Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18079 del 14/09/2016

Cassazione civile sez. trib., 14/09/2016, (ud. 20/07/2016, dep. 14/09/2016), n.18079

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1784-2011 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE DEL VIGNOLA 5,

presso lo studio dell’avvocato LIVIA RANUZZI, rappresentato e difeso

dall’avvocato LUIGI QUERCIA giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI

BARI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 126/2009 della COMM.TRIB.REG. della PUGLIA,

depositata il 10/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/07/2016 dal Presidente e Relatore Dott. AURELIO CAPPABIANCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.M., commercialista, propone ricorso per cassazione, in sei motivi, avverso sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, che, in riforma della sentenza di primo grado, ha affermato la legittimità di cartella di pagamento per irap relativa all’annualità 2003, emessa, in esito a controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis.

L’Agenzia intimata non svolge difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A fondamento della decisione, i giudici del gravame hanno rilevato che, nell’annualità in contestazione, il contribuente aveva esercitato la propria attività professionale, avvalendosi di “autonoma organizzazione”, evidenziando in particolare, al riguardo: la rilevanza dei compensi conseguiti (in Euro 288.822); l’entità delle spese sostenute (in Euro 118.030) e la presenza di compensi corrisposti a terzi (in Euro 19.922); hanno, peraltro, reputato “dirimente” l’inammissibilità del ricorso originario del contribuente, in quanto proposto contro cartella immune da vizi propri, giacchè tesa alla riscossione in funzione dell’imponibile irap dichiarato dallo stesso contribuente (che, tuttavia, aveva, poi, omesso di effettuare il corrispondente versamento); sicchè il contribuente medesimo avrebbe, in ogni caso, dovuto versare quanto esposto in dichiarazione e, semmai, poi proporre istanza di rimborso, impugnando il diniego eventualmente opposto dell’Agenzia.

Tale essendo il tenore della decisione impugnata, il contribuente articola sei motivi di ricorso.

Con il primo motivo di ricorso, il contribuente – deducendo violazione del D.P.R. 600 del 1973, artt. 36 bis e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 – censura la decisione impugnata nella parte in cui afferma l’inammissibilità del ricorso del contribuente, in quanto avente ad oggetto cartella emessa in sede di liquidazione d’imposta dichiarata dal contribuente medesimo.

Con il secondo motivo di ricorso, il contribuente – deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. – censura la decisione impugnata per non aver rilevato il giudicato esterno formatosi a seguito della mancata impugnazione di sentenza di Commissione tributaria provinciale che aveva ritenuto l’insussistenza dell'”autonoma organizzazione” (e, quindi, d’imponibilità irap) con riguardo agli anni di imposta 1998 e 1999.

Con il terzo motivo di ricorso, il contribuente – deducendo violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, censura la decisione impugnata per aver ritenuto ricorrente il presupposto dell’imponibilità irap costituito dall'”autonoma organizzazione”.

Con il quarto ed il quinto motivo di ricorso, il contribuente deduce, rispettivamente, vizio d’insufficiente motivazione e d’insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5, con riferimento all’assunta ricorrenza del requisito dell'”autonoma organizzazione” ed all’asserito omesso assolvimento della prova contraria da parte di esso ricorrente.

Con il sesto motivo di ricorso, il contribuente – deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. – censura la decisione impugnata nella parte in cui ha condannato il contribuente alla rifusione delle spese, senza specifica distinta indicazione di onorari e spese.

Il aderenza al primo motivo del ricorso per cassazione del contribuente, la decisione impugnata va ritenuta censurabile laddove ha affermato l’inammissibilità del ricorso introduttivo del contribuente, in quanto proposto nei confronti di cartella D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, tesa alla riscossione di imposta dichiarata dallo stesso contribuente.

