Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18078 del 14/09/2016
Cassazione civile sez. trib., 14/09/2016, (ud. 20/07/2016, dep. 14/09/2016), n.18078
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Presidente –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22519/2010 proposto da:
PRATOLONGO IMMOBILIARE SRL, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA RAFFAELE CAVERNI 16,
presso lo studio dell’avvocato ROBERTO GIANSANTE, che lo rappresenta
e difende giusta delega in calce;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttere pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente con atto di costituzione –
avverso la sentenza n. 66/2010 della COMM. TRIB. REG. del LAZIO,
depositata l’08/04/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/07/2016 dal Presidente e Relatore Dott. AURELIO CAPPABIANCA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso consegnato all’Agenzia delle entrate il 17.2.2005 e depositato nella segreteria della commissione adita il 14.10.2005, Pratolungo Immobiliare s.r.l. impugnò cartella di pagamento (di complessivi Euro 19.795,16) notificatale il 21.12.2014, emessa ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, in esito a controllo automatizzato della dichiarazione relativa all’anno d’imposta 1995, per insufficiente versamento dell’imposta sul patrimonio della società di capitali.
Intervenuto sgravio parziale della cartella (che riduceva la pretesa impositiva ad Euro 5.512,14, per imposta, Euro 1653,70, per sanzioni, ed Euro 1451,25, per interessi) l’adita commissione provinciale, in accoglimento del ricorso, provvide al relativo integrale annullamento.
A seguito dell’appello dell’Agenzia, la decisione di primo grado fu, tuttavia, riformata dalla commissione regionale, in funzione dell’assorbente rilievo dell’inammissibilità del ricorso introduttivo della società contribuente, poichè depositato nella segreteria della commissione adita ben oltre il termine di trenta giorni dalla notifica, previsto a pena d’inammissibilità dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 1.
Contro la sentenza di appello, la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione in due motivi.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita senza depositare controricorso, ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione, poi disertata.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, la società contribuente deduce la nullità della sentenza, nella prospettiva di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver il giudice di appello rilevato d’ufficio l’inammissibilità del proprio ricorso introduttivo, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 34 e artt. 101, 112 e 183 c.p.c..
Con il secondo motivo di ricorso, la società contribuente deducendo violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 20, comma 3 e del D.P.R. n. 787 del 1980, art. 10 – censura la decisione impugnata per non aver considerato che, trattandosi di ruolo formato e reso esecutivo da Centro di servizio ai sensi del D.P.R. n. 787 del 1980, art. 7, l’impugnativa era stata correttamente promossa secondo le modalità ed i tempi previsti dal successivo art. 10 del citato D.P.R..
Le doglianze vanno disattese.
La seconda censura si rivela, in primo luogo, inammissibile per difetto di specificità, posto che, nulla emergendo al riguardo dalla sentenza impugnata, il ricorso per cassazione non fornisce alcuna descrizione dell’atto impositivo impugnato, invece necessaria al fine di consentire alla Corte di riscontrare, già in limine, l’astratta ricorrenza delle condizioni di ammissibilità e fondatezza della censura.
Quanto al merito della censura, non può, d’altro canto, trascurarsi di considerare che emerge dagli atti e non è controverso che il ricorso introduttivo del contribuente è stato promosso nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, ben dopo la soppressione dei centri di servizio (risalente al 2002).
Tanto premesso, da disattendere si rivela, altresì, la prima doglianza.
Al riguardo, occorre, in primo luogo, rilevare che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 34, concerne la sola illustrazione delle ragioni della controversia dedotte dalle parti e non prevede, comunque, alcuna sanzione di nullità.
Deve, poi, considerarsi che, questa Corte ha ripetutamente puntualizzato che non sussiste un obbligo per il giudice di sollecitare, ex art. 183 c.p.c., comma 4, la previa instaurazione del contraddittorio quando la questione rilevata d’ufficio sia di mero diritto, e, quindi, di natura processuale, e che tale obbligo non assume comunque rilievo, se dalla sua violazione non derivi concreta lesione del diritto di difesa, potendosi vantare un diritto al rispetto delle regole del processo solo se, in dipendenza della loro violazione, ne derivi un concreto pregiudizio (cfr. Cass. 3432/16).
Alla stregua delle considerazioni che precedono s’impone il rigetto del ricorso.
Stante l’assenza di effettiva attività difensiva dell’Agenzia intimata, non vi è luogo a provvedere sulle spese.
PQM
La Corte: rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 20 luglio 2016.
Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2016