Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18078 del 25/07/2013

Civile Sent. Sez. 1 Num. 18078 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: SCALDAFERRI ANDREA

I.

SENTENZA
sul ricorso 5227-2012 proposto da:
XX

Data pubblicazione: 25/07/2013

l’avvocato BOGGIA MASSIMO, rappresentata e difesa
dall’avvocato FERLITO FULVIO, giusta procura in
2013

calce al ricorso;
– ricorrente-

539

contro
P

CURATELA

DEL

FALLIMENTO

ZZ

S.R.L.

4

1

(P.I.05033660480), in persona del Curatore dott.
MARIO MARIANI, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA BALDO DEGLI UBALDI, 112, presso l’avvocato LUIGI
PEDULLA’,

rappresentata e difesa dall’avvocato

PEZZANO ANTONIO,

giusta procura in calce al

– controrícorrente contro

CURATELA FALLIMENTO YY.;
– intimata –

avverso la sentenza n.

1531/2011 della CORTE

D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 29/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/04/2013 dal Consigliere Dott. ANDREA
SCALDAFERRI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO APICE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

controricorso;

2

Svolgimento del processo
La

Curatela

del

Fallimento della ZZ

s.r.l.

dichiarata fallita dal Tribunale di Firenze con
sentenza dell’8 giugno 2005, e la Curatela del

medesimo Tribunale con sentenza del 21 settembre
2005, convenivano in giudizio la XX,
deducendo in sintesi: che ZZ s.r.1., avente unico
socio ed amministratore nella persona di Giovanni
Calabrese, si era resa acquirente di alcuni crediti
nei confronti di tale A.A.,
proprietario di un complesso immobiliare in Bagno a
Ripoli sottoposto a procedura esecutiva dinanzi al
– Tribunale di Firenze, onde partecipare a tale
procedura esecutiva e rendersi aggiudicataria del
complesso immobiliare nella gara riservata dal g.e.
ai creditori del A.A., come poi avvenuto in data
19 dicembre 2002; che tuttavia, essendo stata
dichiarata, con decreto del 28 febbraio 2003,
decaduta dall’aggiudicazione provvisoria per mancato
versamento del prezzo, aveva (nonostante i
preliminari di vendita di unità immobiliari da
realizzare nel complesso, medio tempore conclusi con
terzi, dai quali aveva incassato le relative caparre)

3

Fallimento della YY s.r.l. dichiarata fallita dal

ceduto i crediti suddetti a YY s.r.1., costituita
il 7 febbraio 2003 dal medesimo Calabrese e da lui
amministrata, che parimenti -dopo l’acquisto di
ulteriori crediti nel frattempo maturati- si era resa

successivamente dichiarata decaduta, per mancato
versamento del prezzo, con decreto del 30 dicembre
2003; che quindi con scrittura privata del 26 marzo
2004, e successiva scrittura integrativa (quanto al
valore nominale di C 1.050.000 dei crediti ceduti)
del 3 maggio 2004, YY aveva a sua volta ceduto i
crediti acquistati a XX, la quale aveva
infine ottenuto l’assegnazione diretta in suo favore,
con decreto di trasferimento del marzo 2005, del
complesso immobiliare di Bagno a Ripoli. Chiedevano
le due Curatele, fra l’altro, dichiararsi
l’inefficacia ex art.64 (e/o ex art.66) legge
fallimentare dell’atto di cessione dei crediti da ZZ
s.r.l. (titolare effettiva anche di alcuni crediti
formalmente intestati a Letizia Calabrese inclusi
nella cessione) e/o Calabrese Letizia a YYs.r.1.,
avvenuto senza il pagamento di alcuna somma di denaro
ed esclusivamente preordinato a trasferire da una
società all’altra, di proprietà del medesimo

.

4

aggiudicataria del complesso immobiliare ed era stata

soggetto, la titolarità dei crediti che consentisse
la partecipazione alla procedura esecutiva; e che
tale inefficacia fosse ritenuta opponibile al sub
acquirente XX., sussistendone le

restitutorie. Chiedevano altresì revocarsi ex art.64
(e/o ex art.66) L.Fall. l’ulteriore cessione di
crediti da YY a XX con le conseguenti
pronunce restitutorie.
Sulla contestazione della domanda da parte di
XX, il Tribunale di Firenze, con sentenza resa
nel novembre 2008, respingeva (anche) le domande di
revocatoria.
Proposto gravame sia da parte della Curatela del
Fallimento della ZZ sia da parte della Curatela del
Fallimento della YY,

la Corte d’appello di

Firenze, riuniti i giudizi, con sentenza resa
pubblica il 29 novembre 2011 ha accolto

in parte qua

il solo appello del Fallimento ZZ e ha quindi, in
parziale riforma della sentenza di primo grado,
dichiarato inefficace, ex art.64 L.Fall., il
trasferimento dei crediti in questione da ZZ s.r.l.
e Calabrese Letizia a YY s.r.1., dichiarando
inoltre tale inefficacia opponibile alla

.