Al riguardo, va osservato che, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, da cui non vi è motivo di discostarsi, la cartella esattoriale emessa D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, può essere impugnata, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, non solo per vizi propri ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva. E ciò: sia perchè detta cartella, non rappresenta la mera richiesta di pagamento di una somma definita con precedenti atti di accertamento, autonomamente impugnabili e non impugnati, ma riveste anche natura di atto impositivo, trattandosi del primo ed unico atto con cui la pretesa fiscale è esercitata nei confronti del dichiarante (Cass. 1263/14); sia perchè la dichiarazione fiscale, quale dichiarazione di scienza, è sempre emendabile dal contribuente sin in sede giudiziaria ed in esito alla relativa liquidazione.

La fondatezza del primo motivo di ricorso non comporta, di per se stessa, il travolgimento della decisione impugnata, essendo questa, quanto all’affermata fondatezza della pretesa fiscale, sorretta da ulteriore autonoma ratio decidendi.

Le censure rivolte a tale ratio decidendi (nei motivi dal secondo al quinto) si rivelano, peraltro, infondate.

Con riguardo alla censura di cui al secondo motivo, deve, infatti, osservarsi che il giudicato avente ad oggetto una determinata annualità d’imposta non assume carattere vincolante in merito ad accertamento relativo a diversa annualità, quanto alle imposte diverse dall’i.v.a. (imposta per la quale il criterio assume valenza assoluta: cfr. C.G. 3.9.2009, in causa n. C 2/08, Olimpiclub, Cass. 12249/10 e 25200/09), quando si tratti di accertamenti, quali quelli di specie, incidenti sull’attività in concreto svolta nelle singole annualità (cfr. Cass. 4832/15, 28042/09, 4607/08, 14087/07).

Da disattendere si rivelano, altresì, il terzo, quarto e quinto motivo, da trattare congiuntamente per la stretta connessione.

In proposito, deve osservarsi che costituisce ius receptum, da cui non v’è motivo di discostarsi, il principio secondo cui, in relazione all’attività professionale, l’assoggettamento ad irap ricorre in presenza del requisito dell'”autonoma organizzazione”;

requisito, il cui accertamento, spettando al giudice di merito, è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato, e che deve ritenersi sussistere, quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione (e non risulti, quindi, meramente inserito in struttura organizzativa riferibile ad altrui responsabilità ed interesse); b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (cfr. Cass. nn. 3673, 3676, 3678, 3680 del 2007, e successive conformi).

Tanto premesso in linea di principio, occorre considerare che la sentenza impugnata risulta coerentemente improntata al succitato criterio, essendo essa essenzialmente fondata sull’obiettivo ed incontestato riscontro dell’entità delle spese sostenute (in E 118.030) e della presenza di compensi corrisposti a terzi (in e 19.922); e che, in tale situazione, le censure in rassegna, ancorchè prospettando violazione di legge e carenza di motivazione, risultano inammissibilmente richiedere, a questa Corte, un diverso apprezzamento delle risultanze processuali, rispetto a quello legittimamente effettuato dai giudici del merito, giacchè tendono, in realtà, a rimettere in discussione accertamenti in fatto del giudice del merito, che, espressi con motivazione esauriente, aderente alle risultanze processuali e immune da lacune o vizi logici, si sottraggono al sindacato di legittimità (cfr. Cass. 9243/07, 22901/05, 15693/04, 11936/03).

Il sesto motivo, insistente sulla liquidazione delle spese operata dal giudice del gravame, inammissibile per difetto di specificità.

Al riguardo, occorre invero, per un verso, osservare che la liquidazione globale di onorari e spese è preclusa solo in assenza di deposito di nota spese a cura della parte vittoriosa, dovendosi, altrimenti, presumere che il giudice abbia voluto liquidare le spese conformemente a tale nota (cfr. Cass. 17059/07, 16993/07) e, per l’altro, considerare che l’assenza di tale nota non risulta nemmeno semplicemente allegata dal ricorrente.

Alla stregua delle considerazioni che precedono – previa correzione della decisione impugnata, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4, in merito a quanto affermato in relazione alla prima doglianza – s’impone il rigetto del ricorso.

Stante l’assenza d’attività difensiva dell’Agenzia intimata, non vi è luogo a provvedere sulle spese.

PQM

La Corte: rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 20 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2016

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