Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18083 del 24/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/06/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 24/06/2021), n.18083

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giusep – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Mar – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11613/2016 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Longa Carni Srl, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Cataldo D’Andria

e Mariangela Mastrogregori, con domicilio eletto presso gli stessi

in Roma, viale Regina Margherita n. 290, giusta procura in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 4789/27/15, depositata il 9 novembre 2015.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 24 febbraio

2021 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Longa Carni Srl impugnava l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate per Iva per l’anno 2008, con il quale era stata contestata l’indebita applicazione del regime di non imponibilità di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1, lett. a.

L’Ufficio, in particolare, contestava alla contribuente l’errata applicazione del regime in questione atteso che la merce era stata acquistata dalla Longa Carni Srl, sede secondaria di (OMISSIS), da fornitori italiani ed era poi stata trasferita, previa dichiarazione di intenti e con emissione di fattura ai sensi del citato art. 8, comma 1, lett. a, alla sede legale della medesima società, la Longa Carni Srl, sita in (OMISSIS), fuori dal territorio doganale UE.

Rilevava, pertanto, che la seconda transazione non configurava, in realtà, una cessione rilevante attesa l’identità del soggetto giuridico, essendo la sede secondaria, mero rappresentante fiscale, priva di autonomia giuridica, senza che dunque dall’operazione fosse derivato un trasferimento della proprietà, restando priva di rilievo l’effettiva uscita dei beni dal territorio nazionale.

La Commissione tributaria provinciale di Sondrio accoglieva il ricorso, ritenendo effettiva la cessione tra la rappresentante fiscale in (OMISSIS) e la Longa Carni Srl di (OMISSIS), avendo la prima agito in nome e per conto della seconda. La sentenza era confermata dal giudice d’appello.

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con un motivo. Resiste Longa Carni Srl con sede secondaria in (OMISSIS) con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. L’unico motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 1 e 8, per aver la CTR ritenuto sussistere i presupposti del regime della triangolazione rispetto a cessioni effettuate da fornitori nazionali alla sede secondaria della contribuente in (OMISSIS) e da quest’ultima alla sede legale della stessa in (OMISSIS), nonostante non vi fosse alterità soggettiva tra questi soggetti e, dunque, non vi fosse stato alcun trasferimento della proprietà dei beni alla società estera.

2. Il motivo è infondato, ancorchè la motivazione della CTR debba essere corretta ex art. 384 c.p.c., u.c..

3. Appare opportuno, in primo luogo, definire l’ambito normativo pertinente.

3.1. Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1, lett. a, nel testo ratione temporis vigente, prevedeva “a) Le cessioni, anche tramite commissionari, eseguite mediante trasporto o spedizione di beni fuori del territorio della Comunità economica Europea, a cura o a nome dei cedenti o dei commissionari, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi. I beni possono essere sottoposti per conto del cessionario, ad opera del cedente stesso o di terzi, a lavorazione, trasformazione, montaggio, assiemaggio o adattamento ad altri beni. L’esportazione deve risultare da documento doganale, o da vidimazione apposta dall’ufficio doganale su un esemplare della fattura ovvero su un esemplare della bolla di accompagnamento emessa a norma del D.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627, art. 2, o, se questa non è prescritta, sul documento di cui all’art. 21, comma 4, secondo periodo. Nel caso in cui avvenga tramite servizio postale l’esportazione deve risultare nei modi stabiliti con decreto del Ministro delle Finanze, di concerto con il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni”.

La norma individua una pluralità di ipotesi:

1) la cessione per l’esportazione diretta.

L’ipotesi si realizza se vi sia: a) il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento dei beni; b) la materiale uscita dei beni fuori del territorio unionale; c) il trasporto o la spedizione dei beni “a cura o a nome dei cedenti”.

L’esportazione è diretta – ed avviene con la dichiarazione di esportazione in dogana a nome dell’operatore italiano – quando un soggetto passivo d’imposta, identificato in Italia, cede i suoi beni ad un soggetto, nazionale od estero, e provvede a trasportare o spedire i beni stessi fuori dal territorio dell’Unione (ovvero incarica un terzo, ossia uno spedizioniere o un vettore).

Occorre sottolineare che il cessionario, in genere, è un soggetto estero ma tale condizione non è necessaria potendo anche essere un soggetto nazionale o un rappresentante fiscale di un soggetto non residente.

2) le esportazioni triangolari.

L’ipotesi, introdotta originariamente con il D.P.R. n. 897 del 1980 (con l’inserimento dell’inciso “anche per incarico dei propri concessionari”) e poi oggetto di ripetuta attenzione sia da parte della Corte di Giustizia che del legislatore unionale (v. da ultimo la Sesta Dir., art. 36-bis, per le triangolazioni intracomunitarie con unico trasporto), ha registrato nella pratica un’ampia e differenziata casistica.

