Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18090 del 25/07/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 18090 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA
sul ricorso 1859-2009 proposto da:
D’AMATO ANTONIO VANIA, nella qualità di legale
rappresentante pro tempore del “GANCE” società
cooperativa a responsabilità limitata, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA AURELIA 407, presso lo studio
dell’avvocato SIMONA MARTELLO, rappresentata e difesa
2013

dall’avvocato CARIDI GIOVANNI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

1119

contro

I.N.P.S.

ISTITUTO NAZIONALE

DELLA

PREVIDENZA

SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale

Data pubblicazione: 25/07/2013

rappresentante pro tempore, in proprio e quale
mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di
Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e

LUIGI, MARITATO LELIO, giusta delega in atti;
– controricorrenti nonchè contro

ETR SPA ;
– intimati –

avverso la sentenza n. 764/2008 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 27/05/2008 r.g.n. 1066/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/03/2013 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito l’Avvocato ANTONINO SGROI per delega ANTONIETTA
CORETTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

difesi dagli avvocati CORETTI ANTONIETTA, CALIULO

Udienza del 27 marzo 2013 — Aula A
n. 10 del ruolo—RG n. 1859/09
Presidente: Vidiri – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata respinge l’appello proposto da Antonio Vania
D’Amato (nella qualità di legale rappresentante pro tempore della GANGE, società cooperativa a
responsabilità limitata) avverso la sentenza del Tribunale di Catanzaro del 23 giugno 2003, di
rigetto dell’opposizione del D’Amato alla cartella di pagamento in favore dell’INPS di una somma
di denaro dovuta a titolo di indebita fruizione dei benefici contributivi di cui all’art. 8 della legge n.
407 del 1990, in relazione alle posizioni di Michele Minniti (o Menniti), Salvatore Fratto e Luigi
Quintieri, per periodi compresi tra luglio 1994 e settembre 1998.
La Corte d’appello di Catanzaro, per quel che qui interessa, precisa che:
1) è pacifico in giurisprudenza che, nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione
emessa nei confronti della impresa datrice di lavoro per omissioni contributive derivanti da indebita
fruizione di sgravi, è onere dell’impresa opponente provare la sussistenza del diritto al beneficio
contributivo in contestazione;
2) ciò posto, è da condividere la decisione del Tribunale circa il mancato assolvimento da
parte della società cooperativa opponente dell’onere probatorio in ordine alla sussistenza: a) di un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il Minniti (o Menniti); b) di rapporti di lavoro
subordinato con i soci Fratto e Quintieri; c) delle condizioni di cui all’art. 8, comma 9, della legge n.
407 del 1990 per l’applicazione degli sgravi contributivi in oggetto;
3) per il lavoratore Mirmiti si osserva che l’eventuale qualificazione del rapporto come a
tempo indeterminato, contenuta nella comunicazione di assunzione richiamata dall’opponente ma
non allegata non avrebbe comunque potuto da sola valere a dimostrare che il rapporto era a tempo
indeterminato, a fronte degli elementi agli atti che smentiscono tale tesi, quali, in particolare, le
dichiarazioni dello stesso lavoratore, raccolte nel verbale di accertamento ispettivo, da valutare nel
contesto delle altre prove acquisite fra cui le tre comunicazioni di assunzione effettuate all’inizio
della stagione estiva di ciascun anno dal 1994 al 1996;
4) d’altra parte, non possono trovare ingresso, perché formulate per la prima volta in appello,
l’eccezione di nullità dei suddetti contratti a termine e la conseguente richiesta di considerare il
rapporto del Minniti come a tempo indeterminato sin dall’origine;
5) analoghe considerazioni devono farsi per le posizioni di Fratto e Quintieri, rispetto alle
quali, a fronte delle risultanze del verbale ispettivo e della dichiarazione del legale rappresentante
della società, l’appellante si è limitato a fare riferimento ad elementi che, in base alla giurisprudenza
1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

di legittimità, non «14 possono essere considerati sintomatici della natura subordinata del rapporto
di lavoro tanto più ove si tratti, come nella specie, di soci lavoratori delle società cooperative di
produzione e lavoro;

