Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18090 del 04/08/2010

Cassazione civile sez. II, 04/08/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 04/08/2010), n.18090

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

L.N. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DARDANELLI 37, presso lo studio dell’avvocato CAMPANELLI

GIUSEPPE, rappresentato e difeso dall’avvocato LARATO GIUSEPPE,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI TARANTO;

– intimato –

avverso l’ordinanza N. R.G. 7565/07 del GIUDICE DI PACE di TARANTO,

depositata il 09/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

e’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. IANNELLI

DOMENICO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

L.N. ha proposto in via incidentale querela di falso nel corso del giudizio n. 7565/07, intrapreso avanti al giudice di pace di Taranto per opporsi a sanzione amministrativa, accertata dal comune di Taranto per violazione dell’art. 173 C.d.S.. Ha impugnato il verbale di contestazione nella parte in cui attestava che egli, mentre era alla guida di un veicolo, faceva uso di un apparecchio telefonico, sorretto con la mano destra.

Il giudice di pace il 9 marzo 2009 ha disposto la sospensione del processo ex art. 313 c.p.c. e ha rimesso le parti al tribunale.

L’opponente ha proposto tempestivo ricorso per cassazione ex art. 42 c.p.c. notificato il 16 aprile 2009, chiedendo l’annullamento del provvedimento di sospensione, comunicatogli il 25 marzo 2009.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Osserva il Collegio che con ordinanza 21931/08 le Sezioni Unite hanno ritenuto che il provvedimento di sospensione del processo adottato dal giudice di pace ai sensi dell’art. 295 c.p.c. e’ impugnabile dalla parte con il regolamento necessario di competenza. Non e’ di ostacolo l’art. 46 c.p.c. che – pur sancendo l’inapplicabilita’ nei giudizi davanti al giudice di pace dell’art. 42 c.p.c. -, dev’essere interpretato nel senso, costituzionalmente orientato, di limitare l’inammissibilita’ del regolamento ai soli provvedimenti del giudice di pace che decidono sulla competenza, consentendo invece alla parte di avvalersi dell’unico strumento di tutela che, attraverso un’immediata verifica della sussistenza dei presupposti giuridici del provvedimento di sospensione, assicuri la sollecita ripresa delle attivita’ processuali, impedendo la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo.

La decisione sopra riportata, invocata in memoria, non e’ determinante ai fini di superare i limiti di ammissibilita’ del ricorso evidenziati dalla relazione comunicata ex art. 380 bis c.p.c.. E’ stato infatti rimosso dalla Suprema Corte soltanto il limite di impugnabilita’ dei provvedimenti del giudice di pace mediante lo strumento di cui all’art. 42, giustamente marcando la differenza tra decisioni sulla competenza e ordinanze di sospensione del processo per pregiudizialita’. Rimane invece rilevante il profilo di inammissibilita’ sollevato dal consigliere relatore sulla scorta dello specifico precedente (relativo a sospensione ex art 355 c.p.c. – querela di falso nel giudizio di appello) costituito da Cass. 14062/02.

