Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18089 del 25/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 18089 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA
sul ricorso 289-2008 proposto da:
LA PERUTA LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZALE CLODIO 14, presso lo studio dell’avvocato DI
CELMO MASSIMO, che lo rappresenta e difende giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2013
820

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli

Data pubblicazione: 25/07/2013

avvocati LA PECCERELLA LUIGI e FAVATA EMILIA, che lo
rappresentano e difendono giusta procura notarile in
atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 5475/2006 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/03/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato MANTOVANI BRUNO per delega DI CELMO
MASSIMO;

udito l’avvocato FAVATA EMILIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE, che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine rigetto.

di NAPOLI, depositata il 18/12/2006 r.g.n. 8399/03;

R.G. n. 289/08
Ud. 6.3.2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

2006, ha confermato la decisione di primo grado che aveva
rigettato la domanda proposta da La Peruta Luigi nei confronti
dell’INAIL, volta ad ottenere la rendita per malattia professionale
per avere asseritamente contratto una grave forma di asbestosi.
La Corte territoriale ha osservato che dalla consulenza
tecnica d’ufficio effettuata in primo grado – le cui conclusioni ha
condiviso – era emerso come non vi fosse alcun nesso causale tra
l’attività lavorativa e la denunciata patologia.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’assicurato
sulla base di un solo motivo.
Resiste l’Istituto con controricorso, illustrato da successiva
memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa
applicazione dell’art. 2 D.P.R. n. 1124/65, in relazione all’art. 41
cod. pen., degli artt. 421, 115 e 116 cod, proc. civ. nonché
insufficienza e contraddittorietà della motivazione.
Deduce che la Corte territoriale ha immotivatamente disatteso
le censure mosse dal consulente di parte all’elaborato peritale; che
non ha sottoposto l’assicurato ad accertamenti specialistici
strumentali; che non è stato considerato che il medesimo ha svolto
per lungo tempo attività lavorativa in ambienti ad alto rischio di
polvere d’amianto; che, nell’ipotesi in cui l’infermità invalidante
derivi da fattori concorrenti, sia di natura professionale che
extraprofessionale, trova applicazione la regola di cui all’art. 41
cod. pen., per cui il rapporto causale tra evento e danno rimane

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 22 settembre

2

governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni; che la
patologia denunciata, in quanto tabellata, comporta l’applicabilità
della presunzione di eziologia professionale.
Il ricorso non è fondato.
La Corte territoriale ha respinto l’appello proposto
tecnico d’ufficio attraverso esami clinici e strumentali (esame
radiografico e spirometrico) che hanno evidenziato come il La
Peruta fosse affetto da note di fibrosi polmonare, patologia questa
che non era da porsi in relazione all’attività lavorativa.
Ad avviso del c.t.u. mancava la prova che il ricorrente prima autista, poi magazziniere e gruista – avesse svolto attività
lavorativa in ambienti esposti a fibre di amianto ed inoltre la

“compromissione della funzionalità respiratoria propria
dell’asbestosi era nel caso specifico rappresentata da una sindrome
disventilatoria di tipo restrittivo di grado medio”.
Tutto ciò escludeva che l’attività lavorativa potesse avere
svolto un ruolo causale o concausale.
Alla stregua di tali accertamenti – in relazione ai quali, come
osservato dal giudice d’appello, non sono state formulate in quella
sede

“argomentazioni critiche che ne mettano in dubbio la

correttezza scientifica” – la sentenza impugnata si sottrae alle
censure che le vengono mosse.
Questa Corte ha infatti ripetutamente affermato che in
materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie relative
allo stato di salute dell’assicurato, i lamentati errori e lacune della
consulenza tecnica sono suscettibili di esame in sede di legittimità
unicamente sotto il profilo del vizio di motivazione della sentenza,
quando siano riscontrabili carenze o deficienze diagnostiche o
affermazioni scientificamente errate e non già quando si
prospettino semplici difformità tra la valutazione del consulente
circa l’entità e l’incidenza del dato patologico e la valutazione della

dall’assicurato sulla scorta di quanto accertato dal consulente

parte (cfr., ex plurimis, Cass. 569/11; Cass. 22707/10; Cass.
9988/09; Cass. 7341/04).
Quanto, poi, alla carenza di argomentazioni in ordine ai rilievi
mossi dal consulente di parte alla consulenza tecnica, è principio
consolidato che quando il giudice del merito ritenga di dovere
tecnico d’ufficio, non è obbligato ad indicare le ragioni per le quali
disattende le contrarie opinioni del consulente di parte, dovendosi
queste intendere rifiutate per implicito. Infatti le consulenze
tecniche di parte costituiscono semplici allegazioni difensive a
contenuto tecnico, rispetto alle quali il giudice non è tenuto a
motivare il proprio dissenso, quando ponga a base del proprio
convincimento considerazioni incompatibili con tali osservazioni.
Infine, con riguardo alla dedotta inclusione nelle tabelle della
patologia denunciata e della conseguente presunzione di eziologia
professionale, deve rilevarsi che nella specie tale presunzione è
superata dalla accertata esclusione del nesso causale tra l’attività
lavorativa svolta dall’assicurato e la patologia suddetta.
Il ricorso va dunque rigettato.
Il ricorrente non è tenuto al pagamento delle spese
processuali, trattandosi di fattispecie alla quale è applicabile,
ratione temporis, l’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo precedente alla
innovazione introdotta dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma
11, convertito, con modificazioni, nella L. n. 326 del 2003.
P. Q . M .
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma il 6 marzo 2013.

prestare completa adesione al parere espresso dal consulente

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