7) anche a prescindere dal fatto che esse non risultano allegate agli atti, va rilevato che si
tratta di documenti, nella specie, inidonei a dimostrare alcunché, in quanto: a) le comunicazioni di
assunzione sono atti provenienti dallo stesso datore di lavoro; b) le autorizzazioni rilasciate dal
Centro per l’Impiego possono attestare soltanto la regolarità formale della procedura, ma non
l’effettiva sussistenza dello stato di disoccupazione da almeno 24 mesi o la sospensione dal lavoro
con godimento del trattamento straordinario di integrazione salariale per almeno 24 mesi;
8) infatti, per provare tali elementi in sede giurisdizionale sono necessarie apposite
certificazioni provenienti dai competenti uffici.
2.— Il ricorso di Antonio Vania D’Amato (nella qualità di legale rappresentante pro tempore
della GANGE, società cooperativa a responsabilità limitata) — illustrato da memoria — domanda la
cassazione della sentenza per tre motivi.
Resiste, con controricorso, l’INPS — in proprio e anche quale mandatario della SCCI s.p.a. —
mentre non svolge attività difensiva EQUITALIA E.TR. s.p.a. (già E.TR. s.p.a.).
MOTIVI DELLA DECISIONE

I — Profili preliminari
1.— Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata
dall’INPS nel controricorso, sull’assunto che il ricorso non avrebbe dovuto essere proposto soltanto
nei confronti dell’INPS, ma anche nei confronti dì SCCI s.p.a., parte del giudizio di appello ed
“esclusiva titolare del credito azionato” perché cessionaria dello stesso, con la conseguenza che il
ricorrente avrebbe fatto acquiescenza nei confronti di SCCI e si sarebbe formato il giudicato sulla
debenza della somma indicata nella cartella di pagamento in oggetto.
L’eccezione non è fondata.
In base alla consolidata e condivisa giurisprudenza di questa Corte:
a) in tema di cessione dei crediti contributivi vantati dall’INPS, il litisconsorzio necessario
previsto dall’art. 13, comma 8, seconda parte, della legge n. 448 del 1998 opera alla duplice
condizione che il giudizio sia stato promosso successivamente alla cessione del credito e alla
conseguente trasmissione del ruolo all’esattore, dovendosi ritenere che la conoscibilità di tali eventi
sia agevole per la parte privata solo con riguardo alla trasmissione del ruolo, restando, invece, fuori
dalla disponibilità della stessa, in mancanza di precisazioni apposte sulla cartella esattoriale, la
2

6) infine, quanto ai requisiti richiesti dall’art. 8, comma 9, della legge n. 407 del 1990, va
precisato che per la relativa prova non possono considerarsi sufficienti i documenti indicati dal
D’Amato, cioè le comunicazioni di assunzione e le autorizzazioni rilasciate dal Centro per
l’Impiego;