5

condizioni, con le conseguenti pronuncie

subacquirente a titolo oneroso XX, che ha
condannato alla corresponsione alla Curatela del
Fallimento CAD del valore dei crediti che
transitarono ab origine dal patrimonio sociale della

per la somma complessiva di E 562.271,75 oltre
rivalutazione monetaria ed interessi legali. La
Corte, diversamente da quanto considerato dal
tribunale, ha ritenuto di sussumere la cessione di
cui sopra tra i negozi a titolo gratuito cui fa
riferimento l’art.64 L.Fall., considerando che il
mancato pagamento del corrispettivo della cessione
non costituisca un fatto di inadempimento bensì lo
sviluppo fisiologico dell’accordo negoziale e della
sua causa concreta al di là del modello astratto
utilizzato, che molteplici elementi convergenti
inducono a ritenere quella soltanto di trasferire da
una società (anche avvalendosi della interposizione
reale di Letizia Calabrese) all’altra, entrambe di
proprietà della stessa persona fisica e prive di
liquidità e di altri beni patrimoniali, la titolarità
formale dei crediti in questione al fine di
consentire alla seconda la partecipazione alla
procedura esecutiva anzidetta. Ha quindi ritenuto

,

6

fallita a quello della YY, quindi della XX,

opponibile la inefficacia di tale trasferimento alla
XX-con quanto ne consegue ai fini delle
statuizioni restitutorie- considerando che questa,
usando la ordinaria diligenza, poteva rendersi

delle due società, sia della illiquidità di entrambe
(che aveva causato la loro decadenza dalla
aggiudicazione dell’immobile), sia dello stato di
insolvenza della società cedente, dal cui bilancio
emergeva la sola titolarità dei crediti ceduti a
fronte delle esposizioni debitorie verso terzi.
Avverso questa sentenza XX. ha proposto
ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui
resiste con controricorso la Curatela del Fallimento
CAD s.r.l. La società ricorrente ha depositato
memoria illustrativa.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la società ricorrente lamenta
che la corte di merito abbia ritenuto incontroversa
l’interposizione reale di Letizia Calabrese nei
confronti di CAD s.r.l. nella cessione a YY di tre
dei crediti in questione, nonostante essa ricorrente
avesse eccepito in primo grado l’inammissibilità
della modifica, sul punto, della originaria domanda

7

chiaramente conto sia della identità di proprietà

di controparte di accertamento della interposizione
fittizia in quello della interposizione reale, ed
avesse riproposto espressamente tale eccezione nella
Denuncia la

violazione dell’art.346 cod.proc.civ.

e l’omessa

pronuncia su tale eccezione. 1.1. La doglianza è
priva di fondamento. L’orientamento consolidato di
questa corte, richiamato dalla stessa ricorrente, è
nel senso che le eccezioni non accolte nella sentenza
di

primo

parte

grado,

vittoriosa

proporre appello

per

l’accoglimento

in primo grado
incidentale

delle

non ha

essendo

quali

la

l’onere di

sufficiente

la

loro riproposizione ex art.346 c.p.c. nel giudizio di
appello instaurato dalla controparte, sono quelle che
risultino superate o non esaminate perché assorbite,
o anche quelle esplicitamente respinte qualora
l’eccezione mirava a paralizzare una domanda che poi
sia stata comunque respinta per altre ragioni (cfr.ex
multis: Sez.1 n.24021/10; Sez.2 n.14086/10;
S.U.n.25246/08). Non rientra in alcuna delle ipotesi
anzidette l’eccezione, qui in esame, relativa alla
inammissibilità della domanda di accertamento della
interposizione reale della Calabrese nella cessione
di parte dei crediti in questione: tale eccezione –

8

comparsa di risposta in appello.

come risulta dalla sentenza di appello e dal ricorsoera stata implicitamente rigettata (non già ritenuta
assorbita) dal tribunale, che aveva accolto nel
merito (non già respinto) la domanda di accertamento

i tre crediti ceduti dalla Calabrese tra quelli la
cui cessione alla CAD ha dichiarato inefficace. In
tal caso la parte che aveva formulato l’eccezione,
cioè l’odierna ricorrente, non poteva limitarsi a
riproporla in appello ex art.346 c.p.c., ma avrebbe
dovuto proporre a sua volta appello incidentale ex
art.333 c.p.c. per chiedere una riforma sul punto
della sentenza di primo grado. Rettamente dunque la
corte d’appello ha rilevato come, non essendosi
avvalsa alcuna delle parti della facoltà di
impugnazione sul punto, l’accertata interposizione
reale deve ritenersi ormai incontroversa.
2.