E’ stato in quella sede rilevato che “La ratio della norma di cui all’art. 42, nuovo testo, c.p.c. (che estende il rimedio del regolamento necessario di competenza ai provvedimenti che dichiarano la sospensione del processo ex art. 295 stesso codice), va identificata nel disfavore manifestato dal legislatore per la collocazione di un procedimento in stato di quiescenza – onde l’opportunita’ di un immediato controllo, tramite impugnazione, sull’esistenza dei presupposti in diritto della sospensione -, anche se tale “ratio” non incide sulla natura, pur sempre eccezionale, della norma in parola (introduttiva dell’impugnabilita’ di un atto di carattere meramente ordinatorio), sicche’1 l’ambito di esperibilita’ del regolamento di competenza nella materia “de qua” deve ritenersi rigorosamente circoscritto alle fattispecie di sospensione riconducibili “tout court” alla previsione di cui all’art. 295 del codice di rito, mentre, con riferimento alle ulteriori ipotesi di sospensione del giudizio di cognizione o di esecuzione contemplate dall’ordinamento processuale (sospensione per pregiudizialita’ comunitaria, per proposizione di regolamento di competenza, per richiesta di regolamento di giurisdizione, per istanza di ricusazione, per impugnazione immediata contro sentenza non definitiva, per ricorso per cassazione, per revocazione, per opposizione di terzo e per opposizione all’esecuzione), l’ammissibilita’ del rimedio ex art. 42 cit. deve essere riconosciuta solo se, sulla base di un raffronto con la regola del successivo art. 295, sia individuabile, nella singola vicenda processuale, un rapporto di “species” a “genus”, sia, cioe’, qualificabile la singola sospensione “tipica” come mera esemplificazione ed esplicitazione della sospensione necessaria delineata dall’art. 295 c.p.c. (nella specie la S.C. ha escluso l’esistenza di un siffatto rapporto con riguardo alla sospensione disposta, ex art. 355 c.p.c., dal giudice di appello per effetto della proposizione di una querela di falso incidentale.) (v anche Cass. 15847/03 e Cass. 20320/04).

Tale insegnamento e’ coerente con quello proveniente dalla dottrina maggioritaria, che nega l’applicabilita’ del rimedio di cui all’art. 42 in relazione ad ipotesi di sospensione impropria.

Il Collegio deve dar conto di due arresti, Cass. 11010/05 e Cass. 24103/06, che hanno ampliato i margini di ricorribilita’, in relazione al provvedimento di sospensione adottato “ex” art. 52 c.p.c., a seguito di ricusazione del giudice, e a quello di sospensione del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, a seguito di sospensione ex art. 624 del processo esecutivo. In entrambi i casi il regolamento e’ stato pero’ limitato al controllo di effettiva rispondenza allo schema legale di riferimento, ad evitare un ingiustificato, e non altrimenti rimediabile, arresto (sia pure temporaneo) dell’”iter” processuale.

Orbene, con riferimento a ipotesi di sospensione disposta in applicazione di specifiche disposizioni di legge, quale e’ il caso di cui all’art. 313 c.p.c. il controllo si deve pertanto limitare a verificare che si verta in ipotesi di proposizione di querela di falso e che tale disposizione non sia stata abusivamente invocata.

Tale distorsione non si e’ verificata nella specie, che investe specificamente il valore probatorio di un documento (il verbale di contestazione), la cui portata e’ alla base del giudizio di opposizione a sanzione amministrativa. In sede di regolamento di competenza non si puo’ invece procedere a un giudizio anticipato sugli aspetti procedurali o sostanziali della querela di falso, che spettano al giudice della querela, il quale verrebbe altrimenti espropriato della competenza a decidere sulla materia a lui riservata.

La relazione ex art. 380 bis c.p.c. ha rilevato un secondo insuperabile profilo di inammissibilita’ dell’istanza, costituito dalla mancata formulazione del quesito di diritto, in relazione alla denuncia di violazione dell’art. 222 c.p.c.. L’istante aveva l’onere, previsto a pena di inammissibilita’ del ricorso, di indicare la questione da risolvere e di mettere con il quesito la Corte di cassazione nella condizione di rilevarla con immediatezza;

l’applicabilita’ della norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. e’ stata riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimita’ nelle ipotesi di ricorso avverso i provvedimenti di sospensione ex art. 295 c.p.c. perche’ il regolamento denuncia una violazione di norme del procedimento riconducibile all’art. 360 c.p.c., n. 4 (Cass. 15108/07;

13194/08; 17974/09). La assenza del quesito comporta l’inammissibilita’ del ricorso, restando irrilevante la maggiore o minore complessita’ dell’atto, peraltro connotato, nella specie, da singolari profili di novita’.

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso, alla quale non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attivita’ difensiva dell’intimato.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile, il 27 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2010

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