b) in tema di litisconsorzio necessario del cessionario e dell’INPS nei giudizi di opposizione a
cartella esattoriale relativi a contributi previdenziali iscritti a ruolo, la nullità conseguente alla
violazione del contraddittorio per l’eventuale pretermissione del cessionario non rappresentato in
giudizio dall’Istituto cedente, può essere dedotta o rilevata, per la prima volta, in sede di legittimità,
attesa la compatibilità della garanzia costituzionale del giusto processo con la rilevabilità in ogni
stato e grado in deroga ai principi generali della disponibilità della tutela giurisdizionale e del
giudicato interno, ferma la necessità che risultino acquisiti al giudizio i presupposti di fatto del
litisconsorzio, ossia l’effettiva cessione dei crediti e l’instaurazione del giudizio, da parte del
debitore, in epoca successiva alla trasmissione dei ruoli al cessionario, i quali, pur previsti dalla
legge, restano sottratti alla diretta conoscenza del giudice perché aventi natura negoziale (Cass. n.
28 ottobre 2009, n. 22826).
Nella specie l’INPS non deduce di aver fornito la prova dell’avvenuta cessione del credito
previdenziale in data anteriore alla proposizione della domanda giudiziale da parte del D’Amato e,
inoltre: 1) nella intestazione della sentenza impugnata non compare la società SCCI; 2) pure nel
dispositivo della sentenza impugnata si fa riferimento solo all’INPS e all’E.TR e nella sentenza
medesima si parla solo della costituzione dell’INPS; 3) infine, nel presente giudizio di cassazione
l’INPS si costituisce in proprio e come “mandatario” di SCCI.
Tutti i suddetti elementi rivelano come l’indicata eccezione sia destituita di fondamento.
2.- L’INPS propone anche una ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso per
violazione dell’art. 366, n. 3, cod. proc. civ., derivante dalla lacunosità della esposizione sommaria
dei fatti contenuta nel ricorso, dovuta alla mancata illustrazione della posizione assunta dall’INPS
nel giudizio di primo grado nonché alla mancata indicazione delle argomentazioni della sentenza di
primo grado e delle tesi difensive avanzate dalle parti in grado di appello.
Tale eccezione risulta sostanzialmente fondata e verrà vagliata più avanti nell’ambito
dell’esame delle censure, cui si rinvia.

Sintesi dei motivi di ricorso

3.— Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.,
contraddittorietà della motivazione, in riferimento alla qualificazione della natura del rapporto del
lavoratore Minniti (o Menniti).
Si sostiene che sarebbe contraddittoria la configurazione — effettuata nella sentenza impugnata
— dei rapporti di lavoro dei dipendenti Menniti, Fratto e Quintieri come rapporti a tempo
determinato, perché basata sulle tre comunicazioni di assunzione presenti nel fascicolo, dopo
l’osservazione secondo cui la mancata allegazione della comunicazione di assunzione da parte del
3

cognizione della data di cessione del credito. Ne consegue che, qualora l’INPS eccepisca la
violazione del contraddittorio, è onere dell’Istituto provare l’avvenuta cessione del credito
previdenziale in data anteriore alla proposizione della domanda giudiziale da parte del privato (vedi,
per tutte: Cass. 11 dicembre 2009, n. 26038: Cass. 5 gennaio 2007, n. 47; Cass. 9 settembre 2011, n.
18522)

• Menniti aveva reso impossibile effettuare qualsiasi verifica in ordine alla possibile qualificazione
del relativo rapporto di lavoro come a tempo indeterminato.

Comunque, la tesi sostenuta dalla Corte d’appello della natura a tempo determinato dei
rapporti in oggetto avrebbe dovuto portare la Corte stessa a dichiarare d’ufficio la nullità per
elusione delle norme di cui alla legge n. 230 del 1962, senza incorrere nella violazione delle regole
sulle preclusioni o limitazioni della proposizione di domande o eccezioni nuove in secondo grado.
5.—Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione in merito: 1) all’esclusione del carattere subordinato del
rapporto dei soci-lavoratori Fratto e Quintieri; 2) alla ritenuta mancanza di prova sull’esistenza dei
requisiti necessari per l’applicazione delle agevolazioni contributive per i tre dipendenti di cui si
tratta, viceversa palesemente dimostrata dalla documentazione in atti.
Si rileva che dalla documentazione depositata risulta che il Fratto e il Quintieri rivestivano al
contempo la qualità di soci e di lavoratori subordinati, con rispettiva qualifica di banconista e
pizzaiolo.
La Corte catanzarese ha escluso la loro qualifica di lavoratori subordinati senza esaminare le
scritture contabili della società.
Inoltre, la Corte territoriale ha ritenuto che non sia stata fornita alcuna prova in merito alla
sussistenza, con riferimento ai tre lavoratori in oggetto, della condizioni di cui all’art. 8 della legge
n. 470 del 1990 senza esaminare l’autorizzazione all’instaurazione dei rapporti di lavoro resa dal
competente Centro per l’Impiego, aggiuntiva rispetto alle comunicazioni di assunzione.