In sostanza, avuto riguardo all’ipotesi canonica, si tratta di una esportazione in cui intervengono tre distinti operatori: un primo soggetto, residente e primo cedente, che vende ad un secondo soggetto, pure residente e cessionario (che ha il ruolo di promotore), che rivende i medesimi beni ad un terzo soggetto, non residente e secondo cessionario.

La fattispecie si realizza, poi, se il trasporto sia stato effettuato “direttamente” dal cedente al secondo cessionario estero.

Giova solo sottolineare sul punto – trattandosi di questione non rilevante nel presente giudizio – che l’originaria rigorosa interpretazione della norma è stata oggetto di più attenta riconsiderazione, sì da far concludere che “l’espressione letterale “a cura” del cedente, contenuta nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1, lett. a), o quella corrispondente “per suo conto”, contenuta nella Dir. n. 77/388/CEE (sesta Dir.), art. 15, comma 1, vanno interpretate in relazione allo scopo della norma, che è quello di evitare operazioni fraudolente, le quali si verificherebbero se il cessionario nazionale potesse autonomamente – e cioè al di fuori di un preventivo regolamento contrattuale con il cedente – decidere di esportare i beni in un altro “Stato membro” e, quindi, non nel senso che la spedizione o il trasporto devono avvenire in esecuzione di un contratto concluso direttamente dal cedente o in rappresentanza di quest’ultimo, ma nel senso che è essenziale che vi sia la prova (il cui onere grava sul contribuente) che l’operazione, fin dalla sua origine e nella sua rappresentazione documentale, sia stata voluta, nella comune volontà degli originari contraenti, come cessione nazionale in vista di trasporto a cessionario residente all’estero” (Cass. n. 4408 del 23/02/2018).

Per completezza va infine segnalato che la norma individua una ulteriore ipotesi, ossia:

3) le esportazioni cd. congiunte.

In questo caso, i beni, prima di essere portati fuori dall’Unione, subiscono una lavorazione ad opera del cedente stesso o di terzi per conto del committente non residente.

3.2. Occorre rilevare, in secondo luogo, che la Longa Carni Srl sede di (OMISSIS) era rappresentante fiscale ai fini Iva della Longa Carni Srl sede legale di (OMISSIS), territorio, quest’ultimo, extra UE dal punto di vista doganale.

Sul punto va rilevato che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17, prevede la possibilità, per il soggetto non residente, di operare mediante la nomina, tra l’altro, di un rappresentante fiscale, senza che, peraltro, da tale nomina derivi la perdita, per il soggetto non residente, della condizione di residente estero, che viene mantenuta, in particolare, ai fini della territorialità dell’imposta (v. anche Corte di Giustizia, sentenza 19 febbraio 2009, in C-1/08, Athesia Druck Srl, che ha sottolineato (punto 34) che la “designazione di un rappresentante fiscale, come quello menzionato, in particolare, alla tredicesima Dir., art. 2, n. 3, e al decreto relativo all’IVA, art. 17, è, di per sè, irrilevante ai fini della natura imponibile o meno delle prestazioni ricevute o effettuate dalla persona rappresentata, giacchè il meccanismo della rappresentanza ha unicamente lo scopo di consentire al fisco di avere un interlocutore nazionale quando il soggetto passivo è stabilito all’estero”).

Al contempo, peraltro, proprio in conseguenza a tale nomina, il soggetto non residente diviene – come pure riconosciuto dalla stessa Agenzia delle entrate (Risoluzione n. 371 del 13 dicembre 2007 e Risoluzione n. 80 del 4 agosto 2011) – destinatario degli obblighi e dei diritti previsti dalla disciplina fiscale interna per le operazioni rilevanti nel territorio italiano, potendo anche, per esempio, fruire, ove ne ricorrano le condizioni, del plafond previsto per l’esportatore abituale.

4. Alla luce del quadro normativo illustrato e dei principi esposti, dunque, va delineata la soluzione della vicenda.

Nel caso in giudizio, infatti, l’esportazione in (OMISSIS) è stata operata dalla Longa Carni Srl che si è avvalsa, per l’operazione interna, del proprio rappresentante fiscale, costituito dalla sede secondaria della stessa società in (OMISSIS), sicchè è privo di rilievo che non vi sia una alterità od autonomia soggettiva della sede secondaria, nè si pone una questione di ulteriore trasferimento della proprietà dei beni dalla sede secondaria a quella principale.

La vicenda, in altri termini, è solo apparentemente riconducibile ad una triangolazione, realizzandosi, per contro, – e in tal senso va corretta la sentenza impugnata – una esportazione diretta, con beni, come accertato dalla CTR e non contestato, effettivamente trasferiti in (OMISSIS), a favore del soggetto non residente, con intervento, sul territorio nazionale, del rappresentante fiscale.

5. Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese sono regolate, come in dispositivo, per soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento a favore della contribuente delle spese, che liquida in complessivi Euro 6.000,00, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021

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