Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18070 del 05/07/2019

Cassazione civile sez. III, 05/07/2019, (ud. 17/05/2019, dep. 05/07/2019), n.18070

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7124-2016 proposto da:

TV COLOR P. SRL in persona dell’amministratore unico

P.P.G., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO

MICHELE ALFONSO;

– ricorrente-

contro

ORVED SPA, con socio unico in persona del legale rappresentante pro

tempore V.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ITALO CARLO FALBO 22, presso lo studio dell’avvocato ANGELO COLUCCI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO TESO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 377/2015 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 31/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/05/2019 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2007 la società Orved s.p.a. (nella sentenza impugnata indicata come “Orved s.r.l.”; non vi è, tuttavia, controversia sulla legittimazione della società controricorrente) chiese e ottenne un decreto ingiuntivo nei confronti di P.P.G., imprenditore individuale.

Sulla base di tale decreto la Orved pignorò gli arredi dell’esercizio commerciale sito ad (OMISSIS).

2. Nel 2008 la società TV Color P. s.r.l. propose dinanzi al Tribunale di Sassari, sezione di Alghero, opposizione di terzo, ai sensi dell’art. 619 c.p.c., avverso l’esecuzione iniziata dalla Orved.

A fondamento dell’opposizione dedusse che:

-) il bene pignorato apparteneva, in passato alla “ditta individuale TV Color P.”, debitrice della Orved;

-) il 24 luglio 2008 la “ditta individuale TV Color P.” aveva conferito tutti i beni aziendali nel capitale sociale della società TV Color P. s.r.l., che pertanto ne aveva acquistato la proprietà;

-) nello stesso giorno 24 luglio 2008, la “ditta individuale TV Color P.” aveva cessato l’attività ed era stata cancellata dal registro delle imprese. Concluse pertanto chiedendo che il tribunale accertasse che i beni pignorati erano di proprietà esclusiva della TV Color P. s.r.l.; dichiarasse nullo il pignoramento e condannasse la società creditrice al risarcimento del danno.

3. Con sentenza 30 marzo 2010 n. 82 il Tribunale di Sassari rigettò l’opposizione.

Ritenne il Tribunale che la s’ocietà TV Color P., per effetto del conferimento nel suo capitale sociale dei beni già appartenenti all’imprenditore individuale P.P.G., era divenuta successore di quest’ultimo nei crediti e dei debiti da lui contratti per l’esercizio dell’impresa. La società TV Color P., pertanto, ad avviso del Tribunale non poteva considerarsi “terzo” rispetto all’esecuzione iniziata in danno di P.P.G., per effetto della “fusione dei due patrimoni”, vale a dire – ad avviso del Tribunale – quello del socio conferente e quello della società.

4. La sentenza venne appellata dalla società soccombente, TV Color P.. La Corte d’appello di Sassari con sentenza 31 agosto 2015 n. 377 rigettò il gravame.

La Corte d’appello ha condiviso quanto ritenuto dal Tribunale.

Ha accertato in fatto che P.P.G., imprenditore individuale debitore della Orved, aveva conferito l’azienda nel capitale sociale della TV Color P. s.r.l., di cui era anche l’unico socio. Ha, di conseguenza, confermato che la TV Color P. s.r.l. non poteva “rivestire la qualifica di terzo ex art. 619 c.p.c., posto che la situazione giuridica soggettiva azionata nei confronti della ditta P. è la medesima che viene azionata nei confronti della società appellante divenuta debitrice per effetto del conferimento di tutti i crediti e debiti aziendali”.

5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla TV Color P. s.r.l. con ricorso fondato su tre motivi ed illustrato da memoria.

Ha resistito con controricorso la Orved s.p.a..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo la società ricorrente lamenta la nullità del giudizio di primo e di secondo grado per omessa integrazione del contraddittorio. Sostiene che al presente giudizio avrebbe dovuto partecipare necessariamente anche P.P.G., imprenditore individuale, che era il debitore esecutato.

Sostiene che questi è contraddittore necessario nel presente giudizio, poichè “il nodo relativo alla proprietà dei beni pignorati deve essere sciolto nel contraddittorio tra il debitore esecutato ed il terzo opponente”.

1.2. La Corte reputa superfluo procedere all’esame del suddetto motivo. Infatti, per quanto si dirà, la censura dedotta col secondo motivo di ricorso va rigettata, ed il rigetto di essa comporterà il definitivo accertamento dell’infondatezza nel merito della pretesa azionata dalla TV Color P. s.r.l..

Sarebbe, pertanto, superfluo e contrario al principio di ragionevole durata del processo, integrare il contraddittorio in un giudizio il cui esito non potrebbe comunque essere diverso (e ciò in base al principio c.d. “della ragione più liquida”, già sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte: Sez. U, Ordinanza n. 23542 del 18/11/2015, Rv. 637243 – 01).

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 2558 e 2560 c.c..

Sostiene che il cessionario di un’azienda commerciale risponde dei debiti di questa solo se gli stessi risultino dai libri contabili (art. 2560 c.c.). Nel caso di specie, però, il creditore esecutante (la Orved) non aveva affatto dimostrato che i debiti pregressi dell’imprenditore individuale P.P.G. risultassero dalle scritture contabili, con la conseguenza che la società TV Color P. non poteva essere chiamata a rispondere delle obbligazioni di quello.