III — Esame delle censure
6.- I tre motivi di ricorso — da esaminare congiuntamente, data la loro intima connessione —
non sono da accogliere.
6.1.- In primo luogo va sottolineato che — come rilevato anche dall’INPS — il ricorso non
appare conforme all’art. 366, n. 3, cod. proc. civ., che, include tra i requisiti richiesti a pena di
inammissibilità del ricorso per cassazione, quello della “esposizione sommaria dei fatti”.
È da precisare che tale requisito, nella consolidata e condivisa giurisprudenza di questa Corte,
non viene inteso in senso formalistico, bensì come elemento volto a garantire la regolare e completa
instaurazione del contraddittorio, che può ritenersi soddisfatto — senza necessità di formulare, al
riguardo, una premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi — laddove il contenuto del ricorso
4

4.— Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione della legge n. 230 del 1962 e dell’art. 1421 cod. civ., derivante dalla
configurazione dei rapporti di lavoro in oggetto come a tempo determinato sulla sola base delle
comunicazioni di assunzione e senza considerare che, quanto meno dall’assenza di un atto scritto
contenente l’apposizione del termine, avrebbe dovuto desumersi che si trattava di rapporti a tempo
indeterminato.

In altri termini — in base al “diritto vivente” — per soddisfare il requisito dell’esposizione
sommaria dei fatti di causa, di cui all’art. 366, n. 3, cod. proc. civ., non è necessario né che
l’esposizione dei fatti costituisca una premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi di ricorso né
che si effettui una narrativa analitica o particolareggiata, ma è sufficiente — e, insieme,
indispensabile — che dal contesto del ricorso sia possibile desumere una conoscenza del “fatto”
sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche
rivolte alla pronuncia del giudice a quo (vedi, per tutte: Cass. 28 agosto 2004, n. 16360).
È stato anche precisato che, ai fini del requisito di cui all’art. 366, n. 3, cod. proc. civ., deve
essere privilegiata la “sintesi” — che ovviamente va distinta dalla superficialità — in quanto la
pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del
tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali
la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della
sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a
leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente
rileva in ordine ai motivi di ricorso (Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. 9 ottobre 2012, n.
17168).
6.2.- Ora, pur nell’ambito della suddetta valutazione non formalistica del requisito in oggetto,
va osservato che nel ricorso in oggetto non risulta indicata in alcun modo — neppure sommariamente
— l’evoluzione dei precedenti gradi del giudizio, indispensabile per porre questa Corte in grado di
avere contezza sia degli elementi posti a fondamento delle reciproche pretese delle parti quali
risultanti dagli atti introduttivi del giudizio sia della ritualità e tempestività delle allegazioni dei fatti
e dei documenti di cui si controverte.
Ne risulta, pertanto, violato il canone fondamentale cui il ricorrente deve attenersi: costituito
dall’onere della completa estrinsecazione delle ragioni fattuali e giuridiche che inducono il
ricorrente a chiedere la cassazione della sentenza impugnata (vedi, per tutte: Cass. 7 giugno 2012, n.
9205).
A tale onere non è dato sopperire con ricerca diretta, ad opera di questa Corte, negli atti di
causa dei dati necessari costituendo jus receptum, come si è detto, che, al fine dell’ammissibilità del
ricorso per cassazione, il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti e delle vicende processuali
deve concorrere con la completa individuazione dei motivi del ricorso.
Conseguentemente, le suindicate carenze espositive si riverberano anche sull’esame dei
singoli motivi del ricorso, concorrendo a determinarne l’inammissibilità, peraltro derivante dalle
seguenti, molteplici ragioni:
5

