Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18089 del 21/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 21/07/2017, (ud. 09/06/2017, dep.21/07/2017),  n. 18089

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. GAI Emanuela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22365/2013 R.G. proposto da:

F.O., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Aldo Manna e

Fabio D’Isanto, con domicilio eletto in Roma, via Leonardi

Cattolica, n. 3, nello studio degli Avv.ti Alessandro Ferrara e

Massimo Ferraro;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana, sezione staccata di Livorno, n. 62/23/13 depositata il 9

aprile 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 giugno 2017

dal Consigliere Iannello Emilio.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che F.O. ricorre con due mezzi nei confronti dell’Agenzia delle entrate (che non svolge difese nella presente sede, ma deposita c.d. atto di costituzione) per la cassazione della sentenza in epigrafe, con la quale la C.T.R. della Toscana, sezione staccata di Livorno – in controversia concernente impugnazione del silenzio rifiuto formatosi sulla istanza di rimborso del 50% delle trattenute Irpef operate nel 2000 sulle somme percepite dall’odierno ricorrente a titolo di incentivo all’esodo, in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, avvenuta quando egli non aveva ancora compiuto 55 anni – ha accolto l’appello dell’Ufficio ritenendo fondata l’eccezione di decadenza per il decorso dei termini previsti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38;

considerato che con il primo motivo di ricorso il contribuente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, e mancata applicazione dell’art. 2935 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. fatto decorrere il termine di decadenza dalla data del versamento dell’Irpef anzichè da quella di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della sentenza della Corte di giustizia (sentenza 21 luglio 2005, causa C-207/04, Verganti, e successiva ordinanza 16 gennaio 2008, cause da C-128/07 a C-131/07, Molinari e aa.), che ha sancito l’esistenza di un contrasto tra la normativa interna ed i principi stabiliti dalla legislazione europea, così rendendo in concreto possibile l’esercizio del diritto da parte dei contribuenti ingiustamente discriminati del loro diritto alla parità di trattamento;

che con il secondo motivo il ricorrente deduce altresì violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, e mancata applicazione dell’art. 2946 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. ritenuto applicabile il termine decadenziale quadriennale previsto dal D.P.R. cit., art. 38, (riferibile ai soli casi di “errore materiale, duplicazione e inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento”) anzichè quello decennale previsto dall’art. 2946 c.c., da ritenersi operante nei casi – quale, assume, quello di specie – in cui il diritto al rimborso derivi da pagamenti cui inerisca un qualche carattere di provvisorietà e ai quali successivamente non corrisponda la determinazione di quel medesimo obbligo (o in quella medesima misura) in via definitiva;

ritenuto che entrambe le censure, congiuntamente esaminabili per la loro intima connessione, sono infondate;

che la questione con esse sollevata trova nella giurisprudenza di questa Corte soluzione ormai ferma nel senso che “in tema di rimborso delle imposte sui redditi, l’indebito tributario è soggetto ai termini di decadenza o prescrizione previsti dalle singole leggi di imposta, qualunque sia la ragione della non debenza, quali l’erronea interpretazione o applicazione della legge fiscale, il contrasto con norme di diritto comunitario, ovvero uno jus superveniens con applicabilità retroattiva” (v. Cass. Sez. U. 16/06/2014, n. 13676; conf. Cass. 10/06/2008, n. 15276; Cass. 17/03/2006, n. 5978; Cass. 06/09/2004, n. 17918);

che la scadenza del termine per richiedere il rimborso determina il consolidamento dei rapporti di dare ed avere tra contribuente ed erario e l’esaurimento dello stesso rapporto tributario (v. Cass. n. 9223 del 2011), con la conseguenza che il contenuto dello stesso non può più essere rimesso in discussione;

che ne deriva che anche le richieste di rimborso dei tributi incompatibili con la normativa comunitaria devono essere presentate entro i termini di decadenza, termini che non contrastano con le disposizioni comunitarie (v. Cass. nn. 13676 del 2014; n. 17009 del 2012; n. 2809 del 2005; n. 7173 del 2002; n. 7178 del 2004; n. 11316 del 2000);

che, d’altra parte, anche la Corte di giustizia CE ha espressamente affermato che “il diritto comunitario non vieta ad uno Stato membro di opporre un termine nazionale di decadenza alle azioni di rimborso di tributi percepiti in violazione di disposizioni comunitarie, anche se questo Stato membro non ha ancora modificato la propria normativa interna per renderla compatibile con tali disposizioni” (sentenza 17 novembre 1998, causa C-228/96, Fallimento (OMISSIS) S.r.l. c/ Amm. Finanz., pt. 45): regola, questa, che trova la sua ragion d’essere nella superiore esigenza di garantire la stabilità e la certezza del bilancio dello Stato, sul versante delle entrate;

che il ricorso deve pertanto essere rigettato;

che non avendo l’amministrazione svolto difese nella presente sede, nessun provvedimento è da adottare in ordine al regolamento delle spese, salvo quanto previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater.

PQM

 

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2017

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