Con il secondo motivo la ricorrente si duole

dell’accertamento della natura di negozio a titolo
gratuito della cessione dei crediti in questione,
denunciando la erronea applicazione dell’art.2729
cod.civ. da parte della corte di merito che, da un
lato, avrebbe preso le mosse da un presupposto (lo
scopo della CAD di frodare i propri creditori) non

9

della suddetta interposizione reale, includendo anche

provato e che non può presumersi ai sensi
dell’art.1147 cod.civ., dall’altro avrebbe comunque
illegittimamente fatto derivare da tale scopo
presunto altre presunzioni, peraltro fondate su

comma l cod.civ.

2.1.

Anche tale motivo è privo di

fondamento. Il principio ripetutamente affermato da
questa Corte in tema di prova per presunzioni
semplici (cfr.ex plurimis: Sez.1 n.28224/08; Sez.5
n.1715/07; Sez.3 n.6220/05; Sez.1 n.17596/03; Sez.1
n.1404/01) è che l’apprezzamento in ordine alla
gravità, precisione e concordanza degli indizi (cioè
sulla loro idoneità a condurre al convincimento sulla
esistenza del fatto ignoto come conseguenza
ragionevolmente probabile, secondo regole di
esperienza, dei fatti noti) attiene alla valutazione
dei mezzi di prova ed è pertanto rimesso in via
esclusiva al giudice del merito, salva la verifica in
ordine alla congruità della relativa motivazione. La
ricorrente, indipendentemente dalla configurazione
formale del vizio della sentenza impugnata denunciato
nel motivo in esame (falsa applicazione di legge
piuttosto che motivazione incongrua), non ha
comunque, nella illustrazione del motivo, formulato

.

10

elementi di fatto insufficienti a norma dell’art.2729

rilievi specifici che inducano a ritenere carente la
valutazione esposta dalla corte di merito sulla prova
della gratuità del negozio di cessione dei crediti da
CAD a YY. Il ricorso si limita infatti, da un

motivazione (come basata sul presupposto dello scopo
della cedente di frodare i propri creditori) del
tutto apodittica e fallace, dall’altro a criticare i
molteplici indizi evidenziati dalla corte di merito
contrapponendovi mere asserzioni, senza quindi
esporre effettivamente le ragioni per le quali
dovrebbe ritenersi carente -alla stregua della norma
generale dell’art.2729 c.c.- il giudizio di inferenza
probabilistica del fatto presunto -cioè la causa in
concreto della cessione, finalizzata esclusivamente a
consentire a YY, e quindi al suo proprietario, di
partecipare alla procedura esecutiva- dai vari
elementi di fatto considerati nella sentenza, quali
la mancanza del pagamento di un corrispettivo,
l’appartenenza del capitale delle due società alla
medesima persona fisica, e l’illiquidità sia della
cedente sia della cessionaria, quest’ultima peraltro
costituita pochi giorni prima, in corrispondenza
dell’inadempimento della cedente al pagamento del

11

lato, ad esporre una interpretazione della

prezzo di aggiudicazione. Elementi che, del resto, si
mostrano nella loro connessione del tutto idonei a
sostenere, nei termini probabilistici sopra
precisati, la valutazione compiuta dalla corte di

3.

Analoghe

considerazioni

si

impongono

con

riferimento al terzo motivo, con il quale la
ricorrente denuncia il vizio di motivazione in ordine
agli effetti nei suoi confronti della revoca
dell’atto di cessione intervenuto tra CAD e YY,
dante causa di essa ricorrente. La critica esposta al
riguardo si basa, da un lato, su un richiamo alla
a non

presunzione di buona fede dell’acquirente
,

domino

,

appare privo di utilità, non solo per la diversità

di cui agli artt.1147 e 1153 cod.civ. che

della fattispecie in esame rispetto a quella regolata
dalle norme richiamate, ma anche perché tale
presunzione non varrebbe di per sé a privare di
valore gli elementi in base ai quali la corte di
merito ha ritenuto che essa ricorrente avrebbe potuto
con l’ordinaria diligenza rilevare la gratuità del
precedente negozio di cessione. E, d’altro lato, il
riferimento alle deposizioni testimoniali raccolte in

.

12

merito.

primo grado che la corte di merito non avrebbe
considerato si mostra del tutto generico ed

inapprezzabile, non essendo riportato nel motivo il
contenuto esatto delle deposizioni stesse.
Il rigetto del ricorso si impone dunque, con la

conseguente condanna della ricorrente al pagamento
delle spese, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società
ricorrente al pagamento delle spese di questo
giudizio di cassazione, in complessivi e 6.200,00 -di
cui E 6.000 per compenso- oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
prima sezione civile della Corte suprema di
cassazione, il 3 aprile 2013.

4.

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