• consenta al giudice di legittimità, in relazione ai motivi proposti, di avere una chiara e completa
cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza
dover ricorrere ad altre fonti o atti (vedi, fra le altre: Cass. 10 ottobre 2000, n. 13495; Cass. 22
settembre 2003, n. 14001; Cass. 20 agosto 2004, n. 16360; Cass. SU 18 giugno 2006, n. 11653;
Cass. 28 marzo 2011, n. 7064; Cass. 29 agosto 2011, n. 17719; Cass. 9 novembre 2011, n. 23346;
Cass. 20 febbraio 2012, n. 1905).

b) viene evocata l’introduzione nell’ambito del giudizio di una pronuncia di nullità del
contratto a termine, la quale avrebbe richiesto — dovendo fare riferimento alla violazione della legge
18 aprile 1962, n. 230 e al d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368 — la dimostrazione della avvenuta
prospettazione, sin dall’inizio della controversia, di una ben precisa domanda sulla base
dell’indicazione della relativa causa petendi e del petitum, essendo da escludere che una simile
nullità potesse essere rilevata d’ufficio o dedotta per la prima volta in grado d’appello, nella
presente controversia, come invece sostiene il ricorrente (arg. ex Cass. 26 settembre 1998, n. 9658);
c) la formulazione delle censure non è conforme al principio di specificità dei motivi del
ricorso per cassazione — da intendere alla luce del canone generale “della strumentalità delle forme
processuali” — in base al quale il ricorrente che denunci il difetto di motivazione su un’istanza di
ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o
processuali, ha l’onere di indicare nel ricorso specificamente le circostanze oggetto della prova o il
contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito
(trascrivendone il contenuto essenziale), fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per
consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi così ritenere assolto il
duplice onere, rispettivamente previsto dall’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. (a pena di
inammissibilità) e dall’art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. (a pena di improcedibilità del
ricorso), nel rispetto del relativo scopo, che è quello di porre il Giudice di legittimità in condizione
di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere generali verifiche degli atti e
soprattutto sulla base di un ricorso che sia chiaro e sintetico (vedi, per tutte: Cass. SU 11 aprile
2012, n. 5698; Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726);
d) a tale ultimo riguardo, in particolare, non sono allegati al ricorso né in esso risulta riportato
il contenuto essenziale dei documenti cui, anche in questa sede, il D’Amato fa riferimento per
contestare la valutazione della Corte territoriale in merito alla mancanza di prova sull’esistenza dei
requisiti necessari per l’applicazione delle agevolazioni contributive di cui si tratta;
e) né, d’altra parte, viene fatto analogo rinvio — neppure per contestare la statuizione sul punto
contenuta nella sentenza impugnata — alle “apposite certificazioni provenienti dai competenti
uffici”, che sole avrebbero potuto provare — ad avviso della Corte catanzarese — l’effettiva
sussistenza dei suddetti requisiti.
IV

Conclusioni

7.- In sintesi, il ricorso deve essere respinto. Il ricorrente deve essere, pertanto, condannato al
pagamento, in favore dell’INPS, delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate nella
misura indicata in dispositivo. Nulla va disposto per le spese EQUITALIA E.TR. s.p.a. (già E.TR.
s.p.a.) rimasta intimata.
6

a) tutte le censure — nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge,
contenuto nell’intestazione del secondo motivo — si risolvono nella denuncia di vizi di motivazione
della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito — ai fini della
ricostruzione dei fatti — di cui si chiede una lettura diversa da quella accolta dal Giudice del merito,
incompatibile con il giudizio di cassazione;

P.Q .M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del
presente giudizio di cassazione, in favore dell’INPS, liquidate in euro 50,00 (cinquanta/00) per
esborsi, euro 4000,00 (quattromila/00) per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
Nulla spese per EQUITALIA E.TR. s.p.a. (già E.TR. s.p.a.) rimasta intimata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 27 marzo 2013.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA