza n. 4369/2009 della CORTE

Svolgimento del processo
Con sentenza del 20/5 — 26/11/09 la Corte d’appello di Roma ha respinto
l’impugnazione proposta da La Porta Antonietta, Mancini Adele e Dattola Stefania
avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Roma che aveva

rapporto unitario di lavoro subordinato, dei tre distinti contratti di tirocinio, di
collaborazione coordinata e continuativa e di fornitura di lavoro temporaneo
intercorsi separatamente ed in momenti successivi l’uno dall’altro con la De
Agostini Professionale s.p.a, della quale avevano chiesto la condanna al ripristino
del rapporto ed al pagamento delle relative differenze retributive.
Nel confermare la sentenza gravata la Corte territoriale ha spiegato che alla luce
delle risultanze documentali sarebbe stato onere delle ricorrenti, dalle medesime
non assolto, quello di fornire elementi utili per dimostrare che le modalità attuative
del rapporto avevano di fatto travalicato i limiti dettati dalla formale
regolamentazione voluta dalle parti e che nemmeno erano emersi elementi atti a
far presumere che la subordinazione esistesse fin dall’inizio per il solo fatto che
non mutando le attività lavorative i rapporti erano stati diversamente qualificati nel
tempo per volontà consapevole dei contraenti.
Per la cassazione della sentenza propongono ricorso le lavoratrici di cui in
epigrafe, le quali affidano l’impugnazione ad un solo motivo di censura articolato in
più punti.
Resiste con controricorso la Wolters Kluwer Italia s.r.I., già De Agostini
Professionale s.p.a.
Le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività
della sua notifica, così come formulata dalla difesa della società intimata, posto
che le istanti erano state autorizzate con provvedimento presidenziale del

rigettato la loro domanda diretta alla declaratoria di nullità, per simulazione di un

17/12/2010 a riattivare il procedimento notificatorio il cui mancato esito favorevole
nei termini di legge era dipeso dal fatto che le ricorrenti avevano tentato di
eseguirlo nell’ultimo giorno utile, allorquando era già deceduto il difensore
domiciliatario della controparte.

autorizzate a ripetere la notifica non essendo alle medesime imputabile la
circostanza venutasi a creare della scomparsa del difensore della loro controparte,
anche se tale evento si era verificato in epoca non prossima alla scadenza del
termine per l’esecuzione della notifica in esame, ed avendo le stesse provveduto
in un tempo ragionevole a chiedere l’autorizzazione di cui trattasi.
Infatti, giova ricordare che questa Corte (Cass sez. 5 n. 9114 del 6/6/2012) ha già
avuto modo di precisare che in tema di notificazione degli atti processuali, quando
la stessa debba avvenire in un termine perentorio e non si concluda positivamente
per circostanze non imputabili al richiedente, la parte istante, dopo aver appreso
l’esito negativo del procedimento notificatorio, ha l’onere di attivarsi
tempestivamente, entro un termine rispettoso del principio della ragionevole
durata del processo, per evitare decadenze.
Con un solo articolato motivo le ricorrenti si dolgono della violazione e falsa
applicazione dell’art. 8 della legge n. 196/1997, degli artt. 1344, 2094, 2697 cod.
civ., degli artt. 414 e 416 c.p.c. e dell’art. 36 della Costituzione, nonché della
carenza, dell’insufficienza e della contraddittorietà della motivazione.
Anzitutto, le ricorrenti contestano il metodo di indagine seguito dai giudici
d’appello, vale a dire la separata disamina dei tre distinti contratti di tirocinio, di
collaborazione continuativa e coordinata e di fornitura temporanea di lavoro
intercorsi in epoche diverse con l’intimata; le medesime si lamentano, inoltre, della
mancata considerazione di quegli elementi indiziari, a loro giudizio gravi ed
incontestati, che se valutati nel loro insieme avrebbero reso contezza della dedotta
unitarietà del rapporto, quali il loro stabile inserimento nell’organizzazione

Ricorrevano, invero, nella fattispecie le condizioni affinchè le istanti venissero

aziendale, la continuità della prestazione per oltre tre anni, l’assenza di rischio, la
percezione di un compenso fisso mensile, la mera prestazione di mezzi e non di
risultato, nonché l’obbligo di presenza e di osservanza di un orario prestabilito. Le
stesse lavoratrici lamentano, altresì, la mancata ammissione della prova

tipologie contrattuali di lavoro utilizzate dalla parte datoriale e l’erronea
valutazione, da parte della Corte di merito, dei loro principi regolatori.
Il ricorso è infondato.
Invero, con argomentazione adeguata ed immune da vizi di carattere logicogiuridico, la Corte d’appello ha spiegato che le tre tipologie contrattuali
consapevolmente scelte dalle parti erano perfettamente rispondenti alle esigenze
effettive di ogni singola negoziazione, nel senso che era stata documentata per il
contratto di tirocinio l’esistenza di un progetto formativo con designazione del
tutore e degli obiettivi, che il regime fiscale e contributivo applicato ai compensi
erogati in misura forfettaria annuale in un secondo momento rispondeva alle forme
della collaborazione autonoma propria del contratto di collaborazione continuativa
e coordinata e che, infine, il richiamo alla specifica causale dell’aumento
temporaneo dell’attività, connessa alla implementazione del nuovo sistema
informativo denominato “SAP”, di cui al contratto collettivo nazionale di categoria,
così come indicata espressamente nel contratto di fornitura, garantiva la effettività
di quest’ultimo.
Inoltre, con congrua motivazione in punto di fatto, come tale sottratta ai rilievi di
legittimità, la Corte di merito ha chiarito che per ognuno dei tre contratti le modalità
di svolgimento dell’attività lavorativa non erano incompatibili con le rispettive
regolamentazioni, la qual cosa, unitamente ai dati documentali presenti in atti,
rendeva superflua la generica richiesta di prova testimoniale su circostanze,
oltretutto, pacifiche.

3

testimoniale tesa a dimostrare l’insussistenza degli elementi tipici delle diverse

Orbene, non va dimenticato che “in tema di giudizio di cassazione, la deduzione di
un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferisce al giudice di
legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale
sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della

dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le
fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne
l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del
processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti
ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di
prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge).
Conseguentemente, per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito
punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la
circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla
controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata
considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Pertanto, il
mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento
della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le
risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di
certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle
quali il convincimento è fondato, onde la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di
base.” (Cass. Sez. 3 n. 9368 del 21/4/2006; in senso conf. v. anche Cass. sez. lav.
n. 15355 del 9/8/04)
Nella fattispecie, la Corte d’appello ha attentamente valutato con argomentazioni
logiche e ben motivate in ordine ai riscontri eseguiti, immuni da vizi giuridici,
l’ampio materiale istruttorio raccolto, per cui le doglianze appena riferite non ne
scalfiscono la relativa “ratio decidendi”.
li ricorso va, pertanto, rigettato.

correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte

Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza delle ricorrenti e
vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti alle spese del giudizio nella

accessori di legge.
Così deciso in Roma il 4 aprile 2013
Il Consigliere estensore

misura di € 2000,00 per compensi professionali e di € 50,00 per esborsi, oltre

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