L’illustrazione del motivo si conclude con l’affermazione secondo cui, “qualora fosse utile esaminare le ragioni di diritto” poste a fondamento del motivo di ricorso, il ricorrente rinvia alla comparsa conclusionale del primo grado, all’atto d’appello ed alla comparsa conclusionale d’appello (così il ricorso, pagina 6).

2.2. Il motivo è infondato.

La Corte d’appello ha accertato, con valutazione in questa sede non censurata, che il conferimento dei beni di P.P.G. nel capitale sociale della TV Color P. s.r.l. avvenne con un atto nel quale l’oggetto del conferimento era, per quanto qui rileva, così descritto: “(il conferimento avrà ad oggetto) “i debiti aziendali risultanti dalla situazione patrimoniale o comunque riferibili ad una data anteriore a quella odierna”.

P.P.G. conferì dunque nel capitale sociale della TV Color P. s.r.l. due diverse categorie di crediti:

-) sia i debiti aziendali risultanti dalla situazione patrimoniale;

-) sia i debiti aziendali “comunque riferibili ad una data anteriore a quella odierna”.

L’uso della preposizione disgiuntiva “o” e dall’avverbio “comunque” rende evidente che i debiti aziendali rifluiti nel capitale sociale erano quelli che, alternativamente, o risultavano dalle scritture contabili ovvero, pur non risultando da queste, erano sorti prima del conferimento.

Pertanto, se pure è vero che il conferimento di un’azienda commerciale nel capitale sociale di una società di capitali costituisce una cessione d’azienda, e ad essa sono applicabili gli artt. 2558 e 2560 c.c. (Sez. 5, Sentenza n. 21229 del 29/09/2006, Rv. 593683 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 4351 del 16/05/1997, Rv. 504419 – 01); e se del pari è vero che è onere di chi voglia far valere i crediti contro l’acquirente dell’azienda di provare, fra gli elementi costitutivi del proprio diritto, anche l’iscrizione nei libri contabili (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22418 del 26/09/2017, Rv. 645725 – 01), nel caso di specie il conferimento nel capitale sociale ha riguardato non solo i debiti iscritti, ma anche tutti quelli “riferibili ad una data anteriore a quella” della cessione, a prescindere dalla loro iscrizione nelle scritture contabili.

Pertanto, per effetto della suddetta espressa previsione dell’atto di conferimento, la TV Color P. acquisì i crediti ed i debiti aziendali anche non iscritti, divenendo così titolare dal lato passivo delle relative obbligazioni.

Ne discende che l’eventuale mancata annotazione, nelle scritture contabili dell’impresa individuale di P.P.G., del debito di questi verso la Orved, non ha impedito la successione della TV Color P. nel lato passivo dell’obbligazione, e la conseguente infondatezza della censura formulata col secondo motivo di ricorso, in virtù del principio, già affermato da questa Corte, secondo cui la società di capitali nella quale sia conferita l’azienda di una impresa individuale succede in tutti i rapporti attivi e passivi di quest’ultima. Da ciò consegue che la società nella quale sia confluita l’azienda di altra è soggetta all’esecuzione forzata fondata su un titolo giudiziale pronunciato nei confronti del conferente l’azienda (Sez. 3, Sentenza n. 10676 del 24/04/2008, Rv. 603242 – 01).

3. Il terzo motivo di ricorso.

3.1. Col terzo motivo la società ricorrente lamenta che la Corte d’appello avrebbe liquidato spese di soccombenza eccedenti il limite massimo previsto dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

La censura muove dal presupposto che la causa fosse di valore non eccedente 26.000 Euro; che per tale scaglione il compenso massimo sarebbe dovuto essere di 6.798 Euro; che la Corte d’appello ha invece liquidato le spese di soccombenza, addossate alla TV Color P. s.r.l., nella misura di 7.500 Euro.

3.2. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità.

In primo luogo, infatti, il ricorrente postula che il valore della causa fosse non superiore a 26.000 Euro. Tuttavia non indica, in nessuna parte del ricorso, quale fosse l’importo del credito per il quale si procedeva, il quale costituisce il criterio in base al quale determinare il valore delle cause di opposizione all’esecuzione (Sez. 3 -, Ordinanza n. 16920 del 27/06/2018, Rv. 649438 – 01).

In secondo luogo, per le cause in grado di appello di valore non superiore a 26.000 Euro il D.M. n. 55 del 2014 prevede un compenso massimo, nell’ipotesi in cui si celebrino tutte e quattro le fasi di studio, introduzione, trattazione e decisione, pari a 10.309 Euro, e dunque superiore all’importo liquidato dalla Corte d’appello.

La società ricorrente, tuttavia, nel calcolo sviluppato a p. 7 del proprio ricorso ha calcolato il compenso complessivo senza tener conto della fase istruttoria. Il ricorso però, anche in questo caso in violazione dell’onere impostole a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6, non deduce in alcun punto se e per quali ragioni in grado di appello la fase istruttoria sia mancata.

In definitiva, il ricorso nè indica quale sia il valore del credito per cui si procede in fase esecutiva, nè indica quali siano state le fasi in cui si è articolato il giudizio di appello: e tali carenze rendono inammissibile il motivo.

4. Le spese.

4.2. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo. La liquidazione delle spese avverrà assumendo che il valore della causa sia indeterminato, in virtù di quanto già detto nei p.p. precedenti.

4.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.

la Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna TV Color P. s.r.l. alla rifusione in favore di Orved s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 4.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di TV Color P. s.r.l. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 17 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019

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