Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18080 del 05/07/2019

Cassazione civile sez. un., 05/07/2019, (ud. 26/03/2019, dep. 05/07/2019), n.18080

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di sez. –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19101-2017 proposto da:

C.N.S. CONSORZIO NAZIONALE SERVIZI SOCIETA’ COOPERATIVA, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 32, presso lo studio dell’avvocato FABIO

CINTIOLI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

ARISTIDE POLICE e GENNARO ROCCO NOTARNICOLA;

– ricorrente –

contro

AUTORITA’ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO, in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– controricorrente –

e contro

ANIP – ASSOCIAZIONE NAZIONALE IMPRESE DI PULIZIA E SERVIZI INTEGRATI,

LEGACOOP – ASSOCIAZIONE NAZIONALE DELLE COOPERATIVE DI SERVIZI,

EXITONE S.P.A., CONSIP S.P.A., MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE

FINANZE, MANUTENCOOP FACILITY MANAGEMENT S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 740/2017 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il

20/02/2017;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/03/2019 dal Consigliere UMBERTO BERRINO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

uditi gli avvocati Fabio Cintioli, Gennaro Rocco Notarnicola e Danilo

Del Gaizo per l’Avvocatura Generale dello Stato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La presente controversia trae origine dal provvedimento del 22.12.2015 col quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ritenne accertato che quattro società (C.N.S., Manutencoop Facility Management s.p.a, Roma Multiservizi s.p.a e Kuadra s.p.a) in occasione di una gara d’appalto indetta dalla Consip s.p.a. per l’affidamento mediante stipula di convenzioni dei servizi di pulizia e di altri servizi funzionali al mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili di istituti scolastici di ogni ordine e grado e dei centri di formazione della P.A. per una durata di due anni, rinnovabile per un altro anno – avevano posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza, contraria all’art. 101 T.F.U.E.

A seguito dell’accertamento della illiceità della suddetta pratica, in quanto posta in essere in violazione della predetta norma del Trattato dell’Unione Europea, essendo stata eseguita sulla scorta della concordata finalità di condizionare gli esiti della gara attraverso l’eliminazione del reciproco confronto concorrenziale e la spartizione dei lotti oggetto di aggiudicazione nel limite massimo fissato dalla lex specialis, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha inflitto alle predette imprese le relative sanzioni amministrative pecuniarie.

Il T.A.R. del Lazio, al quale si sono rivolte le predette società con separati ricorsi, ha pronunziato quattro distinte sentenze con le quali ha confermato l’impugnato provvedimento nei confronti delle compagini societarie C.N.S., Manutencoop Facility Management s.p.a e Roma Multiservizi s.p.a. in punto di an debeatur, riformandolo parzialmente con riferimento alla quantificazione della sanzione pecuniaria e con rinvio alla predetta Autorità per la nuova determinazione del quantum, mentre lo ha annullato con riguardo alla posizione della sola società Kuadra, ritenendo carente di prova la partecipazione di quest’ultima all’intesa sanzionata dall’Autorità Garante.

Appellata tale sentenza dalle tre società di cui sopra, il Consiglio di Stato, dopo aver escluso la necessità di riunire i ricorsi, ha confermato la decisione del T.A.R.

Per quel che qui rileva in ordine alla posizione dell’odierno ricorrente Consorzio C.N.S. (Consorzio Nazionale Servizi Società Cooperativa), il Consiglio di Stato ha ritenuto che erano infondate le censure mosse dalla stessa società consortile alla sentenza del T.A.R., ribadendo la correttezza dell’analisi svolta dal primo giudice amministrativo e la legittimità della relativa decisione.

Avverso tale sentenza (n. 740/2017) ricorre il predetto Consorzio con un solo motivo, cui resiste con controricorso la suddetta Autorità Garante, mentre rimangono solo intimati gli altri enti di cui in epigrafe.

Il ricorrente deposita, altresì, memoria.

Il P.G. conclude per il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con un solo motivo il Consorzio ricorrente deduce la violazione dei limiti della giurisdizione del giudice amministrativo, la violazione dell’art. 111 Cost., la violazione del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. L) e art. 134, comma 1, lett. C) nonchè la violazione del regolamento Comunitario n. 1/2003.

2. In pratica, secondo il ricorrente, il giudice amministrativo ha finito per riconfigurare l’illecito contestato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nel momento in cui ha deciso di confermare la validità della relativa contestazione limitatamente a solo tre delle quattro compagini societarie inizialmente incolpate. Invece, secondo tale tesi difensiva, la posizione della società Kuadra, diversamente da quanto ritenuto dal giudice amministrativo di secondo grado circa la sua esclusione dall’apporto partecipativo all’operazione per la quale erano state originariamente indagate tutte e quattro le società, non poteva considerarsi scindibile da quella delle altre parti, nè poteva assumere rilievo la ritenuta natura personale delle ragioni assolutorie poste a base della sentenza di accoglimento n. 10305/2016 emessa dal TAR del Lazio che aveva riconosciuto l’estraneità della società Kuadra al presunto cartello.

3. Ciò in quanto il provvedimento sanzionatorio dell’Autorità Garante aveva configurato un illecito unitario, realizzatosi anche grazie al coinvolgimento della società Kuadra. In tal modo, secondo il ricorrente, i giudici amministrativi di entrambi i gradi di giudizio si sono sostituiti all’Autorità Garante nell’eseguire un accertamento e nell’esprimere una valutazione che spettavano solo a quest’ultima. Invece, una volta accertato che la pratica concordata tra quattro parti, così come contestata dall’Autorità Garante, era errata a causa dell’estraneità di Kuadra, il giudice amministrativo, anzichè riqualificare l’illecito, trasformandolo in una pratica concordata fra tre parti, avrebbe dovuto annullare integralmente e per tutte le parti il provvedimento sanzionatorio, salva la distinzione del ruolo di ciascuna, e lasciare, semmai, all’Autorità garante la possibilità di perfezionare un nuovo procedimento.

4. Il motivo è inammissibile.

Invero, premesso che parte ricorrente lamenta sostanzialmente un eccesso di potere giurisdizionale da parte del Consiglio di Stato per sconfinamento nella discrezionalità riservata alla P.A., si osserva al contrario che nella sentenza impugnata sono state diffusamente esposte le ragioni per le quali è stato condiviso il convincimento del giudice di primo grado secondo cui l’accoglimento del ricorso di Kuadra s.p.a., per motivi personali a quest’ultima, non comportava una modificazione degli elementi costitutivi dell’intesa restrittiva quale accertata dall’Autorità nei confronti delle altre tre imprese sulla base delle condotte concertative ad esse contestate, che rimanevano inalterate. In tal modo il Consiglio di Stato ha svolto un’attività interpretativa e di apprezzamento degli elementi di causa che – a prescindere dalla esattezza o meno delle conclusioni cui il Giudice amministrativo è pervenuto – costituisce una prerogativa tipica della funzione giurisdizionale e non può dunque integrare di per sè sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione da parte del giudice amministrativo, così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111 Cost., comma 8. (per un caso analogo già deciso da questa Corte v. Sez. Un., ord. n. 1412 del 18.1.2019).

5. In definitiva, il Consiglio di Stato non si è sostituito alla pubblica amministrazione nella verifica della sussistenza dell’incolpazione mossa dall’Autorità Garante nei confronti di tutte e quattro le società, non avendo modificato gli elementi costitutivi dell’addebito ma avendo semplicemente accertato, sulla base di una adeguata motivazione e sulla scorta delle prerogative della funzione giurisdizionale, che allo stesso restava estranea la società Kuadra.

6. Pertanto, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo, mentre non va adottata alcuna statuizione nei confronti degli altri enti rimasti solo intimati.

Ricorrono i presupposti per il pagamento, da parte del ricorrente, del contributo unificato di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, delle spese nella misura di Euro 8000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito. Nulla nei confronti degli altri enti rimasti intimati.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019

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