Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18084 del 04/08/2010

Cassazione civile sez. trib., 04/08/2010, (ud. 09/06/2010, dep. 04/08/2010), n.18084

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.G., elettivamente domiciliata in ROMA VIA TACITO

10, presso lo studio dell’avvocato DANTE ENRICO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CORUZZI ADRIANO, giusta delega in

calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 86/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

PARMA, depositata il 28/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DIDOMENICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato DANTE, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato CASELLI, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.G. ha proposto ricorso per cassazione contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 86/05 della Commissione Regionale della Emilia Romagna dep. il 28/06/2005 che aveva rigettato l’appello della medesima avverso la sentenza della CTP di Parma.

La CTR aveva confermato la sentenza della CTP che aveva rigettato il ricorso della B. avverso l’avviso di accertamento per IRPEF e S.S.N. per l’anno 1995. La CTR ha ritenuto sussistente un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa in favore di B. F., esercente l’attivita’ di commercio all’ingrosso di zucchero, desumibile dalle movimentazioni bancarie sui suoi conti che dovevano intendersi compensi per le attivita’ prestata in favore del B.F. e “non mere operazioni patrimoniali nell’ambito del rapporto affettivo” con il medesimo.

La ricorrente pone a fondamento del ricorso la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2 e vizio motivazionale.

Solo l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

La causa e’ stata rimessa alla decisione in pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve essere rilevata la inammissibilita’ del ricorso proposto contro il Ministero, che non era parte nel giudizio di appello dal quale doveva intendersi tacitamente estromesso perche’ iniziato dopo il 01/01/2001, e, pertanto, dopo l’entrata in funzione delle Agenzie delle Entrate(Cass. SS.UU. 3116/2006, 3118/2006).

Col primo motivo la ricorrente deduce falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2 in quanto la presunzione di cui all’art. 32 predetto opera con riferimento alla prova di maggiori redditi e non gia’ alla qualificazione del reddito che deve essere provato dall’Ufficio.

Col secondo motivo deduce insufficiente e contraddittoria motivazione non essendo logico inferire dalla rimessa di somme nei propri conti l’esistenza di un rapporto di collaborazione, nemmeno utilizzando gli ulteriori elementi valorizzati dalla CTR e cioe’ la documentazione contabile rinvenuta nella sua abitazione e l’invio di fax per conto del B.F. per mezzo della utenza della Tecnopali s.p.a. di cui era dipendente la medesima, assumendo rilevanza invece il rapporto di convivenza col B.F., che operava in nero ed era oggetto di verifica, e che portava a qualificare le operazioni quali fiduciarie.

I motivi per la stretta connessione logica e giuridica devono essere trattati unitamente. Gli stessi sono infondati.

Questa Corte (Cass. n. 7766/2008) ha ritenuto che il potere di accedere ai conti correnti bancari del contribuente, riconosciuto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 33, comma 2, puo’ essere esercitato al fine dell’accertamento tributario, perche’, ai sensi dell’art. 32, comma 1, n. 2, dello stesso atto normativo, i dati acquisiti attraverso l’ispezione bancaria sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni sono altresi’ posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreche’ non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni”.

L’interpretazione di queste disposizioni normative, che e’ fornita dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte e alla quale questo Collegio ritiene di dover aderire, e’ nel senso che, in tema di accertamento delle imposte dirette, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 2, introduce una presunzione legale relativa a carico del contribuente che sia titolare di conti correnti bancari. Cio’ significa che la stessa legge ritiene certo fino a prova contraria, che deve essere fornita dal contribuente, che tutti i movimenti di un conto corrente intestato al contribuente siano sono ad esso imputabili (vedansi, tra le piu’ recenti, le seguenti sentenze della Corte di cassazione n. 2752/2009, n. 20858/2007; n. 16720/2007; n. 13819/2007; n. 6743/2007; n. 19330/2006; n. 14675/2006). Orbene dinanzi alla superiore presunzione di legge, il contribuente deve fornire la prova piena e non altra presunzione (semplice e, comunque non fornita delle caratteristiche della gravita’, precisione e concordanza)quale la convivenza.

Infatti in particolare si e’ osservato(Cass. n. 2007/25365) che, in subiecta materia, e con riguardo alla determinazione del reddito di impresa, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 “chiaramente impone di considerare ricavi sia i prelevamenti, sia i versamenti, salvo che il contribuente non provi che i versamenti sono registrati in contabilita’ e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziche’ costituire acquisizione di utili.

Pertanto, posto che sussiste inversione dell’onere della prova, alla presunzione di legge (relativa) va contrapposta una prova, non un’altra presunzione semplice ovvero una mera affermazione di carattere generale, anche perche’ non sempre a ricavi occulti corrispondono costi occulti, mentre a ricavi occulti possono accompagnarsi costi dichiarati in misura maggiore del reale” (Cass. n. 18016 del 09/09/2005).

Questa Corte (Cass. n. 11750/2008) ha chiarito, altresi’, che l’uso della parola “ricavi”, nella seconda parte della norma in esame, non e’ sufficiente per concludere che la presunzione legale (Cass. nn. 2438/2007, 9103/2001) ricavabile tanto dai versamenti quanto dai prelevamenti – si riferisca solo al reddito d’impresa, non a quella di lavoro autonomo. La lettera della norma non autorizza, infatti, l’interpretazione restrittiva – non avallata ne’ esclusa da Cass. n. 11094/ 1999, riguardante un caso in cui erano stati presi in considerazione solo i versamenti giacche’ l’espressione “singoli dati ed elementi risultanti dai conti”, contenuta nel corpo di frase pacificamente riferibile anche ai lavoratori autonomi, comprende i prelevamenti.

Orbene la CTR fa corretta applicazione dei superiori principi nel momento in cui,con giudizio di fatto,ritiene non fornita alcuna prova da parte della contribuente di un diverso titolo della movimentazione.

Gli altri elementi (ritrovamento di registri iva dell’imprenditore sottoposto controllo nell’abitazione della B.G., la spedizione di’ ordini per conto dello stesso dal fax della ditta ove lavorava la ricorrente) – e qui si esamina il secondo motivo – non servono certo ad integrare la presunzione di legge di cui sopra, che esiste a carico del titolare del conto per il solo fatto che vi siano movimentazioni sul conto medesimo, ma sono valutati dalla CTR al fine di qualificare (se da lavoro autonomo, dipendente ecc.) il reddito sottratto a tassazione. Deve poi rilevarsi che, dall’esame dei motivi, risulta che la contribuente non fa oggetto di doglianza la carenza dei presupposti di un accertamento a suo carico (l’accertamento era iniziato a carico di B.F.) e, pertanto si verte al di fuori della ipotesi esaminata in Cass. n. 23852/09 che ha evidenziato che le risultanze di un c/c possono legittimamente, a norma dell’art. 32 giustificare la determinazione del quantum, laddove l’individuazione dei presupposti per un accertamento o una verifica deve trovare giustificazione non in questa ma in altre norme. Il ricorso deve essere pertanto rigettato con ogni conseguenza in tema di spese nei confronti dell’Agenzia, mentre non si provvede sulle spese nei confronti del Ministero non essendosi lo stesso difeso.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso contro l’Agenzia e condanna la ricorrente alle spese che liquida in Euro 2000,00 per onorari oltre Euro 200,00 per spese vive. Dichiara inammissibile il ricorso contro il Ministero.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Tributaria, il 9 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2010

 

 

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